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A Good American: un incontro ravvicinato

“A Good American” è un docu-thriller su e con Bill Binney, critto-matematico e direttore tecnico per 30 anni della NSA (National Security Agency). Il protagonista ci spiega come in realtà l’attentato  alle Torri Gemelle (e non solo questo) dell’11 settembre 2001, potesse essere evitato.

A Good American: un film sulla morale

bill binney

Il critto-matematico e analista Bill Binney.

Dal 2 marzo 2017 sarà distribuito al cinema “A Good American” , un film di Friedrich Moser, sulla storia del brillante code-braker Bill Binney e del programma di sorveglianza ThinThread. Il regista Friedrich Moser e il protagonista (del documentario ma anche della vicenda stessa) Bill Binney sono oggi intervenuti durante la conferenza sul film durante la quale hanno cercato di trasmettere una verità.

“A Good American” non vuole essere un film sulla tecnologia o sulla politica anche se il fatto stesso che si parli di un software potrebbe suggerirlo. Ma è un film sulla morale e sui valori di una volta che sembrano essere scomparsi oggi.

Vuole raccontare come una sorveglianza di massa, quale è degli Americani, si sia potuta evitare con una soluzione soddisfacente. Il regista stesso dichiara il coraggio impiegato in questa impresa documentaria, durante la quale si scovano delle verità scomode.

A Good America: Bill Binney  dopo lo sfacciato tradimento

Bill Binney è un analista dell’Intelligence ed ex direttore Tecnico della National Security Agency degli USA, dove ha lavorato per più di 30 anni. Solo dopo aver scoperto che elementi del suo programma di monitoraggio di dati (ThinThread) erano stati utilizzati per spiare l’intera popolazione americana, dà le dimissioni.

Lo stesso Bill ci spiega come in realtà ThinThread fosse l’unico in grado di gestire quei trilioni di dati e che gran parte dei software generatisi adesso si sono sviluppati proprio da quel programma.

Aggiunge però con un po’ di rammarico e delusione che non solo gli hanno ‘rubato’ il programma, ma cosa ancor più grave gli hanno rimosso a questo i suoi ‘filtri di base’ ossia: la raccolta mirata (tutti i dati che non mostravano allarmi non venivano immagazzinati in modo tale da poter preservare la privacy dei cittadini), il filtro dell’anonimato (l’identità del soggetto su cui era stata rivelata l’allerta non poteva essere riconosciuta fino a quando non si aveva la certezza piena del dato).

E per ultimo la revisione automatica degli analisti, così si era all’oscuro dello scopo che si erano posti e in che modo utilizzavano il potere.

Lui disapprova il cambiamento avvenuto soprattutto dopo l’attacco alle Torri Gemelle, perché la NSA da allora giustifica la raccolta indistinta e non selezionata di dati con gli attacchi ricevuti. Cioè non ci si limita più a raccogliere solamente i dati dei gruppi sospetti di attività criminali o terroristiche, ma di tutte le persone.

“Perché è questo quello che facevano, loro: raccoglievano dati a scopo di potere. Io volevo difendere il mio paese, ecco perché quando siamo stati traditi – noi cittadini – dal nostro stesso governo mi sono sentito in dovere di denunciare”. Aggiunge poi “Finché avrò vita continuerò. E se mi dovesse succedere qualcosa sapete chi è il responsabile”.

A Good America: il coraggio di denunciare

In “A Good American”, un documentario spaventoso, agghiacciante, triste, risalta il coraggio sia di Bill, di denunciare il potere, ma anche del regista nell’affrontare un argomento così delicato, che avrebbe potuto scatenare non poche polemiche o critiche.

Stando alle dichiarazioni del regista non ci sono stati problemi nel fare le riprese, o nell’affrontare l’argomento anche dopo essere stata investigata dal ministero della Difesa. Il suo scopo era far comprendere a tutti, ma anche a lui stesso come si fosse arrivati in questa situazione, dove siamo noi cittadini ad essere nemici dello Stato, diversamente dal periodo della Guerra Fredda.

“Voglio dimostrarlo attraverso una storia personale, molto singolare: quella di Bill Binney”. Solo quando si trovò ad ascoltare le dichiarazioni dell’analista rimase perplesso e anche disorientato, perché non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere.

Allo stesso modo coraggioso il protagonista di “A Good American”, che da dipendente del governo ha denunciato frodi, sprechi (utilizzavano il programma scopo di lucro) e corruzione. Ma ovviamente, Bill ci racconta come tutti si coprivano a vicenda perché consapevoli di essere colpevoli. Coraggioso dopo una retata dell’FBI dove falsificarono le prove contro di lui.

Per sua fortuna Bill ci dice che era in possesso di prove che dimostravano la non veridicità delle accuse e di conseguenza si sarebbe effettuata la radiazione e l’avvio ad una causa penale. “Sapevo che il mio amico aveva il telefono sotto controllo, proprio da loro, quindi lo chiamai e gli lessi l’atto in cui dichiaravo di volerli denunciare per prosecuzione malevola, e casualmente un mese dopo le accuse su di me vengono ritirate. Erano spaventati, non potevano permettere che uscisse fuori la verità”.

Da acuto, capace, preciso analista Bill Binney dice di avere la gente dalla sua parte. Il suo paese sono gli Stati Uniti, lo stesso paese che lo ha denunciato, che lo ha tirato fuori dal suo stesso programma, ma lui intende quello del popolo non del governo, quello della gente che si approccia alla sua storia, quella raccontata, in “A Good American”, in maniera silenziosa e curiosa.

Roberta Perillo

24/02/2017

A Good American: un incontro ravvicinato

 

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