Recensione
Il diritto di contare – Recensione: ‘Negro. Di colore. Indiano. Ragazze’, il dietro le quinte ‘colored’ della grande corsa allo spazio
“Il diritto di contare” è basato sul romanzo di Margot Lee Shetterley, “The Hidden Figures: The Story of the African-American Women Who Helped Win the Space Race”, e s’incentra sulla storia delle tre donne afro-americane, calcolatrici nel campus aereospaziale della NASA a Langley, Virginia, dove il loro talento, le loro capacità e l’ardente desiderio di riscatto hanno posto le basi per la vittoria americana della competizione per lo spazio contro l’allora Unione Sovietica.
Si tratta in particolare della matematica Katherine Johnson, l’ingegnera Mary Jackson e la responsabile del settore IBM Dorothy Vaughn, rispettivamente interpretate da Taraji P. Henson, Janelle Monáe e Octavia Spencer.
Le vicende si sviluppano sullo sfondo degli Stati Uniti anni Sessanta: è il periodo della segregazione razziale, nonostante i proclami e i primi provvedimenti governativi e presidenziali; di JFK e Martin Luther King, della sua battaglia per il riconoscimento dei diritti civili della popolazione afro-americana; degli episodi di violenza, delle forti contraddizioni, della Guerra Fredda, della corsa al predominio aereospaziale; gli anni che prefigureranno i grandi movimenti di protesta del ’68 e l’impresa di Armstrong nel ’69.
In questo scenario si inseriscono le ambizioni, la rassegnazione, le delusioni, i sogni di queste tre geniali donne e, con loro, di tutta la comunità afro-americana.
Il diritto di contare – Recensione: riscatto e riconoscimento sullo sfondo degli anni ’60 segregazionisti
La crisi che, inevitabilmente, mette in moto la macchina da presa è la riuscita del programma russo Sputnik (1 e 2), nel 1957, storico avvio della corsa allo spazio.
A Langley c’è fermento e sorpresa: un sorpasso del genere non può essere accettato. Nuovi fondi, esortazioni presidenziali e determinata abnegazione sono il carburante con il quale Al Harrison (Kevin Costner), capo del pool di scienziati a lavoro per calcolare tutte le variabili di lanci e voli aereospaziali, tenta di dare la scossa e mandare finalmente un astronauta americano nello spazio.
Prima necessità: un matematico che si nutra esclusivamente di numeri, che li abbia scritti nel proprio intimo. Ecco il contesto che si cela dietro il programma Mercury, con i razzi Atlas e Redstone, e John Glenn, primo astronauta americano in orbita intorno alla Terra, l’evento che ribaltò il gioco-forza russo-americano e galvanizzò il mondo intero.
La crisi diviene allora l’occasione per le tre misconosciute ragazze, parte del Gruppo di Calcolo Ovest (composto essenzialmente da donne di colore) per farsi valere e perseguire le proprie ambizioni.
Tre donne che cercano di salire al potere negli anni maschilisti
Vivian Mitchell (Kirsten Dunst), loro supervisore, assegna Katherine proprio alla Space Task Force di Harrison, rendendola in tal modo la prima donna afro-americana della squadra. Vice di Harrison è il capo ingegnere Paul Stafford (Jim Parsons), una vera gatta da pelare per Katherine dato il suo atteggiamento belligerante, superbo e pregiudizievole. Ciononostante il dato è tratto: sta a Katherine mettersi in gioco con tutta la propria determinazione per essere, finalmente, “riconosciuta”
Stessa situazione per le altre due ragazze, Mary e Dorothy: la prima è un’aspirante talentuosa ingegnera che dovrà scontrarsi con le norme legislative della Virginia per ottenere una laurea in ingegneria; la seconda, al contrario, vuole che gli sia riconosciuto ufficialmente il ruolo di responsabile, arrivando persino ad apprendere il linguaggio informatico Fortran per comprendere il funzionamento della macchina di calcolo IBM 7090, ‘oscuro’ mistero per gli analisti del reparto.
Il diritto di contare – Recensione: razzismo e segregazione ‘esorcizzati’ all’insegna dell’emozione
L’idea di Theodore Melfi, nel portare sul grande schermo quest’ignota storia ‘secondaria’ della fervente corsa allo spazio, sembra essere quella di stemperare l’atmosfera ‘bigotta’ e chiusa della società americana di allora (spesso ridotta a mero ‘sfondo cromatico’) per focalizzarsi, dunque, sulla determinazione e il desiderio di riconoscimento delle tre ragazze, simboli concreti per la loro piccola comunità afro-americana e per la famiglia.
Leggerezza e positiva emozione (nella colonna sonora funk-black gospel alternata a classica contemporanea, nella fotografia colorata e serena, nella sceneggiatura in toto) contrapposte alla reale gravità del contesto storico-sociale.
