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Amori che non sanno stare al mondo

Recensione

Amori che non sanno stare al mondo – Recensione: amare oggi secondo Comencini

amori che non sanno stare al mondo scena

È una piacevole scoperta il film di Francesca Comencini “Amori che non sanno stare al mondo”, che invita e guida lo spettatore a riflettere e a interrogarsi su innumerevoli tematiche radicate nella società contemporanea.

Il tema dell’incapacità di amare, del troppo amare e, più in generale, della difficoltà di conciliare i rapporti e le relazioni sociali con i sentimenti e le emozioni, sembrano emergere prepotentemente nelle opere artistiche degli ultimi anni e, in particolar modo, nella settima arte. Dal toccante lavoro di Zvjagincev, “Loveless”, il cui focus è sull’assenza di amore, all’amore intrappolato nelle maglie sociali di Comencini, i registi ci stanno suggerendo che “l’amor che move il sole e le altre stelle” è cambiato irrimediabilmente, ponendoci di fronte ad un dilemma morale.

Gli esseri umani non sono più in grado di amare, o meglio di ‘consapevolizzare’ l’amore: non sanno come inserire l’amore nel contesto sociale, come vivificarlo, come nutrirlo e, soprattutto, come legittimarlo, presentandolo agli altri e a sé stessi. L’amore mistico è demistificato, l’amore passionale spassionalizzato, l’amore per sé e per gli altri è egotico e narcisistico. L’amore insomma non può essere più sincero, perché la sincerità è messa a dura prova dall’immagine.

A questa e ad altre riflessioni ci invita Francesca Comencini, la quale ci mostra l’amore in una prospettiva di genere interessante, facendoci indossare distrattamente i panni di Claudia, donna nevrotica e sconclusionata ma, significativamente, dalla memoria di ferro. Claudia infatti non dimentica mai una faccia, ricordandosi di chiunque attraversi, anche di passaggio, il sentiero della sua vita.

In “Amori che non stanno stare al mondo” vediamo i volti che costellano l’universo di Claudia e impariamo insieme a lei la differenza tra l’età reale e quella economica di una donna sul mercato sessuale. Dopo la fine della relazione tra Claudia e Flavio – l’altro protagonista della vicenda – la crisi di mezza età fa scivolare lui tra le braccia di una ventenne. Lei però non può fare altrettanto, non le è possibile trovare un altro uomo perché, nel mercato delle relazioni, Claudia non ha più “valore”. Claudia inizia dunque una relazione gay, in quanto il mondo omosessuale non è intaccato dalle logiche di questo “deprezzamento femminile”, che si acuisce esponenzialmente con l’avanzare dell’età.

La relazione saffica con Nina è dunque quasi una scelta obbligata, l’unico modo per una donna di trovare l’amore dopo i quarant’anni, sempre se di amore si tratta. In realtà, ciò che cercano i protagonisti è sovente non l’amore in sé, ma piuttosto il bisogno di accudimento. Tale necessità di accudimento materno, come mostra la scena emblematica al museo (in cui Claudia urla contro Flavio), si rivela forse la causa scatenante di rottura della coppia. Essa è, in realtà, una necessità mutuale: anche Claudia infatti, ricercherà il maternage nella relazione con Nina. Lei non è innamorata della giovane, ma ne vuole fagocitare l’affetto, le chiede di baciarla ancora una volta, di confortarla, di accoglierla.

Flavio e Claudia, quindi, una volta svanito o naufragato l’amore, cercheranno conforto e sostegno, che gli sono necessari e vitali forse ben più dell’amore stesso.

Nel finale però Comencini ci dice che Flavio si chiuderà in questo bisogno-sogno mentale di affetto, mentre Claudia riuscirà a liberarsene e a vivere, infine, in maniera consapevole. La paura della solitudine e della morte, quindi – sembra suggerire Comencini – rischia di far adagiare l’uomo in questa urgenza di confortevolezza e sicurezza, mentre la donna può trovare il modo di uscire da questa gabbia sicura per vivere, infine, con il fardello della libertà, che è tanto brutale quanto salvifica per lo spirito.

Entrambi i finali delle due storie di vita, quindi, sono amari: uno, quello maschile, lo è nel midollo, ma da fuori appare dolce; l’altro, quello femminile, è amaro e insopportabile dal di fuori, mentre intimamente afferma una dolce libertà. L’agrodolce c’è per entrambi, in una società dove la paura del reale vince l’uomo e la brutalità del reale vince la donna, che appare infine più libera della controparte maschile, ma che rimane sola.

Amori che non sanno stare al mondo: da Io e Annie a Io e Flavio

“Amori che non sanno stare al mondo” è ricolmo di situazioni e dialoghi alleniani, e sembra quasi voler fare da contraltare femminile al capolavoro di Woody Allen del 1977, “Io e Annie”.

