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Everest – Recensione

• Regia: Baltasar Kormákur
• Cast: Josh Brolin, Jason Clarke, John Hawkes, Robin Wright, Emily Watson, Keira Knightley, Sam Worthington, Jake Gyllenhaal, Clive Standen, Vanessa Kirby, Michael Kelly, Martin Henderson, Tom Goodman-Hill, Naoko Mori, Thomas M. Wright, Demetri Goritsas
• Genere: Drammatico, colore, 150 minuti
• Produzione: USA, 2015
• Distribuzione: Universal Pictures
• Data di uscita: 24 settembre 2015

 

Un’incredibile storia di sopravvivenza con una buona dose di brivido e un cast eccezionale

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Due gruppi di alpinisti cercano di scalare il monte Everest ma durante l’ascesa vengono colpiti da una terribile tempesta di neve che comporterà la morte di molti di loro e sconvolgerà anima e corpo dei pochi sopravvissuti. Questo il succo della trama di “Everest”, film basato su una serie di eventi accaduti realmente nel 1996, e fedelmente descritti dal regista islandese Baltasar Kormákur (“Contraband”, “Cani sciolti”); il suo lavoro si propone di raccontare in prima persona l’impresa forse più temeraria e difficile che l’uomo possa compiere: raggiungere la vetta della montagna più alta del mondo, l’Everest.

Il film è in gran parte la storia di Rob Hall (Jason Clarke), una guida esperta con un bambino in arrivo, che capeggia una squadra di alpinisti in cima alla montagna. Un gruppo molto eterogeneo composto da Guy Cotter (Sam Wothington), una guida e amico di Hall; John Krakauer (Michael Kelly), un giornalista che scrive a proposito della spedizione; il burbero texano Beck Weathers (Josh Brolin); Yasuko Namba (Naoko Mori), un’alpinista esperta che ha già raggiunto sei delle sette vette più alte del mondo; Doug Hansen (John Hawkes), un postino e una coppia di guide Sherpa.

Personaggi che purtroppo sono caratterizzati da pochi dettagli, la cui psicologia è piuttosto abbozzata. Durante la visione del film potrebbe sorgere una domanda spontanea, cosa li spingerà a rischiare la vita per arrivare fin lassù? Con il prezzo che pagheranno, le motivazioni date sembrano ben poco valide.
“Everest” rimbalza dalle scene degli alpinisti sulla montagna, a quelle al campo base fino ad arrivare alle famiglie a casa nella disperata ricerca di una buona notizia. Troviamo quindi in ruoli piuttosto marginali Keira Knightley e Robin Wright mentre Emily Watson in un’eccezionale performance, interpreta una controller del campo base che cerca di gestire nel modo migliore il caos della situazione. Jake Gyllenhaal purtroppo appare in una parte quasi irrilevante, nei panni della guida rivale di Hall, risulta un personaggio superficiale e incauto.

Dal potente sound alla spettacolare fotografia, tutto concorre in “Everest” per creare un’inquietante e incredibile sensazione di essere lì tra le montagne

Ciò che viene raccontato però è un evento di vita reale ben documentato e non ci si può aspettare eroismi o un finale felice. Il film mostra infatti come la vita sia paragonabile alla montagna stessa: irragionevole e crudele. In questa sfida, che solo pochi sono riusciti a portare a termine, la forza d’animo verrà messa a dura prova.

La prima metà del film è lenta e costante, mostra come la squadra salga fino al campo base dell’Everest e poi si prepari a scalare la vetta. La pellicola, girata in Nepal, alle pendici dell’Everest e sulle Alpi italiane, riesce a emanare nello spettatore sensazioni di freddo e isolamento, grazie anche all’uso del 3D che aggiunge un sottofondo di terrore, soprattutto quando i personaggi si arrampicano sul crinale della montagna dove il minimo passo falso può essergli fatale.
Baltasar Kormakur è uno fra i maggiori registi islandesi degli ultimi anni e vuole, attraverso una lotta per la sopravvivenza, mostrare lo scontro fra i limiti umani e l’illimitata potenza della natura. Non c’è un eroe tragico nè alcuna spiegazione esaustiva, il film mostra come in confronto alla forza della natura l’uomo non abbia potere, riportandoci a un’osservazione iniziale del film: “La natura ha sempre l’ultima parola”.

Federica Fausto

Everest – Recensione

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