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47 Ronin (2014)

Recensione

La tradizione incontra il fantasy in “47 Ronin”, la leggenda dei 47 samurai che cambiarono la storia del Giappone

47 ronin Keanu Reeves

Un’operazione così complessa e importante come quella di (ri)portare sullo schermo la leggenda dei 47 Ronin giapponesi – già affrontata nel 1941 dal regista Kenji Mizoguchi – viene affidata a un regista poco conosciuto come Carl Rinsch, puntando però poi su un cast di star occidentali e asiatiche da capogiro. “47 Ronin” nasce con l’intento di attualizzare una storia fondamentale per l’identità nazionale giapponese, quella dei 47 samurai, ormai senza padrone, che nel XVIII secolo intrapresero una lotta epica per vendicare la morte del loro signore. La pellicola è ambiziosa sin dalle premesse, perché deve comunque essere in grado di accontentare il pubblico giapponese, molto legato a questa leggenda tanto da alimentarla tramite i media e celebrarla ogni anno a dicembre, ma anche quello occidentale spingendo più sul pedale del fantasy; deve poi saper mescolare elementi della tradizione con creature fantastiche e scenari da favola. Dato il budget utilizzato per il film, formato kolossal, c’è abbastanza equilibrio tra le due componenti, per quanto l’eclettismo stilistico sia a tratti eccessivo e distolga l’attenzione dal cuore della vicenda, di per sé molto affascinante.

La storia, ambientata nel Giappone feudale dell’800, racconta delle sorti di Kai, un outsider dalle origini oscure, allevato nel bosco dai mitici Tengu, metà umani e metà mostri, che viene accolto da bambino dal potente e magnanimo Lord Asano, signore della provincia di Ako. Kai verrà emarginato dai samurai al servizio del feudatario in quanto mezzosangue, ma troverà l’amore della figlia, la bella Mika. Quando il crudele Lord Kira provocherà la morte di Lord Asano, grazie anche alla magia della sua strega, Kai e i fedeli samurai si uniranno per vendicare il nome del loro signore e riprendersi la provincia di Ako.

47 Ronin: ispirato a Miyazaki, ma non troppo

Definito dal team di produzione come “una versione live-action di un film di Miyazaki”, “47 Ronin” stupisce per la varietà di stili e di generi cinematografici cui attinge, un fatto che però affievolisce il fascino della leggenda nipponica, che rimane quasi schiacciata dalla potenza visiva delle scenografie e dei costumi. Creature mitiche, demoni, streghe popolano l’universo del Giappone feudale dei 47 samurai, per riuscire ad armonizzare i gusti del pubblico asiatico con quelli di un pubblico occidentale più abituato al fantasy statunitense. Se da un lato il film cita nei colori e nelle suggestioni Miyazaki, pur senza riuscire in nessun modo ad emularlo, dall’altro appaiono chiari riferimenti a kolossal made in USA come “Pirati dei Caraibi”.

La storia è intrigante, si avvale di colori e ambientazioni suggestive, che ripropongono elementi iconici dell’immaginario giapponese, ma spesso pecca di presunzione nel voler convogliare all’interno della leggenda dei 47 Ronin una gran quantità di stimoli: il realismo cede il passo al fantasy, ma anche all’action, con un pizzico di romanticismo in sottotraccia che appesantisce un po’ il corso degli eventi. La relazione travagliata tra Kai e Mika è trattata in maniera frettolosa e retorica, per cui non riesce a colpire al cuore.

“47 Ronin” vola troppo vicino al Sole

Una delle figure più riuscite e carismatiche è quella della strega al servizio di Lord Kira, ammaliante e crudele; la sua caratterizzazione fisica e morale è convincente ed inquietante, come i suoi costumi e le sue movenze. Non altrettanto riuscita si può dire la scelta di raffigurare i Tengu, le creature soprannaturali che allevarono Kai nella foresta, come dei monaci tibetani dalla testa di uccello. Ci si sarebbe aspettato di più, specialmente perché nel corso della pellicola, quando si fa riferimento al passato misterioso di Kai, si alimenta una certa tensione intorno ai Tengu e lo spettatore è portato a immaginarli come temibili creature della foresta, per poi trovarseli davanti simili a enormi ‘lucertoloni’ senza fascino.

