Tratto da una storia vera, “Bling Ring” di Sofia Coppola osserva con sguardo critico il mondo della celebrità e la ricaduta di esso sugli adolescenti di oggi
Regia: Sofia Coppola – Cast: Emma Watson, Leslie Mann, Nina Siemaszko, Erin Daniels, Taissa Farmiga, Maika Monroe, Stacy Edwards, Gavin Rossdale, Israel Broussard, Halston Sage, Katie Chang, Brenda Koo, Claire Alys Julien, Deidre Arrington, Carlos Miranda, Joe Nieves, Rachelle Carson, Annie Fitzgerald – Genere: Drammatico, colore, 90 minuti – Produzione: USA, 2013 Distribuzione: Lucky Red – Data di uscita: 26 settembre 2013.
La regista Sofia Coppola torna alla regia con una pellicola ricca di spunti di riflessione, ispirata a un fatto di cronaca del 2008-2009. “Bling Ring” ripercorre la vicenda di cinque adolescenti californiani che, spinti dal desiderio cieco di essere come le star hollywoodiane, si introdussero nelle loro case, rubando una somma di denaro pari a oltre 3 milioni di dollari. Tra le vittime designate, sbucarono i nomi di Paris Hilton, Orlando Bloom, Lindsay Lohan o Rachel Bilson.
La Coppola sceglie di ritrarre la vicenda introducendo elementi fittizi, per farne un film a tutti gli effetti e non un documentario, pur essendosi informata tramite le interviste ai veri protagonisti e avendone anche incontrato uno.
In una Los Angeles scintillante e glamour, Mark conosce Rebecca e tramite lei tutto il resto della banda; ossessionati dalla moda, dallo stile delle star di Hollywood e dal bisogno di sentirsi famosi, i cinque adolescenti cominciano ad introdursi nelle case di alcuni loro idoli, rubando gioielli, scarpe, borse ed abiti firmati. Questa pulsione consumistica e angosciante verso l’oggetto viene resa molto bene nella pellicola, dominata da immagini di marche, paillettes, e gadget all’insegna del kitsch. Los Angeles e il suo esclusivo jet-set balzano agli occhi dello spettatore in tutta la loro falsità e vacuità.
Ciò che la regista riesce a trasmettere è un’enorme senso di angoscia e di tristezza verso questi adolescenti, vissuti in famiglie assenti o malate, ma colpevoli di aver scelto la droga e l’illegalità per colmare questo vuoto. L’insistenza su alcune immagini contribuisce ad acuire l’amarezza e, in molti casi la pietà, verso i carnefici-vittime. In particolare il personaggio di Mark viene delineato con maggiore accuratezza psicologica: si trasferisce in California, inizia una nuova scuola e si sente un perdente; la solitudine lo spinge ad attaccarsi a Rebecca e ad accettare i suoi propositi di piccola delinquente.
Sofia Coppola riesce a creare continuità rispetto a “Somewhere” del 2011 nel ritrarre con sguardo neutro e distaccato una realtà scintillante ma ricca di falsità e solitudine. In entrambi i film la regista insiste su particolari apparentemente secondari ma determinanti nel trasmettere sensazione di angoscia. Anche se in “Somewhere” le sequenze sono più lunghe e spesso fastidiose, lo stile registico ossessivo impronta anche “Bling Ring”, più sincopato e veloce però a differenza dell’altra pellicola. La musica accompagna molte delle scene, ma non le riempie, contribuisce insieme ai momenti di silenzio a rendere vuoti i divertimenti e i rapporti dei teenager di “Bling Ring”.
Un film che poco velatamente allude ai mali della società americana e che si prefigge di diffondere il concetto di “prevenire è meglio che curare” con convincente intensità. Sofia Coppola colpisce nel segno, riuscendo a destreggiarsi con attori semiesordienti, abili nel dare un volto al lato più inquietante dell’adolescenza americana.
Irene Armaro