Brian Percival, regista della nota serie “Downton Abbey”, porta sul grande schermo il best seller “La bambina che salvava i libri”, proponendo una pellicola poco originale sui temi dell’amore, l’amicizia e la solidarietà ambientata nella Germania nazista
(The Book Thief) Regia: Brian Percival – Cast: Geoffrey Rush, Emily Watson, Joachim Paul Assböck, Kirsten Block, Ben Schnetzer, Sophie Nélisse, Gotthard Lange, Sandra Nedeleff, Godehard Giese, Nico Liersch, Rafael Gareisen, Hildegard Schroedter – Genere: Drammatico, colore, 125 minuti – Produzione: USA, 2014 – Distribuzione: 20th Century Fox – Data di uscita: 27 marzo 2014.
Adattare un’opera letteraria per il grande schermo non è mai un’ impresa semplice, soprattutto se il romanzo è vincitore di numerosi premi letterari, ha conquistato oltre 8 milioni di lettori in tutto il globo e da ben 7 anni è nella classifica dei libri più letti del “New York Times”. Il bestseller in questione è “La bambina che salvava i libri”, storia firmata da Markus Zusak, che la coppia formata da Brian Percival e Michael Petroni, già sceneggiatore di “Le cronache di Narnia – Il viaggio del Velerio”, tentano di trasformare in una pellicola ricca di emozioni senza però centrare completamente il bersaglio.
Il tratto distintivo del testo da cui la pellicola è tratta risiedeva proprio nell’originalità della sua narrativa. Zusak infatti invitava il lettore a compiere un viaggio meraviglioso, costellato di indizi che lo avrebbero portato piano piano a scoprire ciò che sarebbe successo pagine dopo ai suoi protagonisti. Tale elemento però si perde con la forma narrativa scelta dallo sceneggiatore Petroni che ha preferito la narrazione cronologica dei fatti per introdurre al pubblico in sala il personaggio di Liesel, la straordinaria bambina che salvava i libri dai roghi dei nazisti. Se da un lato la scelta dello sceneggiatore si dimostra adatta alla narrazione cinematografica, dall’altra parte forse se avesse scelto di discostarsi maggiormente dalla strada tracciata dall’autore del romanzo sarebbe riuscito a coadiuvare allo al pubblico quell’atmosfera magica che avvolgeva i personaggi e le loro vicende nell’opera originaria, e che invece in questa sede manca totalmente.
L’elemento più originale del romanzo non era il raccontare una storia di amicizia, amore e solidarietà ambientandola in un’epoca buia come quella della Germania nazista, bensì quello di usare la morte come filo conduttore in un romanzo che ha per protagonista una bambina. E’ attraverso la voce della morte che conosciamo Liesel, i suoi genitori adottivi, l’amico Rudy e Max, il ragazzo ebreo nascosto nella cantina di Liesel. Il discorso fatto da Zusak sulla morte, interpretata come qualcosa che non deve spaventare ma che anzi deve essere vissuta solo come un’ulteriore tappa di quel viaggio che è la vita, viene a tratti banalizzato trasformandolo, solo in un pretesto per muovere facilmente alle lacrime il pubblico in sala.
Nonostante l’ottima prova di tutti gli attori, in primis quella dei grandissimi Geoffrey Rush, Emily Watson e della giovanissima protagonista Sophie Nelissè, “Storia di una ladra di libri” si rivela una pellicola convenzionale che non offre spunti di riflessione o elementi di particolare novità su temi come l’amicizia, l’amore o la solidarietà, servendo tuttavia bene allo scopo di ricordare al pubblico gli orrori di un’epoca contraddistinta dall’odio per il diverso in cui gli esseri umani si sono dimenticati di essere tali e che mai più dovrà ripetersi.
Mirta Barisi