Sanremo 2025 è stato al centro dell’attenzione con una prima serata che ha fatto discutere il pubblico e la critica, grazie a una formula innovativa e a scelte curatoriali inusuali. In questo scenario si confrontano le esperienze dei conduttori Amadeus e Carlo Conti, indicatori di passaggi generazionali ben distinti nella storia del Festival. Il format ha visto la partecipazione di 29 Big, numero che ha suscitato critiche e dubbi sulla capacità di garantire uno spettacolo articolato e coinvolgente. Tra le proposte, si sono distinti interventi del cantante Jovanotti e momenti di improvvisazione di Gerry Scotti, che hanno cercato di dare un respiro in più a una serata in cui, nonostante la fluidità delle performance, è mancata l’energia tipica di manifestazioni come l’Eurovision. I dettagli della messa in scena, i ritmi serrati e la gestione del tempo sul palco sono stati al centro del dibattito, offrendo spunti interessanti per comprendere come il Festival di Sanremo si stia evolvendo in un contesto che cerca di integrare tradizione e modernità.
Il festival e le trasformazioni del format
La prima serata di Sanremo 2025 ha evidenziato una trasformazione significativa nel format tradizionale, con scelte che hanno diviso l’opinione degli spettatori. Per anni il Festival è stato il simbolo della musica italiana, un evento che vedeva la maestria di conduttori come Carlo Conti e Claudio Baglioni, fino a rivisitazioni più audaci sotto la guida di Amadeus. Quest’anno, la decisione di far esibire 29 Big ha portato a riflessioni sul bilanciamento tra quantità e qualità: da una parte si è voluto dare spazio a numerosi artisti per rinnovare l’evento e renderlo trasversale, dall’altra questa scelta ha compresso i tempi di scena e ridotto le possibilità di approfondire ogni performance. In questa serata, si sono susseguite esibizioni che scorrevano in maniera rapida, lasciando poco spazio per momenti di intrattenimento d’eccezione o per commenti ironici che in passato caratterizzavano il Festival. La scelta di puntare su un numero elevato di partecipanti ha creato l’impressione che l’evento fosse organizzato in maniera estremamente serrata, quasi a sacrificare lo spettacolo vero e proprio in favore di una formula che mirava a rispecchiare la diversità della musica italiana contemporanea. Inoltre, la conduzione ha evidenziato una contrapposizione netta: mentre Amadeus sembrava in grado di gestire con calma ogni intervallo, si percepiva nei confronti di Conti una fretta che tradiva la difficoltà di spaziare tra numeri e momenti di intrattenimento completi. In questo clima, la critica ha sottolineato come il Festival, pur rimanendo un punto di riferimento imprescindibile, debba ritrovare quell’equilibrio tra innovazione e tradizione che da sempre ha contraddistinto le edizioni passate.
Le prestazioni e le criticità dello show
Un’analisi attenta della serata ci porta a osservare come le 29 performance abbiano avuto un effetto paradossale sul ritmo dello show, rendendo il tutto troppo frettoloso e, in alcuni casi, superficiale. Molti commentatori hanno evidenziato come una maggiore abbondanza di Big in gara finisca per limitare il tempo a disposizione degli artisti, impedendo la creazione di momenti carichi di teatralità e approfondimento emotivo. In effetti, mentre l’Eurovision Song Contest è noto per alternare presentazioni ricche di spettacolarità e commenti estemporanei, la prima serata di Sanremo 2025 ha dato l’impressione di essere quasi “nula” dal punto di vista scenico, nonostante la fluidità tecnica delle esibizioni. Anche la scelta degli spazi e l’assenza di monologhi o sketch comici, elementi spesso ricorrenti per ravvivare l’atmosfera, sono state oggetto di critica. La retorica concentrata su argomenti esterni come le vicende in Medio Oriente è sembrata un’aggiunta forzata, priva di quella naturalezza che potrebbe essere invece garantita con momenti dedicati all’intrattenimento puro. Un dettaglio che non ha mancato di emergere è la capacità di Gerry Scotti di intervenire in maniera brillante, salvando la serata con gag improvvisate e sprazzi di spettacolo che hanno offerto un contrappeso alle rigidità del format. Anche Antonella Clerici ha contribuito, seppur in misura minore, facendo percepire il desiderio di chiudere con una nota positiva nonostante le criticità. Il tema centrale resta però quello della gestione del tempo: con un numero così elevato di esibizioni, si è persa l’occasione di approfondire ogni performance e di creare momenti unici di comunicazione artistica. Di conseguenza, il Festival si è trovato a dover bilanciare la voglia di unire innovazione e inclusività a quella di offrire un vero spettacolo da ricordare. Queste riflessioni rappresentano il punto di partenza di un dibattito più ampio, che ora invita a scrutinare come Sanremo possa evolvere ulteriormente per riconquistare quel fascino intramontabile che ha sempre contraddistinto la storia della musica in Italia.