Recensione
Balto e Togo – La leggenda: l’eccezionale Corsa al Siero
“Balto e Togo – La leggenda”, di e con Brian Presley nei panni del protagonista, racconta la storia di Seppala, pescatore norvegese trasferitosi a Nome per lavorare nelle miniere d’oro, e della straordinaria Corsa al Siero per salvare la popolazione della sua città, di cui fu primo volontario insieme ad altri musher e i cani da slitta, in particolare Togo, per cui venne in seguito realizzata una statua.
Dopo la morte della moglie, Seppala (Brian Presley) sprofonda in un terribile dolore che appare insuperabile. Solo grazie alla figlia Sigrid e alla promessa fatta alla moglie Kiana (Talliah Agdeppa) di prendersi cura della piccola, tenta di rinascere e di continuare a vivere pur non riuscendo mai a elaborare il lutto.
Col passare degli anni il coraggio, l’affetto e l’ammirazione per Seppala aumentano sempre di più, visto dagli abitanti di Nome come un eccellente musher, vincitore indiscusso delle gare tra slitte di musher e cani che si svolgono in città.
Nel 1925 un’epidemia di difterite inizia a colpire i bambini di Nome, contagiando quasi l’intero villaggio, suscitando la preoccupazione del sindaco e il terrore tra tutti gli abitanti. Tra consigli che si riuniscono e proposte del Governatore che risultano impraticabili il tempo scorre velocemente, i contagiati aumentano e iniziano a contarsi le prime vittime.
L’unica possibilità per prendere il Siero contro la malattia, custodito a Nenana, diventa quella di affidare l’impresa ai musher e alle loro slitte trainate dai cani. Seppala, offertosi volontario, è in prima linea insieme al suo husky Togo e ad altri cani. Parte così una staffetta, dove Seppala sarà il musher a percorrere più chilometri di tutti, e di cui Togo sarà protagonista diventano famoso. La loro vicenda verrà chiamata così la Corsa del Siero.
Spettacolari distese di neve, fiumi ghiacciati e paesaggi mozzafiato capaci di suscitare stupore e meraviglia sono elementi essenziali della narrazione. In un contesto del genere, una slitta trainata da husky appare l’unico e miglior mezzo di trasposto, da percorsi brevi e gare ai più lunghi mai realizzati.
“Balto e Togo – La leggenda” con una grande attenzione alla fotografia, alla scenografia e ai costumi, attraverso l’ambientazione, è una delle migliori rappresentazioni della vita, delle abitudini e degli splendidi paesaggi che circondano le cittadine dell’Alaska, in questo caso particolare di Nome. L’emozione che si prova nella prima parte del film ammirando le montagne, le colline e i prati innevati che si estendono a perdita d’occhio non è assolutamente la stessa che ci si aspetterebbe di avere nei confronti di un fatto come quello narrato che è passato alla Storia.
Racconto informativo
Amicizia, affetto, coraggio, resistenza e tenacia sono tutti i temi legati alla vicenda, ma quasi nessuno di questi viene chiaramente espresso. Basandosi esclusivamente sul raccontare gli eventi, sulle decisioni prese e sul calcolo dei chilometri percorsi, i personaggi risultano appena abbozzati, dal futuro già scritto e prestabilito.
La storia, nota e conosciuta allo spettatore, non lo è di certo ai protagonisti che, senza alcuna caratterizzazione, prendono scelte coraggiose e importanti nel giro di pochi secondi, senza alcun dubbio, forse per rappresentare prontezza e senso pratico, ma dando invece l’idea di un qualcosa di ovvio e di certo, solo perché è stato documentato. Ma la Storia e la trasposizione cinematografica non possono essere uguali, o il film, come nel caso di “Balto e Togo – La leggenda” diventa solo informazione cronologica dei fatti, senza pathos, emozione o senso morale.
Nonostante la Corsa del Siero sia un’operazione di salvataggio sorprendente e incredibile, il film non riesce a trasmetterla fino in fondo.
Il dramma dell’epidemia, il tempo che scorre troppo velocemente con il contagio che si propaga a dismisura tra i bambini e le proposte avanzate per prendere la decisione migliore accadono troppo in fretta, improvvise, quasi dal nulla, ai limiti dell’inverosimile. Non basta che qualcosa succeda: l’interesse nei confronti del percorso e dei vari passaggi che hanno portato a quella situazione e a quell’impresa sono sempre di primaria importanza.
