La serie iHostage, prodotta da un noto colosso dello streaming, si ispira a un evento reale avvenuto nel febbraio 2022 ad Amsterdam. La trama ruota attorno a un’irruzione in un Apple Store, dove un rapinatore armato tiene in ostaggio clienti e dipendenti. Nonostante il soggetto intrigante, la serie non riesce a trasmettere la tensione tipica di un thriller, presentando una narrazione che, sebbene romanzata, non riesce a coinvolgere appieno lo spettatore.
L’irruzione all’Apple Store di Amsterdam
Il drammatico evento si svolge in pieno giorno, all’esterno dell’Apple Store situato nel famoso Leidseplein di Amsterdam. Un uomo, vestito con abbigliamento militare e armato di fucile ed esplosivi, fa irruzione nel negozio, prendendo in ostaggio i presenti. La situazione si fa subito critica, con le forze dell’ordine che, notando l’irruzione, si attivano immediatamente per gestire la crisi. Il rapinatore, in un gesto inusuale, richiede di parlare con un negoziatore, minacciando di farsi esplodere se le sue richieste non vengono soddisfatte.
Mentre alcuni clienti riescono a fuggire, altri si rifugiano nei piani superiori del negozio. Un dipendente, insieme a tre clienti, trova riparo in una camera blindata, mentre un altro cliente, visibilmente spaventato, rimane sotto scacco del rapinatore. La polizia, nel tentativo di salvare gli ostaggi, si coordina per affrontare la situazione, cercando di mantenere la calma e di evitare che la situazione degeneri ulteriormente.
Le tre prospettive narrative della serie
iHostage si distingue per la sua struttura narrativa, che si sviluppa attraverso tre punti di vista principali. Il primo è quello dell’unico cliente presente, un uomo che si trova ad Amsterdam per la prima volta e che è entrato nello store per acquistare un paio di AirPods. Questo personaggio, già in uno stato di ansia per la sua situazione personale, vive l’irruzione con una tensione palpabile, rendendo il suo punto di vista particolarmente coinvolgente.
Il secondo punto di vista è quello del rapinatore, il cui movente rimane avvolto nel mistero. Le sue richieste, tra cui una somma esorbitante di 200 milioni di euro in criptovalute, aggiungono un ulteriore strato di complessità alla trama. Infine, la terza prospettiva è quella delle forze di polizia, che si mobilitano per gestire la crisi. Le squadre tattiche, composte da artificieri e cecchini, si trovano in una situazione di stallo, cercando di trovare un modo per risolvere la situazione senza mettere in pericolo gli ostaggi.
La mancanza di tensione narrativa
Nonostante il soggetto promettente, iHostage fatica a mantenere alta la tensione narrativa. La trama si sviluppa in modo prevedibile, con colpi di scena che non riescono a sorprendere lo spettatore. I personaggi, pur avendo potenzialmente storie interessanti, risultano caratterizzati in modo superficiale, e il focus sembra spostarsi più sulla celebrazione del lavoro delle forze dell’ordine piuttosto che sull’elemento thriller della narrazione.
La serie non affronta in modo adeguato temi rilevanti come la disparità sociale, la paura del terrorismo e le conseguenze psicologiche di eventi traumatici. La mancanza di profondità nei personaggi e nelle situazioni rende difficile per lo spettatore empatizzare con le loro esperienze, lasciando un senso di insoddisfazione.
La regia di Bobby Boermans
Il regista Bobby Boermans cerca di avvicinare il pubblico ai protagonisti attraverso scelte visive interessanti. Alternando primi piani e dettagli a riprese aeree del negozio e della piazza, Boermans tenta di creare un contrasto tra la claustrofobia degli ostaggi e l’ampiezza dello spazio circostante. Tuttavia, il risultato finale è una narrazione che, pur cercando di coinvolgere, risulta poco incisiva e priva di quella tensione che ci si aspetterebbe da un thriller.
In sintesi, iHostage presenta un evento reale con potenzialità narrative significative, ma non riesce a tradurre queste potenzialità in una storia avvincente e coinvolgente. La mancanza di tensione e di sviluppo dei personaggi limita l’impatto emotivo della serie, lasciando il pubblico con un senso di incompletezza.
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