Recensione
Un film duro sul folle sterminio dei bisonti
Tratto dall’omonimo romanzo di John Williams, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, il film risulta principalmente un atto di accusa contro una delle stragi animali più radicali e spietate della storia, quella dei bisonti. Delle immense mandrie che a fine Settecento vagavano indisturbate nelle praterie centroamericane, si stima allora una popolazione di oltre sessanta milioni di esemplari, un secolo dopo ne restavano poco più di cinquecento unità.
Il giovane bostoniano Will giunge a Butcher’s Crossing, uno sperduto avamposto di cacciatori di bisonti del Kansas, in un giorno di fine estate del 1874. E’ mosso dal desiderio di vedere coi propri occhi la Frontiera, non accontentandosi dei coloriti racconti che spopolavano nei giornali dell’Est. Will mette il suo gruzzoletto a disposizione di Miller, un veterano della caccia al bisonte, che proprio in quel periodo non si vuole accontentare dei magri guadagni che sta ottenendo. I capi di bestiame, infatti, dopo decenni di caccia selvaggia, cominciano a scarseggiare. Miller ricorda che anni prima era giunto per caso in una valle nascosta che letteralmente brulicava di bisonti. I sogni di Will e di Miller in qualche modo si fondono in una sola missione: ritrovare la valle e ritornare a Butcher’s Crossing col maggior numero di pelli possibile.
Questo l’incipit della vicenda, naturalmente anche i piani meglio organizzati possono imboccare sentieri inaspettati, vuoi per il caso, leggi condizioni climatiche avverse, vuoi per la cupidigia umana. Nelle difficoltà i peggiori istinti dell’uomo hanno il sopravvento, avidità, vendetta, violenza, regrediscono i protagonisti allo stato primordiale, dimentichi di ogni pratica civile.
Butcher’s Crossing: Nicolas Cage buca lo schermo
Un ispirato Nicolas Cage è il veterano Miller, Will è interpretato dal giovane Fred Hechinger; ecco, se dobbiamo segnalare un difetto evidente nel film è nell’interpretazione del pur volenteroso attore newyorkese. Se all’inizio della vicenda ben interpreta lo stupore per quel rude mondo della frontiera che tanto ha sognato, nel seguito del film quasi ‘esce’ dalla pellicola. Cage, qui in un interpretazione misurata e senza gli eccessi cui spesso ci aveva abituato, presto prende tutta la scena, e non potrebbe essere altrimenti. Paragonato al capitano Achab per la furia cieca con cui perseguita le sue prede o al colonnello Kurtz per una certa posa tragica, cranio rasato e occhi spiritati, Miller incarna l’incubo americano: sopravvivere alla violenza della natura e degli uomini per poi essere sconfitto dalle dure leggi del mercato.
Un film duro, un western che non concede nulla al romanticismo o alla poesia, nel complesso ben riuscito, anche se qualche perplessità rimane. Forse il regista Gabe Polsky e gli sceneggiatori si sono fermati un gradino prima della completa discesa agli inferi dei protagonisti, un film imperfetto che fa comunque riflettere e discutere, non è a questo che ambisce qualsiasi autore?
Daniele Battistoni