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Mark Hoppus e il suo viaggio attraverso il disturbo ossessivo-compulsivo: un racconto di lotta e resilienza

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Mark Hoppus, noto bassista e cantante dei Blink-182, ha condiviso la sua esperienza con il disturbo ossessivo-compulsivo nel suo memoir “Fahrenheit-182“. In questo libro, l’artista di 53 anni ripercorre le sfide personali e professionali che ha affrontato, rivelando come la sua vita sia stata influenzata da ansie e rituali che non riusciva a comprendere. La diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo, ricevuta nel 2008, ha rappresentato un punto di svolta per Hoppus, che ha vissuto anni di pensieri intrusivi e comportamenti compulsivi.

La scoperta del disturbo ossessivo-compulsivo

Nel suo memoir, Hoppus racconta di come la sua vita fosse segnata da una crescente paranoia riguardo ai germi e alla salute. La sua ansia si manifestava in rituali quotidiani, come il lavarsi le mani in modo eccessivo ogni volta che entrava in contatto con oggetti o persone. Durante un tour in Messico, la sua paura lo portò a lavarsi i denti solo con acqua in bottiglia e a evitare di farsi la doccia per giorni. Queste esperienze, che possono sembrare esagerate, riflettono la gravità del suo stato mentale.

Hoppus descrive anche la sua necessità di controllare ogni aspetto della sua vita, come il cibo che consumava. Durante il soggiorno al Four Seasons, si sentiva costretto a mangiare solo cibo preconfezionato portato da casa, evidenziando come il disturbo avesse un impatto significativo sulla sua quotidianità. La rottura con Tom DeLonge e l’incidente aereo del 2008, in cui il batterista Travis Barker si salvò mentre due amici persero la vita, hanno ulteriormente amplificato le sue ansie, facendolo sentire come se il mondo fosse contro di lui.

La diagnosi e il percorso verso la guarigione

La diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo ha rappresentato per Hoppus una sorta di liberazione. Parlando con sua moglie, Skye Everly, si rendeva conto che le sue preoccupazioni apparivano irrazionali. La visita da uno psichiatra ha confermato le sue paure, ma ha anche aperto la porta a un percorso di comprensione e accettazione. “Ora posso iniziare ad affrontarlo”, ha dichiarato Hoppus, sottolineando l’importanza di dare un nome ai propri demoni.

Tuttavia, il suo primo istinto non è stato quello di cercare aiuto. Hoppus ha inizialmente pensato di poter superare il disturbo da solo. Con il tempo, ha compreso che affrontare il disturbo richiede un approccio più complesso. “Il tuo cervello cerca di mangiarsi da solo e di avvelenarsi da solo”, ha spiegato, evidenziando la difficoltà di fermare un ciclo di pensieri distruttivi. Per affrontare la sua condizione, Hoppus ha dovuto fare affidamento su una rete di supporto che includeva farmaci, amici, familiari e compagni di band.

L’impatto della pandemia e la continua lotta

L’emergere della pandemia di Covid-19 nel 2020 ha portato Hoppus a una riflessione profonda sulla sua ansia. In un certo senso, ha trovato una strana conferma delle sue paure, sentendosi convalidato nella sua esperienza. Oggi, nonostante il percorso di guarigione intrapreso, Hoppus ammette di avere ancora giorni difficili in cui cerca rassicurazione da sua moglie. “Le dico: ‘Sono pazzo a pensare questa cosa, giusto?’. E lei risponde: ‘Sì. È una cosa ridicola da pensare'”, racconta, dimostrando come la lotta contro il disturbo ossessivo-compulsivo sia un processo continuo.

La storia di Mark Hoppus è un esempio di resilienza e di come sia possibile affrontare le proprie paure. Attraverso la condivisione della sua esperienza, l’artista spera di sensibilizzare il pubblico riguardo ai disturbi mentali e di mostrare che, anche nei momenti più bui, c’è sempre la possibilità di trovare un percorso verso la luce.

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Giulia Barone

Giulia Barone

Sono Giulia Barone, un'appassionata di cinema che ama esplorare il mondo del grande schermo. Condivido recensioni, curiosità e riflessioni sui film che mi hanno emozionata, dai classici intramontabili alle ultime novità. Seguo con grande interesse i programmi tv e il gossip.

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