Recensione
Avatar: un film per la vista e l’udito, ma non per l’intelletto
Una consiglio per evitare delusioni a tutti coloro che vogliono vedere “Avatar” carichi di grandi aspettative e spinti da un battage mediatico con pochi precedenti, per quello che è stato sommessamente definito “il film che cambierà la storia del cinema”: siate poco esigenti nella ricerca di una trama originale, di dialoghi geniali, di un messaggio morale rivoluzionario.
Sceglietevi un cinema che lo proietti in 3D e gustatevelo con i sensi della vista e dell’udito più che con l’intelletto. E apprezzatelo per quello che è, ovvero una grandiosa operazione commerciale che alza l’asticella per tutti i registi che vorranno, da oggi in poi, realizzare una pellicola tecnologicamente all’avanguardia. Perché la nuova creatura di James Cameron è frutto di un lavoro durato ben tre lustri (da quando cioè il suo “Titanic” affondava raggranellando un incasso di 1,8 miliardi di dollari) durante i quali, partendo da un’idea di storia fantascientifica, ha seguito le evoluzioni della CG fino a quando questa non gli ha permesso di realizzare il suo progetto, ricostruendo minuziosamente un pianeta parallelo alla Terra e ambientandovi una storia in cui parte dei protagonisti non sono attori in carne ed ossa ma personaggi riprodotti dal computer partendo da corpi, movimenti ed espressioni assolutamente umane.
Il problema è che per concentrarsi sull’ambiziosa riuscita tecnica, Cameron ha finito per trascurare l’originalità della trama iniziale. Jake Sully è un ex soldato marine in sedia a rotelle che viene scelto da una multinazionale terrestre per infiltrarsi attraverso un alter ego biologico, l’avatar appunto, nella comunità di Na’vi, gli abitanti di Pandora, che custodiscono un prezioso minerale. Jake finisce per innamorarsi di una giovane Na’vi, decidendo quindi di sposare la causa dei popolo indigeno e combattere al suo fianco contro gli avidi umani.
Soggetto questo che dal 1995 ad oggi è stato, pur con le dovute differenze, già alla base di parecchi film: da “Balla coi Lupi” a “District 9”, passando per “Pocahontas” e “l’Ultimo samurai“. Il risultato è quindi un prodotto di grande intrattenimento visivo, il cui preteso messaggio new age eco pacifista ha però il sapore del già visto.
Uno stordimento dei sensi e scarso spessore narrativo
Cosa rende allora Cameron un regista capace di creare lungometraggi che indubbiamente segnano un’epoca? Sicuramente la sua scelta di realizzare pochi film e di rendere ognuno di essi un evento di grandeur cinematografica, in quanto a sforzo produttivo iniziale e a ricasco economico successivo. E se per il suo precedente campione di incassi aveva potuto contare su una impressionante ricostruzione a grandezza naturale dello sfortunato transatlantico ma soprattutto sull’esplosione del fenomeno Leonardo DiCaprio, in “Avatar”, quello che rimarrà nell’immaginario collettivo è un intero nuovo mondo di piante incredibili, giganteschi animali simil preistorici, montagne sospese, alberi che raggiungono il cielo, esseri viventi di colore blu e alti tre metri, a metà tra gli alieni e gli indigeni, tutti tra loro in grado di comunicare con il pensiero o con il contatto fisico, scambiandosi flussi di energia naturale come parte di un’immensa rete invisibile.
Aiutato da una tecnologia 3D, mai come questa volta giustamente invasiva e funzionale alla rappresentazione delle scene, “Avatar” ci fa immergere in un mondo dove i personaggi sembrano uscire dallo schermo, mostri alati ci vengono incontro, fiori luminosi invadono la sala, astronavi e proiettili ci sibilano a pochi centimetri dal naso.
Questo stordimento dei sensi fa quindi passare in secondo piano la caratterizzazione a dir poco stereotipata dei protagonisti, peraltro ottimamente interpretati da attori poco conosciuti (il protagonista, Sam Worthington, la bella aliena, Zoe Saldana, il cinico imprenditore, Giovanni Ribisi, il colonnello esaltato à la “Apocalypse Now”, Stephen Lang) e una vecchia icona del genere sci fi, Sigourney Weaver.
In conclusione non sappiamo dire se e come “Avatar” cambierà la storia del cinema, ma sicuramente tra incassi in sala, merchandising, videogiochi a tema, collector edition in blu ray, James Cameron avrà tranquillamente modo di passare altri 15 anni per mettere in cantiere la sua prossima macchina da soldi.
Vassili Casula
Trama
- Regia: James Cameron
- Cast: Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang, Michelle Rodriguez, Giovanni Ribisi, Joel David Moore, CCH Pounder, Wes Studi, Laz Alonso, Peter Mensah, Matt Gerald, Dileep Rao, Scott Lawrence, Jacob Tomuri, Julene Renee, Noli McCool, Peter Dillon, Kevin Dorman, Dean Knowsley, Sean Anthony Moran, James Pitt, Amy Clover, Sean Patrick Murphy, Sean Moran
- Genere: Fantascienza
- Durata: 162 minuti
- Produzione: USA, Gran Bretagna, 2009
- Distribuzione: 20th Century Fox Italia
- Data di uscita: 15 gennaio 2010
“Avatar” è un film diretto da James Cameron, premiato con tre Oscar nel 2010: miglior fotografia, miglior scenografia e migliori effetti speciali.
Avatar: la trama
Jake Sully è un ex marine rimasto invalido in battaglia, ma ancora voglioso di combattere. Viene reclutato per la missione su Pandora, il pianeta abitato dalla società dei Na’vi, in cui è presente il minerale che potrebbe risolvere la crisi energetica della Terra. Jake riceve il compito di infiltrarsi tra i Na’vi per convincere la società a collaborare con gli umani.
Per raggiungere Pandora il gruppo di scienziati ha sviluppato il Programma Avatar che permette di collegare la coscienza degli umani ad un avatar, un corpo ibrido controllato a distanza e in grado di sopravvivere all’atmosfera tossica del pianeta.
La missione di Jake viene, però, compromessa dal suo rapporto con una bellissima ‘donna’ della tribù, Neytiri, di cui presto si innamora. Insieme all’amore, in Jake cresce il rispetto per la società Na’vi, di cui inizia a sentirsi parte integrante…