Una storia di per sé forte non può essere il solo elemento a rendere il film ugualmente d’impatto. La stessa Corsa per portare il siero a Nome è caratterizzata da brevi scene dei musher a capo delle mute di cani che percorrono strade ghiacciate. Gli stessi husky, protagonisti della vicenda, non occupano poi gran parte della storia.
Balto e Togo – La leggenda: oltre la storia vera
Tra dialoghi piatti e un’interpretazione ridotta al minimo e sicuramente alterata dal doppiaggio, le immagini più impressionanti e commoventi sono quelle finali di repertorio, in cui vengono mostrati Togo, Seppala e gli altri musher e husky che hanno contribuito a salvare la popolazione di Nome.
L’unica particolarità, oltre all’ottima tecnica, riguarda un interesse verso il simbolismo del lupo che Seppala vede, sia nei sogni che nella realtà, emblema e raffigurazione del lutto per la morte della moglie, del dolore che non riesce a superare, essendo il lupo un animale che vede come presagio di un qualcosa di terribile che sta per accadere. Un animale che sa che, un giorno, non vedrà più. Un peccato quindi per un film che appare semplicemente divulgativo e che poteva davvero lasciare qualcosa allo spettatore.
Giorgia Terranova
Trama
- Titolo originale: The Great Alaskan Race
- Regia: Brian Presley
- Cast: Brian Presley, Treat Williams, Brad Leland, Henry Thomas, Bruce Davison, Will Wallace, Brea Bee, James Russo, Eva Abshire, Adam Ambruso
- Genere: Avventura, colore
- Durata: 87 minuti
- Produzione: USA, 2019
- Distribuzione: Notorious Pictures
- Data di uscita: 3 settembre 2020
“Balto e Togo – La leggenda” è stato presentato in anteprima al Giffoni Film Festival 2020 ed è tratto da una storia vera; è il terzo film basato sull’impresa conosciuta come la Corsa del siero, quando nel 1925 i cani da slitta svolsero un ruolo fondamentale nel salvare la città di Nome, in Alaska. Amicizia, dedizione, tenacia e fedeltà sono i temi su cui si basa il film.
Balto e Togo – La leggenda: la trama
Leonard Seppala è un pescatore norvegese che si trasferisce a Nome per lavorare nelle miniere d’oro. Col passare del tempo diventa un eccellente e stimato muscher, nome dato ai conducenti di mute di cani da slitta che deriva dalla parola inglese di “incitamento” che viene detta agli animali per farli avanzare “mush”.
Leonard è molto legato al suo cane Togo che traina spesso le slitte insieme ad altri cani con lui. Poco dopo conosce Kiana con cui si sposa e da cui ha una figlia Sigrid, che dovrà crescere da solo, senza Kiana che muore poco dopo il parto.
Quando un’epidemia di difterite colpisce la città, isolata a causa di una tempesta di neve che avvolge anche i territori circostanti, Seppala ed altri muscher partono alla volta di Nenana, dove era custodito il potente siero contro la malattia. In prima linea tra i cani da slitta, il siberian husky di Seppala, Togo, diventato poi famoso proprio dopo la così detta Corsa del siero.
Le parole del regista su “Balto e Togo – La leggenda”
“Erano dieci anni che pensavo di fare questo film”, dichiara il regista Brian Presley. “Non c’era nessuno a Hollywood che scommettesse sulla mia idea, ma nel mio cuore sapevo che era una storia che doveva essere raccontata. Ogni altro film o libro sulla Great Serum Run of Nome, raffigura Balto e Gunnar Kassan come gli unici eroi. Facendo delle ricerche ho scoperto invece che un cane da slitta di nome Togo e il suo proprietario Leonhard Seppala avevano in in realtà macinato più chilometri di tutti ed erano i veri salvatori della popolazione di Nome. Le loro storie meritavano di essere raccontate, quindi ho deciso descrivere il copione usando il punto di vista di Seppala. Quando ho iniziato a fare ricerche sull’argomento, sono andato in Alaska e ho trascorso 8 giorni a meno 25 gradi, partecipando a una spedizione di slitte trainate da cani lungo il Mare di Bering. In questo modo, ho potuto comprendere appieno la forza e il coraggio necessari per vivere in condizioni così difficili.
Il messaggio di questo film è che dal vero altruismo e dalla fede, specialmente nelle condizioni più avverse, può nascere la versione più potente dell’amore”.