Brady Corbet, regista di The Brutalist, ha fatto parlare di sé con dichiarazioni che hanno svelato una realtà poco nota del mondo del cinema. Nonostante il film, candidato a dieci premi Oscar tra cui miglior film, regia e sceneggiatura originale, non abbia portato alcun guadagno economico, Corbet ha preferito concentrarsi sulle difficoltà finanziarie che affliggono molti registi. In un’intervista rilasciata durante il podcast di Marc Maron, il regista ha raccontato come, dopo anni passati senza vedere liquidi guadagni dal cinema, abbia dovuto rivolgersi a lavori extra come la regia di spot pubblicitari in Portogallo. Questa situazione, condivisa con sua moglie e co-sceneggiatrice Mona Fastvold, mette in luce un problema diffuso nel settore: il valore artistico e il riconoscimento critico non si traducono sempre in conforto finanziario. Nei commenti, Corbet ha evidenziato aspramente che il percorso di promozione del film si è rivelato un lungo e dispendioso interrogatorio, lasciando il team senza un solo giorno libero. Le parole del regista risuonano non solo come confessione personale, ma anche come un monito per colleghi che si trovano a gestire situazioni analoghe in un panorama economico sempre più difficile.
Candidature Oscar e impatto economico
Il cammino di The Brutalist verso gli Oscar ha portato alla luce una contraddizione che attraversa il settore cinematografico. Nonostante il film abbia ottenuto dieci nomination, tra cui quelle per miglior film, regia e sceneggiatura originale, il successo sui palcoscenici dei premi internazionali non si è tradotto in risultati economici. Brady Corbet, il cui lavoro è stato ampiamente riconosciuto dalla critica e celebrato con premi come il BAFTA, ha ammesso apertamente che il film non ha generato profitti: la somma incassata dalle sale è stata “zero”. Questa dichiarazione, seppur sorprendente, sottolinea la difficoltà di far quadrare i conti nel mondo del cinema indipendente. Per anni Corbet e la sua compagna, Mona Fastvold, hanno messo in gioco la propria creatività senza ricevere ritorni economici, tanto da dover ricorrere a progetti esterni per sbarcare il lunario. Il regista ha spiegato che, non avendo guadagnato nulla dai due film precedenti, si è trovato costretto a dirigere spot pubblicitari in Portogallo, attività che lo ha visto immerso in un lavoro lontano dal glamour del grande schermo. Le candidature agli Oscar, seppur molto ambite e simbolo di qualità artistica, evidenziano come la promessa del successo critico possa convivere con una realtà improntata a difficoltà economiche, un aspetto che rimane sotto silenzio nell’entusiasmo delle produzioni. La situazione raccontata da Corbet getta luce su un sistema in cui il riconoscimento non viene automaticamente accompagnato da benefici economici, lasciando intravedere un settore in crisi dal punto di vista finanziario nonostante il prestigio internazionale dei titoli in lizza.
Campagna promozionale e impegni infiniti
Il regista ha paragonato il periodo dedicato alla promozione di The Brutalist a una vera e propria prova d’assedio, in cui ogni giorno era segnato da interviste e viaggi incessanti. Corbet ha spiegato: “Se guardi alcuni film presentati in anteprima a Cannes, è successo quasi un anno fa… voglio dire, il nostro film è stato presentato in anteprima a settembre. Quindi lo sto promuovendo da sei mesi. E avevo un reddito pari a zero perché non avevo tempo per andare a lavorare”. Queste parole raffigurano un quadro di sacrifici continui, in cui la necessità di promuovere il film ha costretto il regista a rinunciare a ogni forma di riposo o previsione di stabilità economica. Durante un’intervista con Marc Maron, quando gli è stato chiesto di commentare l’assenza di guadagni, Corbet ha risposto con tono fermo: “Esatto, zero. Abbiamo dovuto semplicemente vivere con lo stipendio di tre anni fa”. Il confronto con il lavoro promozionale ha assunto tinte drammatiche, definito come “un interrogatorio di sei mesi. Le interviste alla stampa sono illimitate. Viaggiamo costantemente e si lavora anche il sabato e la domenica. Non ho avuto un giorno libero dalle vacanze di Natale”. Le dichiarazioni evidenziano non solo la pressione mediatica, ma anche l’impegno infinito richiesto per mantenere alta l’attenzione sul film durante una campagna che prolungava la distanza dal normale ritmo lavorativo. Corbet ha inoltre evidenziato come molti colleghi, non meno premiati, stiano vivendo la medesima crisi finanziaria, al punto che “non riescono a pagare l’affitto”. L’intera dinamica descritta dal regista dipinge un quadro del mondo cinematografico in cui il riconoscimento artistico non si traduce in sicurezza economica, e in cui la promozione del proprio lavoro diventa un’attività a cui occorre dedicare energie e risorse a scapito della propria vita personale. Questi racconti e confidenze offrono uno sguardo crudo su un sistema che spinge artisti e professionisti a mantenere una resilienza notevole, nonostante le enormi pressioni economiche e organizzative.