Recensione
Barriere – Recensione: come uno scontro generazionale porta alla frantumazione dell’unità familiare
“Barriere” è la trasposizione cinematografica dell’opera teatrale “Fences”, vincitrice del Premio Pulitzer per la drammaturgia e del Tony Award. L’opera è stata scritta nel 1983 da August Wilson, che ha completato la sceneggiatura del film prima della sua morte, avvenuta nel 2005.
La pellicola segue le dinamiche interne di una famiglia afroamericana degli anni ’50. Il netturbino Troy Maxson è un capofamiglia apparentemente rispettabile: cerca di mantenere i suoi familiari, lotta per i diritti che gli spettano e difende i suoi figli dai loro sogni impossibili, che rischierebbero di deluderli. Quando il figlio minore, Cory, disubbidisce alla richiesta del padre di abbandonare ogni speranza di diventare una stella del football, tra i due nascerà un conflitto; da qui la facciata felice della modesta vita di Troy comincerà a sgretolarsi pezzo dopo pezzo, portando alla luce il marciume celato.
A livello temporale quello messo in scena è un periodo caldo per il movimento dei diritti civili delle persone di colore, ma, nonostante questo sia presente nel film, rimane molto sullo sfondo dell’intera vicenda.
Il tema principale di “Barriere” è incentrato più su una porzione di vita reale e sullo scontro generazionale di metà Novecento in una famiglia di bassa estrazione sociale. Viene mostrato come un padre-padrone possa completamente annichilire un’intero nucleo familiare dipendente da lui, seguendo la sua logica errata per tutelarlo.
Nonostante i vari scontri che si vengono a creare a seguito di varie vicissitudini, la pellicola dimostra come il sangue di un padre scorra in ogni figlio.
Barriere: il dolce recinto familiare che diventa un muro ostile
Il nome del film è tratto dal recinto, in inglese ‘fences’ appunto, che Troy all’inizio deve costruire intorno alla sua casa, anche se non sa bene il motivo, dato che a volerlo è sua moglie Rose. Un recinto, uno steccato, una barriera serve solitamente a due cose: escludere qualcuno o rinchiuderlo in qualcosa. Il recinto di legno intorno alla casa, come asserisce l’amico di Troy, Bono, potrebbe essere per Rose un dolce simbolo per custodire i suoi amati familiari all’interno dell’abitazione.
La recinzione viene completata solo quando la quiete familiare è stata già inclinata, portando all’innalzamento di barriere sentimentali dei personaggi stessi nei confronti di Troy, che vanno ad aggiungersi ai muri che erano stati alzati da lui verso i figli, così poco apprezzati seppur amati.
Barriere: la maestria di Denzel Washington e la presenza scenica di Viola Davis
Il film segna il ritorno alla regia di Denzel Washington dopo dieci anni dall’ultima e seconda pellicola, “The Great Debaters – Il potere alla parola”. La sua maestria è emersa nella scelta di un cast formato principalmente da solo sette attori loquens, ovvero che interagiscono nella trama, mentre altri personaggi vengono nominati, ma mai mostrati.
Oltre al ridotto cast, il regista ha usato pochi luoghi per le sue riprese, che si svolgono soprattutto intorno e dentro l’ambiente casa; le vie di Pittsburg, invece, vengono mostrate di rado ed un’unica volta, verso la fine, il pub dove si reca Troy, nonostante venga nominato sin dalle prime scene.
Washington, però, non ha solo diretto il film, ma ha anche interpretato il personaggio di Troy, riuscendo a rappresentare grandemente la massiccia presenza opprimente dell’uomo nella famiglia, incentrando su di lui molte più scene di quante siano dedicate agli altri personaggi.
A bilanciare l’enorme figura di Troy, ci pensa quella di Rose, interpretata da Viola Davis, che occupa la scena in modo magnifico, trasmettendo ogni sentimento dolce od oscuro che passa per la testa del suo personaggio. Washington ha chiaramente puntato su di lei per trasmettere allo spettatore commozione e pathos, infatti l’attrice vanta per l’interpretazione la vittoria di un Golden Globe, un Critics’ Choice Movie Award come Miglior attrice protagonista e una candidatura agli Oscar per la stessa categoria.
