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Alex Britti critica l’uso dell’auto-tune: “Oggi chiunque può proclamarsi cantante”

Il cantautore romano Alex Britti ha espresso preoccupazione riguardo alla crescente popolarità dell’auto-tune nel panorama musicale moderno. In un’intervista a “La fisica che ci piace”, il programma di Rai 2 condotto dal professor Vincenzo Schettini, Britti ha discusso le implicazioni di questo strumento nella musica pop e il suo impatto sulle nuove generazioni di artisti.

La nuova era della musica pop

Nel contesto musicale contemporaneo, l’auto-tune è diventato un elemento quasi indispensabile nel processo di registrazione e produzione. Britti ha sottolineato come, nonostante la complessità e le sfide presentate dalla musica pop moderna, oggi sia possibile diventare un “cantante” senza avere le capacità vocali necessarie. “Con l’auto-tune, anche se non sai cantare, fai il cantante,” ha affermato. Questo fenomeno solleva interrogativi sull’autenticità delle performance musicali e sulla preparazione artistica degli esecutori attuali.

Alex Britti critica l’uso dell’auto-tune: “Oggi chiunque può proclamarsi cantante”

Secondo Britti, ciò che una volta richiedeva anni di studio e pratica, ora sembra essere accessibile a chiunque grazie a tecnologie avanzate e strumenti digitali. La sua analisi indica che, mentre i cantanti di ieri dovevano necessariamente possedere doti naturali per emergere, oggi il successo può dipendere più dall’immagine e dalla costruzione di un personaggio piuttosto che da abilità vocali genuine.

Le preoccupazioni per le ultime generazioni

Alex Britti ha anche messo in evidenza come le ultime generazioni di cantanti stiano operando in un contesto diverso rispetto a quello in cui si sono formati artisti come lui. “Le nuove generazioni lavorano meno sulla cassa di risonanza,” ha affermato, evidenziando l’importanza dell’interazione diretta con il pubblico e il potere della performance dal vivo. La sua riflessione va oltre la semplice critica all’auto-tune; egli suggerisce che l’uso prevalente del microfono ha cambiato radicalmente il modo in cui i giovani artisti si approcciano alla musica.

Britti spiega come, nella sua gioventù, i musicisti fossero costretti a sviluppare una tecnica vocale robusta poiché spesso si trovavano a suonare in spazi privi di attrezzatura audio. L’assenza di tecnologia a supporto significava che per farsi ascoltare era fondamentale avere una voce potente e una buona tecnica di canto. Oggi, invece, molti artisti sembrano dimenticare l’importanza di queste fondamenta, abituandosi a una performance più “facile” che fa leva sulla tecnologia anziché sul talento naturale.

L’impatto sulla qualità musicale e sull’arte

La riflessione di Britti pone in luce un dibattito più ampio relativo alla qualità della musica contemporanea e all’autenticità artistica. In un mondo in cui le piattaforme digitali dominano il panorama musicale, l’arte pare subire l’influenza di variabili come la vendita e il marketing. Il cantautore romano denuncia che la dipendenza da strumenti come l’auto-tune potrebbe portare a una proliferazione di contenuti musicali che non sono necessariamente di alta qualità, ma che si affermano grazie a strategie di marketing efficaci.

In questo scenario, la figura del cantautore tradizionale, che unisce abilità tecniche e qualità artistiche, rischia di svanire. Britti sottolinea l’importanza di tornare a considerare la musica come una forma d’arte, piuttosto che un semplice prodotto da vendere. Perché la musica non sia solo intrattenimento, ma anche espressione profonda di sentimenti e storie da raccontare, è indispensabile che i nuovi artisti recuperino competenze e sensibilità che oggi sembrano trascurate. Queste dichiarazioni, che saranno ulteriormente esplorate nel programma di domani sera su Rai 2, offrono uno spunto di riflessione per appassionati e professionisti del settore musicale.

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