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Strafumati – Recensione

Pellicola demenziale fallimentare su due spiantati strafatti e inesperti che si trovano in mezzo a un grosso guaio

(Pineapple Express) Regia: David Gordon Green – Cast: Seth Rogen, James Franco, Gary Cole, Danny McBride – Genere: Commedia, colore, 111 minuti – Produzione: USA, 2008 – Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia – Data di uscita: 28 novembre 2008.

strafumatiIl messo notificatore Dale Denton (Seth Rogen) è uno sfigato e attempato consumatore di cannabis e si rifornisce regolarmente dal perennemente strafatto Saul Silver (James Franco), l’unico spacciatore in città ad avere l’allucinogena strain Pineapple Express. Involontari testimoni di un omicidio che coinvolge una poliziotta corrotta e il principale signore della droga della zona, Dale e Saul si ritrovano in mezzo ad una guerra tra bande di narcotrafficanti, criminali di mezza tacca e famigliole della media borghesia americana.

Un soggetto del genere nelle mani dei fratelli Coen, per non dire di Tarantino, sarebbe forse diventato un piccolo gioiello, un incrocio tra “Il Grande Lebowski” e “Pulp Fiction”, passando per le scatenate commedie noir americane anni ’80 (“Fuori Orario” e “Prima di mezzanotte” su tutte). La famigerata Apatow Company, già responsabile di pellicole demenziali di grande successo come “40 anni vergine”, “Molto incinta” e “Suxbad” ha invece realizzato un costoso stoner movie che, pur infarcito di volgarità a valanga, doppi sensi a sfondo scatologico e sessuale, sparatorie infinite e persino una buona dose di splatter, raramente diverte e alla lunga finisce per annoiare lo spettatore.

Peccato perché il giovane regista David Gordon Green dimostra tutto sommato un buon mestiere regalandoci qua e là anche piccole finezze come un paio di scene in split screen, un simpatico prologo in b/n e un folle inseguimento tra auto della polizia che sarebbe piaciuto anche a John Landis. Menzione positiva anche per la colonna sonora costituita da evergreen raggae pop inframezzati da basi elettroniche minimali che sembrano arrivare direttamente da Miami Vice.

Caliamo invece un velo pietoso sulle dichiarazioni del produttore (“Strafumati utilizza la comicità per dire che quando ci si stona non viene mai fuori nulla di buono”) che prova a coprire un’operazione puramente commerciale con una patina di moralismo retorico francamente fuori luogo. Al contrario, alla fine di tutto, un atroce dubbio si insinua nell’insoddisfatto recensore: non sarà mica che per gustare appieno “Strafumati” sarebbe bastato proprio un piccolo assaggio della pianta protagonista?

Vassili Casula

Strafumati – Recensione

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