Dopo “Pranzo di Ferragosto” e “Gianni e le donne” Di Gregorio torna sul grande schermo con un racconto ironico sulla possibilità di cambiare noi stessi per adattarci al mondo
Regia: Gianni Di Gregorio – Cast: Marco Messeri, Camilla Filippi, Valentina Lodovini – Genere: Commedia, colore, – Produzione: Italia, 2014 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 23 ottobre 2014.
Terza prova dietro alla macchina da presa per Gianni Di Gregorio, che confeziona una pellicola molto divertente, a tratti esilarante, sulle vicissitudini del povero Gianni, cui presta il volto lo stesso regista, un impiegato statale in procinto di andare in pensione che, come tanti, deve rimandare l’atteso riposo per il mutare repentino delle italiche leggi, che ci vogliono al lavoro finché abbiamo fiato in corpo.
Come non bastasse arriva contestualmente il trasferimento dalla sede principale, situata al centro, ad un distaccamento posto in periferia: è lo spunto per mettere in evidenza da un lato la difficoltà del povero impiegato ad adattarsi a questa nuova situazione, dall’altro l’abitudine cristallizzata nei decenni in tanta parte della classe impiegatizia a rimandare a domani quello che si potrebbe far oggi, sperando magari che domani possa farlo qualcun altro.
Ma è soprattutto l’occasione per parlare di una società in mutamento, dove se non fai la voce grossa non esisti, e il mite Gianni deve reinventarsi, per non soccombere al nuovo contesto lavorativo in cui viene inserito. Ma i mutamenti non possono essere settoriali, investono necessariamente tutta la sfera dei rapporti umani, compresi quelli con i propri familiari, e per Gianni se ne vedranno delle belle.
Una sceneggiatura spassosa, scritta a quattro mani da Di Gregorio e Pietro Albino Di Pasquale, sostiene il lavoro di un cast effervescente, dove spiccano Marco Marzocca e un divertentissimo Marco Messeri. Il De Gregorio attore è bravo quanto quello regista, la sua mimica regala allo spettatore dei momenti davvero esilaranti.
Bella la contrapposizione tra i rassicuranti palazzi del centro di Roma, attorniati dai vetusti monumenti, e la freddezza dei palazzi di periferia, tanto moderni ed accessoriati da godere quasi di vita propria.
Peccato che il film perda nel finale: nel Di Gregorio regista permane il problema del saper chiudere una storia, non per questo non godibilissima.
Maria Grazia Bosu