Recensione
Ananda: il diario di viaggio del regista Stefano Deffenu in India
Nel 2011 Stefano Deffenu fa un viaggio in India con l’amico Pierre Obino alla ricerca della mitica tribù dei bambini Ananda. É l’occasione di ritrovare una parte di se stesso attraverso il fratello gemello Giancarlo che morirà nel 2013. Si parte dal traffico infernale di Bangalore per proseguire a Gokarna, non lontana da Goa ex paradiso dei frikketoni. É la città sacra a Lord Shiva, dio della creazione e della distruzione. A lui, è dedicato il Maha Shivaratri, una colorata processione con una torretta portata a mano dai fedeli in cui si buttano delle banane per buon augurio.
La narrazione parte da questi tocchi di cultura induista per far entrare lo spettatore nello spirito del viaggio intrapreso dal regista. Lui non si vede mai ma appare il suo amico Pierre, il tipico viaggiatore con zaino in spalla e capelli rasta. Stefano è la voce narrante che ci porta da Bharti Baba, un guru che sa dove trovare i bambini Ananda. Forse, dice lui, sono in Himalaya a Manala, piccola cittadina che si dice fondata da Alessandro il Grande. Lì, i farang (gli stranieri) non possono toccare gli abitanti, pena una multa di 1000 rupie.
Si parla di viaggi in “Ananda” e si fa attraverso le riprese sporche fatte con una camerina da dilettante. Eppure, c’è tutto il fascino dell’India con i bambini sorridenti, i vecchi senza denti e le donne abbigliate con coloratissimi sari.
Un documentario fatto con poco ma estremamente interessante
Ananda vuol dire in sanscrito: “gioia”, “beatitudine”, “delizia”, “felicità”; nell’induismo, l’Ananda è un tipo di beatitudine spirituale e trascendente. Ananda era anche il nome di un cugino del Buddha, uno dei suoi principali discepoli.
Il senso dell’opera è tutto in questa parola che racchiude la ricerca di altro, perso nella vita robotica di tutti i giorni. Alla fine, poco conta dove sono e se realmente esistono i bambini Ananda. Questo è il viaggio interiore di un uomo, il regista che cerca nei visi sorridenti degli indiani il fratello gemello sparito da qualche parte. Girato male, ma poco conta, il film lancia un messaggio che arriva forte e chiaro e fa venire voglia, dopo due anni terribili di pandemia, di riprendere in mano lo zaino messo da parte e di ritrovare gli odori e i sapori del mondo lontano.
Un lavoro imperdibile per ogni viaggiatore e per chi ama la cultura indiana.
Ivana Faranda
Trama
- Regia: Stefano Deffenu
- Genere: Documentario, colore
- Produzione: Italia, 2020
- Durata: 60 minuti
- Distribuzione: Il Monello Film
- Data di uscita: 23 marzo 2022
“Ananda” è un documentario diretto da Stefano Deffenu, presentato in anteprima nazionale alla 55° edizione del Karlovy Vary International Film Festival.
Ananda: la trama
Il regista racconta il suo viaggio in India nel 2011 alla ricerca della tribù dei bambini Ananda, che secondo una leggenda vivono da soli. Essi, si dice, appaiono e scompaiono, sulle strade polverose dell’Himalaya .
Note di regia
“Ananda è una mia personale ricerca verso una pace che probabilmente non troverò mai. Un viaggio alla ricerca di me stesso, ma anche di mio fratello, che in un certo modo ritrovo nei visi dei bambini e nella loro gioiosa anarchia e che mi ha portato dalla Sardegna fino alle pendici dell’Himalaya. Una ricerca che non è finita con il ritorno a casa, ma è continuata per dieci lunghi anni in un viaggio doloroso che ha trovato la sua catarsi in un misto di sorrisi e lacrime, musica e immagini, divinità, saggi, antichi maestri e fantasmi. Dieci anni che non sono comunque bastati a supplire a una mancanza gigantesca. La mia prospettiva era di realizzare un film personale che elevasse il film documentario al di sopra del solito diario di viaggio turistico occidentale. Nel film, Ananda non è lo stato di sublime delizia dell’induismo, ma una tribù di bambini eternamente gioiosi che hanno deciso di vivere liberamente. Il tema del film è il ritorno a un’infanzia perduta, che però allo stesso tempo è sempre dentro di noi, fa parte della nostra vita e anche della nostra anima”.