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L’uomo che sussurrava ai cavalli – Recensione

Dal caso letterario al caso cinematografico, “L’uomo che sussurrava ai cavalli” di Robert Redford è una storia d’amore verso l’uomo, la natura e gli animali, i veri grandi protagonisti della pellicola

(The Horse Whisperer) Regia: Robert Redford – Cast: Robert Redford, Kristin Scott Thomas, Sam Neill, Diane Wiest, Scarlett Johannson, Chris Cooper – Genere: Drammatico, colore, 166 minuti – Produzione: USA, 1998 –  Data di uscita: 16 ottobre 1998.

luomochesussurravaaicavalliTratto dall’omonimo romanzo di Nicholas Evans, che rimase fortemente affascinato dall’incontro avvenuto nel 1993 con un fabbro del South West dell’Inghilterra che gli raccontò le vicende di alcune particolari persone che possedevano il dono della guarigione in caso di trauma da caduta da cavallo, mediante una tecnica che prevedeva proprio il mormorare parole agli animali. Questo strano incontro diede vita al suo primo romanzo, successo mondiale tradotto in ben trentasei lingue.

Robert Redford nel 1998 attua la trasposizione del romanzo sul grande schermo e vuole accanto a sé Kristin Scott Thomas, Sam Neill, Dianne Wiest, Chris Cooper e la piccola Scarlett Johansson rispettivamente nei panni di Annie e Robert MacLean, Diane e Frank Booker, Grace MacLean. È lui stesso invece a voler interpretare il ruolo dell’intrigante “sussurratore” Tom Booker. Le prove attoriali sono ottime e ad ognuno sembra calzare a pennello il ruolo del personaggio assegnato.

Il film racconta dunque la storia della piccola Greace affezionatissima al suo bellissimo cavallo, Pilgrim. I due sono vittime di un tragico incidente in cui perdono la vita una sua cara amica e il suo cavallo, investiti da un tir. Grace si salva ma perde l’uso di una gamba e la voglia di vivere nonché quella di cavalcare. Il suo Pilgrim resta gravemente ferito e diventa praticamente intrattabile. È Annie a rintracciare Tom Booker che in un primo momento non accetta la proposta perché il cavallo sembra irrecuperabile ma poi cambia idea e riesce perfettamente nel suo intento. Le sue dolci parole però non incantano solo il cavallo…

La sceneggiatura è scritta in maniera davvero onorevole da Eric Roth e Richard LaGravenese, che però cambiano radicalmente alcune parti del romanzo. Il film è ambientato nel Montana, in uno splendido ranch immerso nella natura chiamato Double Divide, dove si mescolano in perfetta armonia intense emozioni, magiche avventure e meravigliosi amori. La bellezza dei luoghi immortalati toglie il fiato, il silenzio dei boschi e delle valli buca lo schermo, l’intelligenza e la sensibilità degli animali lascia senza parole. In tutto questo splendore paesaggistico contrapposto drasticamente a quello caotico newyorkese, si toccano temi di straordinaria importanza come i problemi di famiglie apparentemente perfette, i drammi adolescenziali, la paura di morire, la solitudine straziante, la voglia di farla finita e l’amore. Amore che in questo caso è anche quello verso gli animali, che oggigiorno purtroppo sembra venire sempre meno perché l’uomo è troppo impegnato a distruggere la natura e a ricercare piaceri ed emozioni in situazioni sempre più complesse.

Nel film invece, pur trovandosi dall’altra parte dello schermo, si assapora il piacere e l’emozione che può trasmettere una cavalcata attraverso paesaggi da sogno e soprattutto lontani dallo stress metropolitano. Brillante accompagnamento poi sono le splendide musiche che risultano perfette per lasciarsi alle spalle i problemi e tuffarsi senza paura nella vita alla scoperta di nuove emozioni e in qualche caso nuovi amori…anche se impossibili. Redford proprio come Evans ha saputo dare spazio alla sensibilità dell’animo umano reso migliore dalla natura stessa, che è sempre così perfetta nella sua straordinaria purezza.

Il messaggio è che proprio come gli animali si sforzano e fanno del loro meglio per comprenderci, trovandosi talvolta davanti a menti davvero folli, anche noi uomini, che ci crediamo così al di sopra di ogni cosa e creatura, dovremmo mettere da parte il nostro egocentrismo e prestare più attenzione e queste splendide e intelligentissime creature che ci donano incondizionatamente il loro amore senza chiedere (e spesso senza ricevere) nulla in cambio. Creature pronte a dare la loro vita per quella del loro padrone e in molti casi a trasmettere e infondere la voglia di ricominciare da zero. Perché è questo che fanno gli animali, aiutano a vivere meglio. Ed è proprio questo uno degli insegnamenti del film che possiamo inoltre leggere tra le emozionanti righe del romanzo: “A volte quella che sembra una resa non lo è affatto.

È qualcosa che avviene nel profondo del nostro cuore. Significa vedere con chiarezza di cosa è fatta la vita, accettarla e viverla con coerenza, qualunque siano le conseguenze, perché il dolore che proveremmo decidendo di non viverla sarebbe molto, molto peggiore”.

Giusy Del Salvatore

L’uomo che sussurrava ai cavalli – Recensione

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