Barriere: il personaggio di Jim Bono e altri punti di forza del film
Interessante è il personaggio di Jim Bono, interpretato da Stephen Hederson McKinley, che sembra essere un’importante figura interna al testo cinematografico e allo stesso tempo esterna, come uno spettatore che guarda e di tanto in tanto interviene su qualche scena appena vista, commentando. Ad una più attenta analisi, Jim risulta essere molto come noi, osserva Troy, gli va a genio, ma rimane deluso dall’uomo che credeva fosse a inizio film.
“Barriere” ha, inoltre, un curioso risvolto musicale con l’inserimento della canzone sul cane Blue, cantata sempre senza musica, che Troy introduce all’inizio della pellicola, ricordando come suo padre l’abbia creata, e continua a ritornare in tutto il corso del film, concludendolo. La canzone, che somiglia più ad una filastrocca, ha il compito di mostrare come il sangue scorra di padre in figlio, infatti essa viene cantata dai figli di Troy che l’hanno imparata da lui, a cui a sua volta l’ha insegnata il padre.
Una delle più grandi protagoniste dell’opera è sicuramente la fotografia, che ha scelto di puntare sui colori per mostrare gli affetti dei momenti. Si è optato per colori scuri, poco luminosi e sul tono del grigio o del marrone per gli attimi di tristezza; mentre le occasioni gioiose sono cariche di luce e colori vivi, così come si chiude la bellissima ultima scena della pellicola.
Barriere: il piccolo difetto statico e il legame teatrale
“Barriere” ha anche qualche pecca: la stasi. È ovviamente un film con poca azione, ma risulta a volte troppo didascalico, a causa delle grandi porzioni di parlato e di dialoghi che potrebbero apparire superflui. Il piccolo neo è presto giustificato proprio dalla sua origine, essendo, infatti, tratto da un testo drammaturgico è ovvio che risulti a volte troppo parlato; bisognava fare solo qualche piccolo taglio per fare in modo che scorresse più naturale verso la fine.
Il legame con il teatro è percepibile anche dalla costruzione diegetica del film, che si muove come un atto teatrale di scena in scena, tuttavia questo effetto, voluto o no, risulta spesso stimolante se applicato al cinema.
In definitiva “Barriere” merita di essere visto e sicuramente di aggiudicarsi almeno uno dei quattro Oscar (Miglior film, attore e attrice protagonista, sceneggiatura non originale) per cui è candidato.
Erika Micheli
Trama
- Titolo originale: Fences
- Regia: Denzel Washington
- Cast: Denzel Washington, Viola Davis, Brandon Jyrome Jones, Mykelti Williamson, Russell Hornsby, Stephen Henderson, Jovan Adepo, Saniyya Sidney, Dontez James, Mark Falvo, Kelly Moran
- Genere: Drammatico, Colore
- Durata: 139 minuti
- Produzione: USA 2016
- Distribuzione: Paramount Pictures
- Data di uscita: 23 Febbraio 2017
“Barriere” si svolge negli anni ’50 quando Troy Maxon, l’ex stella del baseball dopo essere stato espulso dalla Major League perchè afro-americano si ritrova a lavorare a Pittsburg come spazzino.
L’ episodio, anche se passato, è ben fermo nella mente dell’uomo e lo porterà a rompere l’equilibrio all’interno della famiglia quando il figlio Cory disubbidisce al padre e si presenta ad un provino per il football che gli potrebbe far vincere una borsa di studio per un’università.
Troy non vuole che il figlio si avvicini al mondo dello sport temendo che gli possa accadere la stessa cosa.
Una lotta contro il razzismo negli USA, tra sofferenze e continue battaglie per poter mantenere la propria famiglia.
La pellicola di Washington ha ottenuto 4 nominations agli Academy Awards del 2017, vincendo il premio Miglior attrice non protagonista grazie alla straordinaria ed efficace interpretazione di Viola Davis.
Trailer