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Il rifugio – Recensione

Una pellicola poetica e raffinata sull’amore e i suoi drammi, diretta dal geniale regista francese François Ozon

(Le Refuge) Regia: François Ozon – Cast: Isabelle Carré, Louis-Ronan Choisy, Melvil Poupaud, Claire Vernet, Jean-Pierre Andréani, Marie Rivière, Jérôme Kircher, Nicolas Moreau, Emile Berling, Maurice Antoni – Genere: Drammatico, colore, 90 minuti – Produzione: Francia, 2009 – Distribuzione: Teodora Film – Data di uscita: 27 agosto 2010.

ilrifugioCome una piuma che volteggia nell’aria, “Il rifugio” sfiora delicatamente le pareti dell’anima dello spettatore, solleticando tutte le sfere delle emozioni, raccontando con garbo e incantevole dolcezza la difficile storia di una ragazza. Mousse e Louis sono una coppia di tossicodipendenti che passa il tempo a “sballarsi”, fino a quando Louis non viene ucciso da un’overdose di eroina. Subito dopo la sopravvissuta Mousse scopre di essere incinta, iniziando così il suo viaggio verso una forma d’introspezione e voglia di provare a capirsi, grazie anche all’aiuto del cognato Paul.

Ozon ci regala una bellissima pellicola piena d’amore, un amore velato che si nasconde e poi riaffiora, fragile e forte allo stesso tempo e del tutto anticonvenzionale. Il giovane regista di “Sotto la sabbia”, torna a parlare di sentimenti, toccando tutti i temi del dolore e del disagio, come la tossicodipendenza, la morte, l’omosessualità e l’abbandono, eppure facendolo senza sfociare nel drammatico, nello strazio o nel disagio: sceglie piuttosto una maniera semplice, diretta, usando come canale una delle più brave attrici francesi, Isabelle Carré, che ha vissuto la sua gravidanza in simbiosi con il personaggio e a cui Ozon regala il suo ruolo migliore.

Anche se la vera sorpresa del film è il cantante Louis-Ronan Choisy, interprete della colonna sonora e al suo debutto cinematografico, che è stato scelto per vestire i panni del cognato Paul, un ruolo interpretato in maniera timida e con un sorriso malinconico, un personaggio fatto di intensi sguardi e di particolare dolcezza.

Il film è girato in cinemascope, e viene accompagnato da una luce bianca, dalle poche sfumature decise e da una musica composta dal suono d’un pianoforte scandito qua e là. Una pellicola per ripartire, un “rifugio” dove fermarsi per un’ora e mezza ad apprezzare del buon cinema.

Sonia Serafini

Il rifugio – Recensione

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