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Canone RAI: il costo rimane a 90 euro nel 2025, bocciato l’emendamento per la riduzione

Il canone RAI continua a tenere banco nel dibattito politico italiano, con il costo fissato a 90 euro per l’anno 2025, come stabilito dalla manovra finanziaria. Non ci sarà alcuna riduzione a 70 euro, contrariamente all’aspettativa creata da un emendamento presentato dalla Lega, che aveva ricevuto un iniziale beneplacito dal Ministero dell’Economia e di Fratelli d’Italia. Questo articolo esamina le ragioni e le implicazioni politiche legate a questa decisione, così come le tensioni interne alla maggioranza di governo.

Il voto contro l’emendamento della Lega

Il 26 novembre, il Senato ha respinto l’emendamento della Lega per abbattere il canone RAI a 70 euro, registrando 12 voti contrari e 10 voti favorevoli. La bocciatura è stata supportata non solo dalle opposizioni, ma anche da Forza Italia, che si è discostata dalla maggioranza. Fonti di Palazzo Chigi hanno sottolineato il malcontento della premier Giorgia Meloni, preoccupata per i continui scontri tra i partner di governo, che mettono a rischio la stabilità dell’esecutivo.

Canone RAI: il costo rimane a 90 euro nel 2025, bocciato l’emendamento per la riduzione

L’emendamento proposto puntava a una riduzione che avrebbe comportato una significativa perdita di entrate per la RAI, creando preoccupazioni rispetto alla sostenibilità economica del servizio pubblico. Il parere non allineato di Forza Italia ha aggiunto una dimensione ulteriore a una situazione già complessa, evidenziando la mancanza di unità all’interno della coalizione governativa.

Le ragioni alla base della mancata riduzione del canone

Il canone RAI rappresenta un’imposta sul possesso di un apparecchio televisivo, obbligatoria anche per chi decide di non fruire dei canali RAI. L’importo mensile è attualmente di 9 euro, che si riflette nella bolletta elettrica, oppure di 18 euro per le bollette bimestrali. La questione della sua riduzione mette in luce non solo la volontà di alcuni partiti di alleggerire il carico fiscale per i cittadini, ma anche le complicate dinamiche economiche connesse all’impatto delle entrate per la RAI.

Una riduzione del canone porterà a un deficit nelle casse della RAI, stimato tra i 420 e i 430 milioni di euro. La questione si complica ulteriormente quando si considera il legame storico di Forza Italia con Mediaset e il possibile innalzamento del tetto pubblicitario, che potrebbe sfavorire le emittenti private concorrenti. Queste considerazioni hanno indotto alcuni membri della maggioranza a unirsi alle opposizioni per bocciare la proposta della Lega.

Tensioni e conflitti all’interno della maggioranza

Nonostante gli appelli alla coesione da parte della premier Giorgia Meloni, le tensioni tra le forze politiche della maggioranza non accennano a diminuire. La giornata successiva alla bocciatura dell’emendamento ha visto una certa distensione nei toni, ma le frecciate tra Matteo Salvini, leader della Lega, e Antonio Tajani di Forza Italia continuano a rivelare fratture profonde. Salvini ha dichiarato che anche Silvio Berlusconi, storico leader del suo partito, considerava il canone RAI come una tassa.

Dall’altro lato, Tajani ha replicato che Berlusconi, poco prima della sua scomparsa, aveva raccomandato a Salvini di non insistere sulla questione del taglio del canone. Le polemiche si sono ulteriormente intensificate con la bocciatura di un emendamento di Claudio Lotito di Forza Italia, che ha ricevuto il sostegno della Lega soltanto con astensione, e con l’assenza della maggioranza durante la seduta della commissione di Vigilanza RAI. Questo scenario rivela una mancanza di unità che potrebbe influenzare futuri provvedimenti e l’andamento della legislatura.

Il dibattito sul canone continua, e le sue implicazioni sono destinate a restare al centro dell’agenda politica italiana nei prossimi mesi.

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