Recensione
Black Mexicans – Recensione: Il Messico e i suoi discendenti africani invisibili
Con “Black Mexicans” Jorge Pérez Solano dirige un grande piccolo film su una comunità di neri messicani che vivono quasi ruralmente sulla Costa Chica nella regione di Oaxaca in Messico. Sembra strano che in Messico solo l’uno per cento della popolazione sia nera e che tutti quei tristi fenomeni di razzismo e/o classismo che persistono nella società contemporanea siano legati al colore della pelle ed eventualmente alla percentuale di melanina nel sangue.
Alcune di queste comunità dei discendenti africani si sono stabiliti in delle zone rurali, dove hanno a che fare delle dinamiche non troppo diverse dai loro luoghi di origine, con un forte contatto con la natura, qui rappresentata da paradisiache spiagge bianche che orlano un mare cristallino e un grande fiume pulito, inserito in un meraviglioso paesaggio fatto di dune, foreste e piccoli porti.
Il regista ci racconta la storia di una di queste comunità con la rappresentazione di una serie di scene di vita quotidiana nelle quali inserisce la vicenda di Juana e Magdalena, due donne che abitano sulle due sponde del fiume, legate allo stesso uomo di nome Neri. Questa sorta di bigamia, sembra non sconvolgere troppo nessuna delle parti, e anzi non mancano i gesti di solidarietà tra le due famiglie.
Black Mexicans: attori non professionisti per un affresco privo di giudizi su un certo tipo di realtà sociale
“Black Mexicans” è un film che va visto senza i pregiudizi che invadono le menti, è un film che va visto come un affresco che vuole ritrarre fedelmente una realtà sociale senza giudicarla, ma semplicemente descrivendola. Con quest’ottica si possono non vedere molte delle scene che gli attori interpretano come degli stereotipi sulla popolazione nera, senza etichettare e condannare questo gruppo sociale come maschilista, con quest’ottica si può godere appieno della visione.
Il film è recitato completamente da soli attori neri non professionisti, e naturalmente qualche spigolosità la si nota, a volte sembra che gli interpreti stiano leggendo un testo scritto e che lo stiano leggendo anche male, ma alcuni di loro riescono a comunicare delle emozioni profonde, con degli sguardi significativi.
Paradigmatica la scena in cui una della figlie di Magdalena, viene fatta scendere da un autobus per un controllo documenti insieme ad altri individui, il controllore la chiama “negra”, lei i documenti non li possiede, l’unica maniera che ha per farsi riconoscere la cittadinanza messicana è quello di cantare l’inno nazionale, lì di fronte agli astanti. Il fatto che i neri della comunità si chiamano tra di loro negro e negra, negrito e negrita e con tutta una serie di altri appellativi che fanno riferimento al colore della pelle, senza preoccuparsi troppo di essere politically correct, dona una certa freschezza al plot, così come una serie di siparietti in cui alcuni di loro parlano direttamente alla videocamera, oppure recitano poesie o cantano strofette relative alla loro cultura. Sembra quasi che il regista non voglia nascondere la sua intenzione nel realizzare non soltanto un film ma anche un documentario che renda giustizia a coloro che non vengono considerati.
Molte scene sono dei meravigliosi ritratti paesaggistici dell’incontaminata costa e dello splendido fiume, ma anche, in alcune riprese subacquee, dei bei fondali marini. In questi contesti gli abitanti pescano con fiocine o con reti gettate da piccole imbarcazioni, trattano molto del pesce, essiccandolo su griglie o stenditoi, ricevono in ristorantini arrangiati sulla spiaggia viaggiatori estremi che si sono avventurati fin lì.
Spicca durante la visione la ritmata canzone “El Zanate” di Bertim y su Condesa, che racconta di un misero merlo messicano, odiato perché le sue piume sono nere, e non si può non metabolizzare tutta la riflessione di “Black Mexicans” sulla persistenza nelle nostre società di fenomeni di razzismo, classismo, discriminazione e addirittura di non riconoscimento di intere comunità che hanno l’unico torto di rappresentare una percentuale minima della popolazione totale.
Marco Marchetti
Trama
- Titolo originale: La Negrada
- Regia: Jorge Pérez Solano
- Cast:Magdalena Soriano, Juana Mariche Domínguez, Felipe Neri Acevedo Corcuera, Sara Gallardo, Ángela Hortencia Baños, Noé Corcuera Herrera
- Genere: drammatico, colore
- Durata: 102 minuti
- Produzione: Messico, 2018
- Distribuzione: n/d
- Data di uscita: n/d
Jorge Pérez Solano firma una produzione originale dal titolo “Black Mexicans” (titolo originale “La Negrada”), portandola in Selezione Ufficiale al Festival di Roma 2018.
Black Mexicans: triangolo amoroso messicano
“Black Mexicans” racconta la storia di Magdalena e Juanita, due donne afro-messicane, unite nella vita dal loro amore per Neri, sposato con la seconda, ma amante della prima. Questo triangolo non è però fonte di scandalo, in quanto si tratta di una pratica molto comune per gli abitanti della Costa Chica in Oxaca. Gelosie, passioni e fragilità di queste due donne sono il nucleo principale di questo intenso film, che pone l’accento sull’importante tematica, originale e poco conosciuta, dell’integrazione della comunità afro in Messico.
I protagonisti sono infatti afro messicani, e tramite le loro relazioni il regista apre una finestra sulla loro cultura e sulle loro tradizioni. Gli afro messicani rappresentano l’1% della popolazione messicana e non vengono riconosciuti come un gruppo etnico, ma sono spesso vittime di forti discriminazioni.
Black Mexicans: il cuore nero del Messico
Il regista Solano filtra la storia principale, evidenziando l’emarginazione di cui sono vittime i messicani di colore. Per aumentare la credibilità del progetto, Jorge Pérez Solano ha scelto un cast di attori non professionisti, per comunicare con maggiore effetto e sentimento la realtà immortalata.