Recensione
Dopo l’amore – Recensione: lento inesorabile epilogo di una coppia
“Dopo l’amore” porta sul grande schermo la semplicità e la quotidianità di una coppia in crisi: Marie e Boris (interpretati da Bérénice Béjo e Cédric Kahn), dopo 15 anni di matrimonio, decidono di divorziare. Le difficoltà economiche di lui gli impediscono di cercare e trovarsi un’altra sistemazione, tant’è che si vedono costretti a rimanere sotto lo stesso tetto.
Lei, di famiglia agiata, possiede un lavoro e porta i soldi a casa. Esasperata, è molto rigida nei confronti dell’ex-marito, che non ama più, anzi detesta, sebbene non gli tolga la possibilità di essere padre.
L’economia e il denaro sono la sua ossessione, come la presenza “fastidiosa” di Boris. Ossessione infantile: l’unica cosa che desideri è che lui se ne vada via di casa e con lui le sue menzogne e false promesse.
Lui, di ceto sociale più basso, vive nel complesso del fallimento come marito e padre di famiglia e desidera un nuovo tentativo.
Le pratiche della separazione sono ancora da avviare e da parte di entrambi vige una fanciullesca presa di posizione sui propri diritti, la propria “parte”, nel compromesso momentaneo dello stesso appartamento. Essenzialmente, a subire questa tesa situazione sono le loro due figlie gemelle, Jade e Margaux.
Tra discussioni, silenzi di solitudine, “capricci”, gelidi discorsi economici (maschera del rispettivo desiderio di riconoscimento per aver, quantomeno, tentato di contribuire alla vita coniugale in qualche modo) e situazioni tragi-comiche di imbarazzo, frustrazione e fastidio, tintinna lievemente la mediazione estemporanea e “passatista” della madre di Marie, Christine (Marthe Keller), che tenta di convincere la figlia per una riconciliazione o quantomeno per una soluzione adatta al bene delle sue nipoti.
Dopo l’amore: l’anti-epica realistica e razionale del presente
Di per sé il dramma è realtà, è un’anti-epica realistica del presente, in questo caso del presente di una coppia in rovina, una relazione che ha oltrepassato il suo proprio orizzonte degli eventi e che resta ricordo nel luogo-personaggio ‘casa’ (negli oggetti, nelle stanze, nella memoria, spesso riattivata, della fatica e dei sacrifici per costruire il fantomatico nido d’amore), nei rimpianti, nei continui rimproveri di colpa e, inesorabilmente, nelle due bambine, spettatrici-protagoniste del declino.
In effetti, né Marie né Boris, nonostante i propri diritti e lo spazio-tempo cinematografico ad essi dedicato, non sono i reali protagonisti della pellicola.
Sono, al contrario, le due gemelle a costituire quel margine-centro attorno a cui ruota tutta la triste irreparabile vicenda coniugale: nei momenti di discussione tra gli ex-coniugi, sui quali si focalizza l’inquadratura, si avverte la presenza della loro innocenza e dei loro sguardi. I bambini, si sa, vedono tutto, sono lì, ascoltano. E assorbono tutto.
Dopo l’amore: un ritratto scientifico della rovina di una coppia
Lafosse propone un ritratto ‘scientifico’, asciutto e quasi polare di una frequentissima dinamica dei nostri giorni. La speranza sembra esser rimasta, rannicchiata, dentro il vaso di Pandora. In un’unica occasione si concede una scappatella: una cena, una delle bambine mette su un po’ di musica e i quattro si ritrovano a ballare, insieme, ridendo e scherzando.
Le lacrime silenziose di Marie ammoniscono: l’amore vero è stato vissuto, come i sogni, i progetti; ma quella danza è solo un requiem funebre.
Lieto fine? Tragedia? Gli unici tre cambiamenti di scenografia verso la fine del film (un ospedale, un café e lo studio di un avvocato) rappresentano rispettivamente i momenti di massima crisi, presa di coscienza e opportunità di un’altra coppia, in modo diverso, per le due gemelle.
Una tragedia che si esaurisce, in punta di piedi, nella quiete dopo la tempesta, davanti ad un caffè. Nell’accettazione del fallimento. Nella possibilità di costruire, comunque, una vita adatta, per sé, per le bambine.
Dopo l’amore: la tecnica dietro il dramma
Veniamo alla tecnica.
La scenografia è composta principalmente dalla casa dove si dispiega la trama, la ripresa si alterna tra la fluidità dei movimenti dei personaggi entro quelle quattro mura e la focalizzazione statica. Un realismo teatrale ed efficace che si appoggia anche sulla verosimile interpretazione degli attori, sul concerto di rumori e presenze (come già accennato, le due bambine) fuori campo. Spesso le scene sono portate al climax, oltre che dalle discussioni dei coniugi, dalle porte che sbattono, come ci si può immaginare che accada in una famiglia in crisi. I dialoghi non danno adito a espressioni ad effetto, echi pseudo-romantici o confessioni a cuore aperto: al contrario sono freddi, frettolosi, quasi meccanici, quando non sono accaldati, irosi ed euforici. Con le bambine, al padre il gioco, alla madre la premura materna.
Dopo l’amore: il destino di un dettagliatissimo ritratto
Pellicola intrigante, ma di nicchia, c’è da chiedersi quale possa essere la risposta del pubblico a questa rappresentazione razionale di una realtà che, purtroppo, al giorno d’oggi vive e sopravvive in molte “famiglie”. Certo con “Dopo l’amore” Lafosse ha dato l’ennesima prova di sé, con il suo solito stile maniacale, dialogante, attento al più minimo dettaglio, producendo un’opera originale, d’impatto, sebbene “oppressiva”.
Il confronto con il capolavoro di Robert Benton (regista del già citato “Kramer contro Kramer”) potrebbe essere fuori luogo, se non inutile e riduttivo?
Una risposta possibile: a ciascuno, la propria realtà e la sua interpretazione.
Trama
- Titolo originale: L’économie du couple
- Regia: Joachim Lafosse
- Cast: Bérénice Bejo, Marthe Keller, Catherine Salée, Cédric Kahn, Tibo Vandenborre, Philippe Jeusette, Annick Johnson, Jade Soentjens, Pascal Rogard, Margaux Soentjens, Ariane Rousseau
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 100 minuti
- Produzione: Francia, Belgio 2016
- Distribuzione: Bim Distribuzione
- Data di uscita: 19 Gennaio 2017
Joachim Lafosse con “Dopo l’amore”, focalizza la sua attenzione sulla crisi di coppia, sugli effetti che ha sugli interessati diretti e indiretti, sulla parvenza di speranza e l’inesorabile fine. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes e al Torino Film Festival, “Variety” l’ha definito il “Kramer contro Kramer” del giorno d’oggi.
“Dopo l’amore” narra la storia di Marie e Boris una coppia che, dopo diversi anni di convivenza, decide di separarsi.
Il problema principale è la casa poiché nessuno dei due vuole rinunciarvi: Marie legalmente è la proprietaria ma Boris l’ha arredata e rinnovata e, in più, non sa dove andare.
Da qui nasce una discussione a proposito della cifra che l’uomo pretende dalla separazione; il litigio non si arresta neanche dinanzi alle figlie che, innocenti e inermi, chiedono soltanto quando si potrà fare una vacanza.
“Dopo l’amore” è una storia quotidiana che tratta temi come il materialismo e il divorzio, mettendone in luce il grigiore e il dramma.
Trailer