“Tutta la vita davanti”: una commedia di graffiante veridicità
Regia: Paolo Virzì – Cast: Isabella Ragonese, Massimo Ghini, Valerio Mastrandrea, Micaela Ramazzotti, Elio Germano, Sabrina Ferilli – Genere: Commedia, colore, 117 minuti – Produzione: Italia, 2008 – Distribuzione: Medusa – Data uscita: 28 marzo 2008.
Una commedia amara che, tristemente, traccia la panoramica del mondo di oggi, della cruda attualità della società contemporanea. Il film segue le vicissitudini di una ragazza neolaureata in filosofia. Ad aspettare tutta la sua preparazione culturale, la sua apertura mentale e la sua prorompente vitalità, c’è solamente il precariato.
Un mostro per i giovani che si appropinquano al mondo del lavoro. Infatti non appena Marta esce dall’università non trova altra possibilità che lavorare presso un call-center di un’azienda che commercializza un elettrodomestico futuristico. Immersa in un ambiente nuovo, fatto di centraliniste motivate e venditori invasati, viene catturata da questa realtà di jingle aziendali, premiazioni e penalizzazioni di gruppo. Quando realizza che in quel posto si trova solamente il focolaio dell’ipocrisia, la sua mente, i suoi ideali e la sua prospettiva del futuro si frantumano come uno specchio. Affiancata da personaggi che tentano inefficacemente di combattere quel sistema e che vivono in condizioni esistenziali difficili, Marta è come un inviato speciale: disegna la realtà contemporanea. Figure come i direttori dell’azienda non fanno altro, nella loro crudeltà inconsapevole e nella falsità di ciò che li circonda, che alimentare il disprezzo per questa società.
Il male, filosofeggiando un po’, ispirati dal film, non è altro che il frutto della banalità, come dice Anna Arendt, filosofa citata nella tesi della protagonista. I “cattivi” non sono altro che personaggi fragili, deboli, che si illudono di vivere in uno stato di benessere. Questa loro fragilità, assolutamente pericolosa, la riversano sugli altri, vivendo quasi con soddisfazione la loro inevitabile caduta. La manager Daniela, una centralinista all’apice della carriera, isolata e sola, e il direttore Cladio, uomo che si finge forte e determinato, non sono altro che il prodotto lavorativo di questo tempo, rapido, falso e disumano.
Tutto è poi una reazione a catena: il lavoro stressante diventa angoscia, infine rabbia che porta alla disoccupazione e da lì si giunge alla depressione, all’isteria e alla disperazione che inevitabilmente conduce a gesti folli. Il film sembra illustrare le attuali condizioni del lavoro di questa Italia, stigmatizzandone criticamente i punti dolenti e dannosi, e lanciando, anche pessimisticamente, un grido di allarme nel finale. Il titolo ne è una mera dimostrazione. Tutta la vita davanti: una beffarda e crudele frase che ironizza sul futuro incerto di molti giovani.
Jacopo Lubich