Recensione
Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe – Recensione: un’opera fortemente metatestuale
“Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe” si apre su una scena profondamente emblematica rispetto alla natura del film stesso: un gruppo di amici, esponenti del movimento surrealista, è riunito in un ristorante parigino nei primi anni Trenta.
Gli amici discutono animatamente su quale sia lo scopo della loro arte in una ricostruzione molto ben costruita del panorama culturale dell’epoca. Ci sono riferimenti all’ascesa del fascismo, alla responsabilità dell’arte di cambiare il mondo e a quanto, invece, il potere dell’arte sia invece limitato ai pensieri. Uno dei personaggi più attivi in questo dialogo proclama con convinzione che sono i pugni a cambiare il mondo, alludendo alle ideologie spesso rivoluzionarie che si respiravano in simili circoli.
Questa discussione non viene mai risolta in maniera netta, ma allo stesso tempo staglia la sua ombra titanica sull’intero film. All’inizio Buñuel sembra voler realizzare il suo documentario “Las Hurdes” (1932) spinto da un bisogno di denuncia verso una sacca della popolazione spagnola in uno stato di totale abbandono e degrado.
Allo stesso tempo, però, il regista viene da una formazione surrealista e non riesce a lasciarsi alle spalle il rapporto conflittuale con Salvador Dalí, cosa che lo porta sin da subito a perdere di vista il proprio obiettivo iniziale per lanciarsi, invece, in una pessima, crudele celebrazione della morte, contestata più e più volte dai suoi colleghi.
Il contrasto tra l’utilità sociale di un’opera e il fascino morboso per la violenza è il pilastro portante della pellicola e pone lo spettatore davanti a una questione quanto mai irrisolta, specialmente al giorno d’oggi.
Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe: tre binari paralleli
L’anima metatestuale di “Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe” non vive solo nella grande domanda posta dal film, ma anche nella realizzazione dello stesso. La vicenda viene infatti narrata attraverso l’animazione, con uno stile che riprende l’omonima graphic novel, ma allo stesso tempo vengono integrate immagini in bianco e nero tratte da “Las Hurdes”.
In questo modo il documentario originale viene incastonato all’interno della pellicola grazie a scelte oculate che non risultano spiazzanti o fuori luogo.
Parallelamente a questi due filoni narrativi scorre quello dell’interiorità tormentata dell’artista, esplorata attraverso il regno dei sogni e delle allucinazioni. Buñuel è perennemente assillato da immagini che gli ricordano Dalí, l’amico che gli ha voltato le spalle nel momento del bisogno, e dal ricordo di un padre austero, incapace di dare al giovane Luis l’affetto di cui avrebbe avuto bisogno crescendo.
L’angoscia e il panico che pervadono la sua psiche vengono resi attraverso un immaginario dal grande potere evocativo, capace di creare un impatto immediato non solo in Buñuel, ma soprattutto nello spettatore.
Si tratta, insomma, di un’opera che esplora con mano ferma non solo questioni letterarie e cinematografiche, ma anche la figura di un grande regista e del suo produttore, il lungimirante e generoso Ramón Acín, fucilato nel 1936 perché anarchico.
L’unico avvertimento va agli spettatori più sensibili, a causa di alcune scene di crudeltà anche piuttosto grafica nei confronti degli animali.
Gaia Sicolo
Trama
- Titolo originale: Buñuel in the Labyrinth of the Turtles
- Regia: Salvador Simó
- Cast: Jorge Usón, Salvador Simó
- Genere: Animazione, colore
- Durata: 80 minuti
- Produzione: Spagna, Paesi Bassi, Germania, 2018
- Distribuzione: Draka
- Data di uscita: 5 marzo 2020
Il regista Salvador Simó porta al cinema “Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe”, trasposizione cinematografica della graphic novel a opera di Fermín Solís “Buñuel in the Labyrinth of the Turtles”.
Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe: storia di un uomo tormentato
Il film d’animazione segue le orme di Luis Buñuel, cineasta spagnolo, dopo lo scandalo che lo travolse a causa del suo lungometraggio d’esordio, “L’âge d’or”, realizzato in collaborazione con il celeberrimo Salvador Dalì.
Dopo questa burrasca, infatti, Buñuel finisce per distanziarsi dal suo collaboratore e di accettare invece l’offerta dell’amico Ramón Acín per lavorare a un documentario sulle miniere intitolato “Las Hurdes”.
Grazie all’uso misto di animazione tradizionale ed elementi estratti direttamente dall’opera originale, “Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe” riesce ad affrescare uno spaccato della vita quotidiana di un regista dilaniato dai rapporti conflittuali con Dalì, dalle pressioni sociali della società fascista e clericale e da un padre incapace di comunicargli affetto.
Cast e produzione
Salvador Simó può già vantare una carriera avviata per quel che riguarda il mondo della regia, ma “Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe” rappresenta il suo trampolino di lancio verso il un pubblico meno localizzato e più globale.
La pellicola infatti è stata insignita agli EFA del premio per la Miglior Animazione Europea 2019 e ha mietuto successi anche in altre kermesse, tra cui l’Annecy International Animated Film Festival.
La scenografia è stata curata da Salvador Simó, in collaborazione con Eligio Montero, mentre per quel che riguarda la produzione al film hanno lavorato Sygnatia, The Glow, Submarine, Hampa Studio, Telemadrid e Canal Extremadura Tv.
Sul territorio italiano la distribuzione è gestita da Draka.