“La Bellezza del Somaro”, commedia camuffata da opera intellettuale con ambizioni auliche
Regia: Sergio Castellitto – Cast: Sergio Castellitto, Laura Morante, Enzo Jannacci, Marco Giallini, Barbora Bobulova, Gianfelice Imparato – Genere: Commedia, colore, 107 minuti – Produzione: Italia, 2010 – Distribuzione: Warner Bros Italia – Data di uscita: 17 dicembre 2010.
Sergio Castellitto torna alla regia dopo sei anni da “Non ti muovere”, film che vedeva come protagonista una sorprendente Penelope Cruz, scritto insieme alla moglie, Margaret Mazzantini, che è anche sceneggiatrice di questa nuova pellicola.
Nonostante il team di realizzazione sia lo stesso il risultato cambia, in maniera drastica. Lontani dallo spessore emotivo che “Non ti muovere” esprimeva, “La Bellezza del Somaro” è una commedia camuffata da opera intellettuale con ambizioni auliche.
Come confermato dal regista e attore, l’opera voleva rendere al pubblico italiano una nuova tipologia di commedia, meno stereotipata e emulativa, più originale e creativa. Sentimento nobile ma malamente reso in un lavoro che si prende troppo sul serio e che affronta tematiche generazionali spesso utilizzate dal moderno cinema italiano.
Il rapporto genitori e figli, sempre in conflitto, in contrasto fra loro e loro stessi, è un’amara riflessione sulla denegazione dell’età e sull’inaccettabilità della propria condizione di vita. Gli over 40 che giocano a fare gli adolescenti e quest’ultimi più maturi dei loro genitori, ma in costante tensione fra la precarietà lavorativa e sentimentale.
È anche una critica al rapporto genitori/figli in senso psicologico. Viene infatti accusata in maniera costante l’eccessiva amicizia nei confronti dei figli e la stupidità che la crisi di mezza età comporta a volte. Ma tutto viene reso in maniera eccessiva, tanto da sembrare stereotipata. Proprio quello che il regista si era prefissato di non ottenere.
Unico elemento significativo la partecipazione di Enzo Jannacci come fidanzato, settantenne, della figlia adolescente. In sostanza un film di belle speranze, malamente e nevrastenicamente messe in scena fra ambienti marmorei della Capitale in netto contrasto con la campagna toscana. Luogo quest’ultimo dove si snoda la narrazione standardizzata e abbastanza prevedibile che non rende giustizia alla bravura di Castellitto, sia come regista che come attore, e neanche al collaudato connubio moglie-marito con la Mazzantini.
Eva Carducci