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Le ali della libertà – Recensione

Commovente storia dell’ergastolo di un uomo innocente accusato di omicidio

(The Shawshank Redemption) Regia: Frank Darabont – Cast: Tim Robbins, Morgan Freeman, Bob Gunton, William Sadler – Genere: Drammatico, colore, 140 minuti – Produzione: USA, 1994.

lealidellalibertaAndy Dusfresne (Tim Robbins) è il vice-presidente di una banca nel Maine condannato all’ergastolo con l’ingiusta accusa di aver ucciso sua moglie e il suo amante. Giunge nel penitenziario di Shawshank nel 1947 dove la vita scorre tutta uguale scandita dalle regole del direttore, Samuel Norton, che, fanatico della Bibbia, ha la presunzione di credersi Dio. Il suo braccio destro è il capitano Hedly, aguzzino senza scrupoli, che uccide e punisce in modo spietato.

Il giovane ex-bancario, dapprima taciturno e riservato, sopravvive coraggiosamente alla vita del carcere affrontando senza paura le molestie sessuali, le segregazioni e le violenze dei secondini. Presto conosce Red (Morgan Freeman), il contrabbandiere in grado di procurarsi qualunque cosa in cambio di pacchetti di sigarette. Tra gli oggetti che Andy gli chiede c’è anche un piccolo martello da roccia con il quale il giovane, appassionato di geologia, scolpisce i minerali che trova (oltre a scavare la galleria che 30 anni dopo lo porterà all’evasione).

Il carcere è come una gabbia: i detenuti sono frustrati e privi di identità, ma Andy si distingue per la sua istruzione e profonda umanità. Stimato dai suoi compagni ed entrato nelle grazie delle guardie, l’innocente prigioniero mette a disposizione le sue doti professionali per gestire i fondi monetari dei secondini e soprattutto i loschi affari del corrotto direttore.

Nominato assistente dell’anziano detenuto-bibliotecario Brooks (James Withmore), Andy ottiene fondi per ampliare la biblioteca, aiuta i carcerati a prendere un titolo di studio, rende servigi da contabile e consulente. L’ex-bancario trova così il suo posto in quel piccolo mondo prendendosi alcune “libertà”, poi regolarmente punite, per evadere con la mente dalla dura esistenza: trovato un disco, decide di diffondere per i microfoni del carcere le Nozze di Figaro di Mozart. Gli ignoranti prigionieri restano inevitabilmente rapiti dalla note melodiose che si librano nell’aria al di là delle grigie mura del penitenziario come un’aquila che, libera, dispiega le sue ali. È proprio questa libertà che spaventa i detenuti ormai istituzionalizzati: abituati alle mura del carcere, le sentono ora paradossalmente familiari e sicure.

La vicenda è narrata tramite gli occhi e la voce di Red, ulteriore prova di bravura recitativa dell’attore Morgan Freeman, che carcerato da molti anni ci accompagna passo dopo passo nella vita di Andy, dal suo arrivo a Shawshank alla sua astuta fuga.

Tratto dal racconto di Stephen King, “Rita Haywarth e la redenzione di Shawshank”, il film è un omaggio al cinema, alla musica e alla letteratura. Profondo è il legame d’amicizia che nasce tra i due protagonisti (Andy e Red), vero e sincero, che li porterà a ritrovarsi anche fuori, liberi, per ricominciare insieme nel loro riscatto sociale e morale.

Il finale, sorprendente ed inaspettato, ricostruisce la vicenda filosofico-esistenziale del protagonista mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle disseminati nel corso della pellicola: la vera funzione della Bibbia tenuta in cella da Andy, l’importanza del poster di Rita Hayworth, l’invenzione del falso nome sui documenti del direttore, la sensazione che Andy voglia suicidarsi. In questo modo, il regista Frank Darabont gioca molto sulle apparenze come inganni e coperture, non solo verso i protagonisti della sceneggiatura ma anche verso lo spettatore che resta sorpreso, affascinato e attratto fino alla fine da un intreccio sapientemente costruito.

L’evasione, dunque, per Andy non è solo un sogno irrealizzabile, e la speranza non è una semplice illusione ma consiste in “ali verso la libertà”.

Elisa Cuozzo

Le ali della libertà – Recensione

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