Questa operazione, purtroppo, non sempre è riuscita e spesso appare molto acerba e forzata in alcune scelte dialogiche e di caratterizzazione dei personaggi. La causa di tale sensazione di forzatura è forse da imputare alla sceneggiatura a sei mani, che potrebbe essere responsabile di aver impiantato nel film più materiale del necessario. È anche vero che è difficile raccontare al cinema la nevrosi al femminile in maniera originale, credibile e divertente, in quanto si devono fare i conti con una codificazione cinematografica maschile e alleniana estremamente potente ed efficace. Ci voleva sicuramente un po’ di labor limae in più, però l’esperimento è lodevole, coraggioso e interessante, e alcune trovate sceniche sono estremamente godibili.

In realtà, più che nei dialoghi, il tono comico e nevrotico più autentico e nuovo – in ultima istanza più originale e “declinato al femminile” – emerge dallo straordinario lavoro fatto con trucchi e costumi, che rendono appieno le sfumature caratteriali e maniacali della protagonista in primis, e in generale dei personaggi tutti. Ed ecco una Claudia “elegantemente sciatta”, intenta a mettersi il rossetto nei momenti più improbabili (anche quando è in lacrime), che veste con una coperta colorata, che si infila un cappello a falda larga appena sveglia. E poi l’amica della protagonista, Diana, che appare sullo schermo sempre con la giusta manicure e un aspetto curato (e che rimprovera all’amica di non badare alla ricrescita). C’è poi l’aspetto delle donne più giovani e sicure di sé, la seduttiva e un po’ gipsy Nina e la nuova ragazza di Flavio: ad entrambe Claudia rimprovererà una gonna “decisamente troppo corta”.

Oltre a trucco e parrucco, la pellicola mostra molti altri punti di forza. Gli attori sono tutti bravissimi e “in parte”; il montaggio è molto efficace nel ripercorrere a ritroso e per salti temporali la storia dei protagonisti (ma forse lo è un po’ meno nella proposta delle scene d’archivio); la regia si dimostra davvero interessante in numerosi punti. Bellissime, delicate e veritiere le scene di sesso e quelle di nudo in generale, ritratte con movimenti di macchina sapienti e ben dosati. Incantevoli i primi piani, che mostrano volti, rughe e dettagli in maniera incisiva. Meno efficaci le panoramiche e i campi lunghi, ma anche le inquadrature dei dialoghi, che sono, talvolta, decisamente troppo statiche, specialmente se confrontate con il contenuto dinamico ed emotivo di un intenso scambio di battute.

In conclusione, nonostante qualche “fronzolo” di troppo, “Amori che non sanno stare al mondo” è un film pregevole, in quanto solleva domande, riflessioni, spunti e approfondimenti davvero inusuali nel panorama cinematografico italiano. Il tono leggero del film, inoltre, permette di penetrare queste riflessioni con agilità, avvicinando lo spettatore con estrema delicatezza a nuclei meditativi che sono invece profondi e viscerali. 

Marta Maiorano

Trama

  • Regia: Francesca Comencini
  • Cast: Lucia Mascino, Thomas Trabacchi, Carlotta Natoli, Iaia Forte, Valentina Bellè, Camilla Semino Favro
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 92 minuti
  • Produzione: Italia, 2017
  • Distribuzione: Warner Bros Italia
  • Data di uscita: 29 novembre 2017

Amori che non sanno stare al mondo locandina

Amori che non sanno stare al mondo

La regista italiana Francesca Comencini dirige “Amori che non sanno stare al mondo” tratta da un suo romanzo. La storia si focalizza sui personaggi di Flavio e Claudia, entrambi docenti universitari, che hanno personalità contrastanti, ma nonostante ciò si sono amati in modo intenso. Dopo essersi lasciati, Claudia continua a sperare in un ritorno di fiamma, mentre Flavio corre dietro a un’altra donna che è attratta da una sua ex studentessa.

“Amori che non sanno stare al mondo” è una commedia che arriva a guardare ben oltre la superficie delle cose, dove si esplorano a fondo le complicate relazioni amorose tra le risate e le acute riflessioni dei vari personaggi.

Il film viene definito dalla regista stessa un adattamento davvero attento e, senza lo sguardo giusto e il corpo giusto a dare vita a quei personaggi da lei creati, non ci sarebbe stata nessuna trasposizione cinematografica. La Comencini sa esattamente come poter leggere l’animo delle donne e di conseguenza sa come rappresentarlo, senza contrapporlo all’animo maschile.

Amori che non sanno stare al mondo: Francesca Comencini e il romanticismo

Con “Amori che non sanno stare al mondo”, la regista Francesca Comencini disegna il modo in cui la maggior parte delle persone si rapportano con la vita dopo la rottura con la persona amata. A tutti capita di vivere queste situazioni e di trovarsi in determinati stati emotivi.

Così come molte commedie, anche questa è pensata per far rispecchiare al massimo lo spettatore nei protagonisti, dando uno sguardo a quelle complesse relazioni amorose e riuscendo ad andare oltre la superficie, facendo sì che il sorriso e la riflessione possano coesistere nello stesso spazio.

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