Recensione
Sicario: uno sguardo spietato sulla condizione umana
Una squadra dell’FBI capitanata da Kate Macer (Emily Blunt) è sul punto di fare irruzione in una casa in cui degli uomini sono tenuti in ostaggio. Dopo aver sfondato con un furgone blindato la facciata della costruzione, il team affronta con decisione i rapitori. Lo scontro dura venti secondi, i malviventi sono subito uccisi o immobilizzati. Gli ostaggi, però, non si trovano. Al loro posto, dietro il fragile intonaco dei muri, la squadra scova una miriade di cadaveri impossibili da identificare. Alla ricerca di altri segreti, alcuni agenti scoprono nella baracca che si trova vicino la casa una botola. Non appena la aprono, vengono folgorati da una potente esplosione. Kate Macer decide così di entrare a far parte di un team assemblato appositamente per contrastare il signore della droga messicano che avrebbe ordinato le due stragi. Al suo fianco troverà un agente dai modi più che informali (Josh Brolin) e un consulente dal passato avvolto nell’oscurità (Benicio Del Toro). La missione di Kate si trasformerà in un viaggio all’inferno.
Basterebbe prendere in esame la particolare sequenza di apertura per dimostrare come Denis Villeneuve aderisca solo esteriormente agli stilemi del cinema statunitense. Quella che era partita come una canonica sequenza d’azione assume nel giro di un minuto dei connotati da thriller se non da horror, per poi tornare nei binari dell’action con una deflagrazione inattesa. “Sicario” non è un film sulla guerra ai cartelli della droga: è un sottile gioco al depistaggio che Denis Villeneuve conduce nei confronti dello spettatore, calato, come la protagonista interpretata da Emily Blunt, in un mondo di difficile se non impossibile comprensione.
Esemplare l’utilizzo delle plongée (inquadrature dall’alto), che riducono gli uomini a piccoli insetti che si muovono in un paesaggio arido – le alture disseminate nel confine tra USA e Messico somigliano così a dei formicai. Per far identificare chi guarda e chi è guardato Villeneuve ricorre spesso anche a un altro espediente: l’inquadratura è sporca, non mostra la totalità della scena, ci sono degli ostacoli tra attori e spettatore, si tratti di tende, vetri, lenti, schermi, polvere o fumo. A Villeneuve interessano, più che le epifanie, i momenti tra un’esplosione – letterale o meno conta poco – e un’altra; più che la scoperta, la ricerca e l’indagine. I personaggi di “Sicario” non hanno un arco, non evolvono, anzi al massimo involvono: sono crisalidi destinate a non aprirsi.
“Sicario”: una recitazione mai scontata per un regista esigente
Lo stile del regista canadese è una sintesi di cinema di regia e cinema di recitazione. Sebbene la mano dietro la macchina si percepisca continuamente, gli attori, proprio perché osservati maggiormente nei momenti di quiete, sono liberi di lavorare a lungo anche sulla più piccola variazione di espressione vocale o fisica. Seguiti alle spalle con movimenti di macchina lenti, ripresi in momenti che con altri registi finirebbero sul pavimento della sala di montaggio, gli interpreti offrono prove molto contenute ma efficaci. Emily Blunt riesce nel difficile compito di trasformare la sua protagonista in una figura sempre più diafana, che sembra affrontare un percorso di regressione all’infanzia (davvero arduo rendere la disperazione senza scadere in una sovrarecitazione). Anche Benicio Del Toro recita sottraendo, il suo personaggio dal passato insondabile non è un pezzo di marmo rintanato nell’ombra, ma un uomo ambiguo che attrae e respinge lo spettatore allo stesso tempo. Josh Brolin fa un buon lavoro di supporto dando al suo personaggio una caratterizzazione pungente e una morbidezza fisica inattesa e raramente vista nelle sue precedenti interpretazioni.
Una menzione d’onore va concessa al lavoro di Roger Deakins, che sembra nato per collaborare con Villeneuve. Nonostante l’intenzione del regista sia di mostrare un mondo grigio, Deakins riesce anche con una tavolozza di colori molto limitata a regalare sequenze – come quella del raid del tunnel al tramonto – che valgono da sole il prezzo del biglietto.
Jacopo Angelini
Trama
- Regia: Denis Villeneuve
- Cast: Emily Blunt, Benicio Del Toro, Josh Brolin, Jon Bernthal, Jeffrey Donovan, Sarah Minnich, Raoul Trujillo, Maximiliano Hernández, Daniel Kaluuya, Lora Martinez-Cunningham, Alan Humphrey, Michael Sheets, Alex Knight, Kaelee Vigil, Julio Cedillo, Dylan Kenin, Jyl Murray, Eddie Perez, Alan D. Purwin
- Genere: Thriller, colore, 121 minuti
- Produzione: USA 2015
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 24 settembre 2015
Il confine Messico – USA fra violenza e depravazione
Un violento thriller d’azione è l’ultima fatica di Denis Villeneuve, acclamato regista e sceneggiatore canadese di “Prisoners” e del sequel “Blade Runner 2”.
La storia racconta la truce scoperta da parte dei servizi segreti di un gran numero di cadaveri nascosti nei muri di un cantiere, le cui teste sono sigillate ermeticamente all’interno di sacchetti di plastica.
Una poliziotta dell’FBI decide di prender parte all’operazione segreta della CIA per fermare un importante boss della droga e allo stesso tempo scovare i mandanti del massacro.
Per portare a termine la missione, la donna dovrà oltrepassare il confine messicano insieme a due ranger della delta-force. Una volta arrivata in Messico, la poliziotta entrerà in un mondo di violenza e depravazione dove i suoi valori morali ed etici verranno spinti al limite e allo stesso tempo messi in dubbio.