Recensione
Alive in France – Recensione: un documentario che racconta il rapporto tra il cinema e la musica
Il regista Abel Ferra dirige se stesso in un documentario girato nel corso di una rassegna che lo ha visto protagonista, intitolata “Addiction at work” organizzata dalla prestigiosa Cinémathèque de Toulouse. Per l’occasione, l’artista è salito sul palco per una serie di concerti rock con i suoi vecchi amici e sodali Paul Hipp e Joe Delia, da sempre compositori di tutte le colonne sonore dei suoi lavori.
“Alive in France” inizia con l’arrivo in Francia del duo di musicisti, accolti da Ferrara e famiglia. Il maestro è ospite d’onore di un festival e ha con sé la bella e giovanissima moglie Cristina Chiriac e la piccola Anna di soli tre anni. Sono tutti in attesa del rapper Scholly-D, membro della band, che non arriverà mai per problemi legali.
Un autoritratto senza filtri del regista nella recente inedita versione priva di dipendenze
Il documentario prende le mosse da questa piccola storia che sarebbe nulla se non ci fosse lui, il ruvido regista e cantante. L’organizzazione delle serate, quattro tra Tolosa e Parigi, è ovviamente all’insegna del caos totale, al pari di quello che probabilmente regnava sul set dei suoi capolavori. Una camera nervosa segue Ferrara, che non nasconde più di una volta il suo cattivo carattere, ma anche il suo lato tenero di papà e marito.
La musica è chiaramente parte integrante del lavoro dell’artista, che ha un discreto talento come cantante. La sua figura piegata e un tono di voce rauco ricordano molto Tom Waits. Le liriche, scritte da lui stesso, sono un omaggio ai beautiful loser americani. Del resto, anche se da diversi anni l’autore vive in pianta stabile in Italia e più precisamente a Roma, è pur vero che nelle sue vene scorre il sangue di New York, città raccontata egregiamente in “Il cattivo tenente” e nel film degli esordi “The Driller Killer”.
É girato senza fronzoli “Alive in France”, al pari di “Piazza Vittorio” del 2017. Il risultato finale lascia emergere un uomo nuovo, non privo di ruvidezza ma anche capace di grande affetto per la piccola Anna e la bellissima Cristina, sul palco nei concerti nei panni di corista. Ferrara la presenta al pubblico con grande enfasi dicendo ”She is my wife, the love of my life”, un omaggio all’amore ritrovato per la vita dopo tanti anni tormentati.
Il documentario è candidato al premio Ceil d’Or come Miglior Documentario al 70° Festival di Cannes ed è distribuito dalla Mariposa Cinematografica, da sempre attenta alle produzioni indipendenti di nicchia.
Ivana Faranda
Trama
- Regia: Abel Ferrara
- Cast: Mia Bablalis, Anastasia Balan, Laurent Bechad, Richard Belzer, Philippe Bérard, Cristina Chiriac, Joe Delia, Pj Delia, Abel Ferrara , Anna Ferrara, Paul Hipp, Dounia Sichov
- Genere: Documentario, colore
- Durata: 79 minuti
- Produzione: Francia, 2017
- Distribuzione: Mariposa Cinematografica
- Data di uscita: 20 Maggio 2019
Candidato al premio L’Œil d’Or per il Miglior Documentario al 70° Festival di Cannes, “Alive in France” di Abel Ferrara ci mostra un lato inedito del controverso e anticonformista regista, trasportandoci nel tour in cui ha eseguito dal vivo le colonne sonore dei propri film più importanti.
Alive in France: uno sguardo inedito
“Alive in France” mostra tanti aspetti meno noti di Abel Ferrara: la sua passione per la musica, il modo sarcastico di coinvolgere il pubblico, l’amore per l’incantevole figlia e la moglie e il legame con gli amici di vecchia data.
I concerti, svoltisi in occasione della retrospettiva sul cinema di Ferrara promossa dalla Cinémathèque de Toulouse, diventano così un originale pretesto per ripercorrere un pezzo di storia del cinema. “Alive in France” segue da vicino l’intimo rapporto tra film e colonne sonore, tra un regista e la sua arte, e parla tanto sia agli appassionati della Settima Arte che agli amanti della musica.
Abel Ferrara e la musica: una passione mai sopita
Abel Ferrara nasce a New York nel 1951, da una famiglia di origini italo-irlandesi: il padre è un bookmaker che ha scelto di cancellare l’origine napoletana, cambiando il cognome da Esposito a Ferrara. Si avvicina al cinema sin dai tempi del liceo, e da lì inizia a coltivare la sua passione per il cinema. Conosce Nicholas St. John, con cui condivide da subito l’amore per il rock e il grande schermo. Durante l’università Abel viene coinvolto nelle grandi contestazioni e, insieme a St. John, scrive canzoni, poemi e le prime tracce dei cortometraggi in Super8, formando anche un gruppo rock, dove lui è cantante.
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