Recensione
Whitney – Recensione: la vita opprimente di un’icona della musica
Nick Broomfield ci prova di nuovo: dopo i discussi “Kurt & Courtney” e “Biggie & Tupac”, ecco giungere sul grande schermo un omaggio a Whitney Houston, icona pop internazionale che ha rivoluzionato la storia della musica e aperto la strada ad artiste contemporanee come Beyoncè.
Attraverso “Whitney”, il regista ripercorre le tappe principali della vita della cantante, scandite da stralci di esibizioni del concerto del 1999 che costituiscono la colonna sonora dell’intero prodotto e che ci accompagnano fino al tragico epilogo avvenuto l’11 Febbraio 2012 .
Nonostante un materiale video di qualità discutibile e perlopiù di archivio, “Whitney” permette allo spettatore di addentrarsi nel mondo che ruotava intorno alla cantante, il cosiddetto ‘clan Houston’, composto da familiari e amici che lavoravano ininterrottamente per la popstar.
La carriera di Whitney Houston, però, non è assolutamente il focus della pellicola, al contrario: il taglio dato al documentario denota la volontà di porre la concentrazione quasi esclusivamente sulla sfera emozionale e privata di una donna la cui identità è andata perduta dietro l’immagine ben costruita di star nera del pop ‘bianco’.
Particolare attenzione viene rivolta alle deludenti figure genitoriali che contribuiranno in larga parte al declino della stella del pop, pur non essendo i soli: Cissy, madre dichiaratamente omofoba e cantante gospel che riversa sulla figlia tutte le proprie aspirazioni artistiche (all’inizio della propria carriera, infatti, Whitney sarà presentata al pubblico come “la figlia di Cissy Houston”, o la nipote di “Donna Warwick”) e John R. Houston, che arriva ad intentare una causa legale da 100 milioni di dollari contro la propria figlia.
A tutto ciò va ad aggiungersi l’abuso di droghe a cui, secondo il documentario, sarebbe stata iniziata dai fratelli maggiori e delle quali non riuscirà mai a liberarsi.
Ad intaccare il già precario equilibrio di Whitney Houston è, inoltre, la relazione con Bobby Brown, cantante R’n’B che non ha mai realmente sfondato, sfociata in un matrimonio infelice (conclusosi con un doloroso divorzio) e nella nascita di Bobbi Kristina, che seguirà ben presto le orme autodistruttive della madre.
Tutto ciò ha provocato un crollo definitivo nella Houston, ormai intrappolata in una vita opprimente che non sentiva più sua e che ne ha spento il sorriso troppo rapidamente, a soli 48 anni.
Whitney: Can I Be Me – le mille sfaccettature di una stella cadente
Broomfield, seppur eccessivamente rapido nel narrare gli ultimi anni di vita di Whitney e pur tenendo conto dell’esigua componente di contenuti inediti all’interno del docufilm, è riuscito appieno nell’impresa di avvicinare il pubblico ad una figura complessa e, per molti versi, contraddittoria come quella di Whitney Houston: una donna estremamente legata a Dio eppure dedita al vizio, idolatrata dall’America bianca, anche se proveniente da un quartiere scosso dalle proteste degli afroamericani, innamorata della musica ma senza prendersi davvero cura del proprio dono.
Tralasciando alcune falle stilistiche, dunque, “Whitney” è riuscito a mostrare le diverse sfaccettature e ad omaggiare una stella cadente che si è bruciata troppo in fretta, ma che ha lasciato una scia indelebile nella storia della musica.
Sonia Buongiorno
Trama
- Titolo originale: Whitney: Can I Be Me
- Regia: Nick Broomfield
- Cast: Whitney Houston
- Genere: Documentario, musicale, colore
- Durata: 90 minuti
- Produzione: Gran Bretagna, 2017
- Distribuzione: Eagle Pictures
- Data di uscita: 24 Aprile 2017
“Whitney” è un documentario sulla vita della cantante (e attrice) di successo Whitney Houston, che ci ha lasciati nel 2011. Dopo cinque anni dalla sua morte l’autore di successo Nick Broomfield ritorna a raccontare la sua storia.
Whitney Elizabeth Houston sin dalla giovane età cantava come corista di Chaka Khan, Lou Rawls e Jermaine Jackson. Il 1983 è l’anno del suo primo contratto che prevedeva un disco che sarebbe stato distribuito in tutto il mondo con l’etichetta “Arista Records” di Clive Davis.
Da quel momento in poi solo successi ma anche l’inizio di un percorso amoroso, ricco di scandali e non solo che la porta lentamente nell’oblio fino alla dipendenza dalle droghe.
Whitney: la volontà di esplorare
“Posso essere la mia migliore amica, ma anche la mia peggiore nemica”: autodefinizione della cantante e annuncio del documentario (dopo il controverso film dedicato alla star, ma disapprovato dalla famiglia) sulla vita di Whitney, appunto, affidato dalla BBC al regista inglese Nick Broomfield, celebre per essere l’autore del documentario su un’altra icona della musica, Kurt Cobain, e come pochi capace di scavare nella vita delle persone in questo caso della star americana, la cantante più premiata e amata del mondo.
Tra scene di vita quotidiana, interviste a colleghi ed amici che offrono qualche parola in memoria di una delle voci più potenti mai esistite, e non mancano spezzoni dei più belli ed emozionanti concerti, “Whitney” ci rivela il percorso di crescita di una delle stelle più amate della musica mondiale e come questo stesso successo l’ha portata ad un epilogo tragico e drammatico.
Come suo solito fare Broomfield, vuole scavare nella profondità per scoprire “le forze che hanno portato alla nascita e poi alla distruzione della cantante”.
Trailer