Sia chiaro: le situazioni, per noi oggi (si presume) incomprensibili, che sottolineano le diversità ed i pregiudizi sociali restano, sebbene stemperate dallo spostamento dell’attenzione verso la Storia (il programma spaziale americano) nella storia.
Divisione dei bagni per le donne di colore, subita essenzialmente dalla protagonista (costretta ad attraversare ogni volta l’intero campus per usufruire dei servizi), silenzi imbarazzanti all’ingresso delle ragazze negli spazi riservati ai ‘bianchi’, l’atteggiamento dialogico di superiorità degli stessi, le caffettiere diversificate per ‘colore’: sono tutte piccole spie che rimandano ad una situazione ben più tragica e oppressiva, sebbene restino ad essa vincolata, senza strabordare. Gli argini sono messi dalle scene di vita quotidiana e familiare (abbastanza ‘borghesi’) che sottolineano l’umanità delle protagoniste, certo scontata, ma non a quei tempi.
Il tutto affrontato con leggerezza e ironia tragicomica
Della delicata situazione sociale quindi appaiono solo ‘pesanti’ accenni, primo fra tutti un telegiornale recante la notizia di un’aggressione e un breve intervento di Martin Luther King. Sempre all’insegna di una leggerezza ‘didattico-riflessiva’ e di una velata ironia tragicomica.
Gli eventi si snodano in una diversa piega grazie all’impegno della protagonista e delle sue due amiche-colleghe, ma soprattutto a causa della particolare congiuntura storico-scientifica e dell’eroe-mentore Al Harrison (un inedito Kevin Costner), il quale, dopo lo sfogo di Katherine Johnson, risolve la situazione segregativa in nome del suo unico obiettivo: ‘toccare le stelle’.
Il diritto di contare – Recensione: progetto promettente, ma con qualche riserva
In complesso, “Il diritto di contare” di Melfi è una pellicola per tutti, educativa, di una certa potenza, sebbene resti qualche riserva. In primis per il cast: solo Octavia Spencer è arrivata a una nomination agli Oscar, mentre Taraji P. Henson e Janelle Monáe, oltre alla sottile simpatia-empatia che circonda i ruoli interpretati, sembrano non riuscire a dare ‘spessore’ ai personaggi.
Jim Parsons non riesce a staccarsi di dosso l’ombra del suo pluripremiato Sheldon Cooper di “The Big Bang Theory”, nonostante sia da premiare l’impegno: sembra più una sorta di cameo, che una reale interpretazione.
È forse Kevin Costner il più convincente, interpretando il ruolo di un capo, un leader, un mentore che indirizza tutte le proprie energie e competenze ‘dirigenziali’ nel grande sogno spaziale americano: una figura carismatica, saggia, giusta.
In secondo luogo la storia sembra esser affrontata con troppa leggerezza, tralasciando d’indagare a fondo quelle implicazioni sociali che costituiscono il background delle protagoniste.
Considerazioni che lasciano il tempo che trovano: al pubblico e alla critica la parola finale su questo lungometraggio che, comunque, resta in gara per l’Oscar come miglior film.
Alfonso Canale
Trama
- Regia: Theodore Melfi
- Cast: Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe, Kevin Costner, Kirsten Dunst, Jim Parsons, Mahershala Ali, Aldis Hodge, Glen Powell, Kimberly Quinn, Olek Krupa, Ariana Neal
- Genere: Drammatico, Colore
- Durata: 127 minuti
- Produzione: Chernin Entertainment, Fox 2000 Picture
- Luogo di produzione: USA, 2016
- Distribuzione: 20th Century Fox
- Data di uscita: 8 Marzo 2017
“Il diritto di contare” narra la storia di tre donne straordinarie che hanno portato a rinnegare tutti i pregiudizi di natura razzista su cui si basava la società.
Le tre protagoniste sono di origini afro-americane, e sono tutte impiegate alla NASA. Loro sono: Dorothy Vaughn, Mary Jackson e Katherine Johnson.
Il trio è stato in grado di organizzare nei minimi dettagli il programma di missioni spaziali che ha consentito ad astronauti come John Glenn di salire in orbita per lo spazio.
Il film non si sofferma soltanto su quelli che sono stati i cambiamenti scientifici dovuti ai loro studi, ma anche al modo con il quale il loro contributo abbia aiutato a smantellare del tutto i modelli e stereotipi di una società razzista: non esiste una razza, nè tanto meno chi è superiore e chi è inferiore.
Il film di Theodore Melfi si è aggiudicato 3 candidature agli Oscar 2017, per Miglior film, Migliore attrice non protagonista (Octavia Spencer) e Miglior sceneggiatura non originale.
Trailer