La scelta di Keanu Reeves come protagonista ed eroe è solo simbolica, perché l’attore sembra aver perso il fascino che lo contraddistinse in precedenti pellicole; non più uomo d’azione, dotato di carisma, guerriero silenzioso dallo sguardo impenetrabile, la star di “Matrix” appare un po’ spenta e monoespressiva. Molto più convincenti le prove di Hiroyuki Sanada nel ruolo di Oishi, leader dei samurai, e di Rinko Kikuchi, l’ammaliante strega dall’aspetto cangiante, nota per aver recitato in “Babel” e “Pacific Rim”.

Oriente e Occidente si incontrano in “47 Ronin”, esperimento interessante, anche se un po’ troppo ambizioso nel voler cavalcare più generi cinematografici, senza portare fino in fondo la storia principale, che avrebbe potuto offrire, con una resa più verosimile, grandi spunti.

Irene Armaro

Trama

  • Regia: Carl Rinsch
  • Cast: Keanu Reeves, Hiroyuki Sanada, Tadanobu Asano, Rinko Kikuchi, Kô Shibasaki, Rick Genest, Cary-Hiroyuki Tagawa, Haruka Abe, Yorick van Wageningen, Togo Igawa, Yuriri Naka, Jin Akanishi, Shihoko Nagai, Akira Koieyama, Tomoko Komura, Chillie Mo, Aaron Ly, Brian Hirono, Derek Siow
  • Genere: Azione, Colore
  • Durata: 118 minuti
  • Produzione: USA, 2013
  • Distribuzione: Universal Pictures
  • Data di uscita: 16 gennaio 2014

47 ronin posterCarl Rinsch dirige “47 Ronin” ispirandosi alla storia vera di un gruppo di samurai che, tra il 1701 e il 1703, riuscirono a vendicare il padrone assassinato, diventando così eroi nazionali. Il termine ‘ronin’ indica un samurai caduto in disgrazia, a causa di un comportamento scorretto o dell’incapacità di proteggere il proprio padrone.

Nel film Keanu Reeves interpreta Kai, un emarginato per metà inglese e per metà giapponese che si unisce al gruppo dei 47 ronin guidati da Kuranosuke Oishi (il giapponese Hyroyuki Sanada) in cerca di vendetta per il loro Maestro, ucciso da Lord Kira (l’attore Tadanobu Asano), seguendo i precetti del bushidō.

Inizia così il viaggio dei ronin verso la restituzione dell’onore al loro feudo, attraverso dure prove e lotte che portano alla morte del Lord e dei suoi sudditi di sesso maschile. In tutto questo Kai è accettato appieno nel gruppo grazie ai suoi valori e ai suoi principi, nonostante la sua evidente impossibilità di ambire alla carica di samurai.

47 Ronin: l’adattamento di una legenda

La sceneggiatura di Chris Morgan (“Wanted – Scegli il tuo destino”) e Hossein Amini riporta in vita il mito dei 47 ronin, già più volte spettacolarizzato negli anni, sia in teatro che nel cinema. L’antenato più noto a livello cinematografico è sicuramente l’omonima pellicola del 1941, diretta da Kenji Mizoguchi, “La vendetta dei 47 ronin”, della durata superiore a tre ore, di cui il film di Rinsch può essere un fantasioso remake. Il tentativo, questa volta, è quello di trasformare una tradizione e una legenda tanto amata (sia in oriente che in occidente) in un blockbuster che possa unire due culture molto diverse tra loro.

Trailer

47 Ronin (2014)

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