Oggi, al cinema Caravaggio di Roma, si è tenuta la presentazione di “Capri Revolution“, film di Mario Martone, autore di “Il giovane favoloso” e “Noi credevamo”.
Il film verrà distribuito nei cinema italiani a dicembre, in 150 copie.
Erano presenti alla conferenza il regista, Mario Martone, la co-sceneggiatrice Ippolita Di Majo e gli interpreti Marianna Fontana, Antonio Folletto, Eduardo Scarpetta e Donatella Finocchiaro.
Capri-revolution: mutazione e trasformazione
La prima domanda fatta al regista riguarda il finale della pellicola. Senza voler spoilerare la fine del film, Martone ha risposto semplicemente che il finale è simbolo di mutazione e trasformazione, di una migrazione dettata da una ricerca di “cosa c’è oltre il mare?”, una scoperta, uno spostamento dal micro-mondo rappresentato nella pellicola all’apertura al mondo intero.
Poi è stato chiesto all’autrice, Ippolita Di Majo, come abbia concepito il personaggio di Lucia. Lei ha dichiarato che, essendo questa la storia di una trasgressione, era necessario far partire la protagonista da una famiglia patriarcale, per poi farla incuriosire e innamorare di un’utopia di libertà e uguaglianza e portarla, alla fine, a trasgredire anche alle regole dell’utopia stessa, a prendere ciò che può da quella realtà e andare oltre, alla ricerca di sé, perché anche l’utopia ha un limite.
All’interprete Marianna Fontana è stato domandato cosa l’abbia più colpita di Lucia, e lei ha affermato di aver amato il suo spirito di curiosità e ribellione. Lucia vuole la libertà, e non solo quella di danzare nuda assieme agli altri membri della comune. È la sua anima a denudarsi, più che il suo corpo. Per calarsi nel personaggio, Marianna ha dovuto affrontare un lungo percorso di formazione. Ha dovuto imparare a portare le capre al pascolo, ha dovuto seguire un seminario sulla danza e il movimento scenico. Ha dovuto studiare il periodo storico, la comune che il pittore Karl Diefenbach creò a Capri tra il 1900 e il 1913 a cui la pellicola si ispira, i concetti filosofici elaborati da Joseph Beuys, fare proprio tutto questo per poi dimenticarlo e perdersi nell’interpretazione, nella storia di una giovane donna e della sua sete di conoscenza e libertà.
Ad Antonio Folletto è stato chiesto del suo rapporto-scontro con Seybu, il leader della comune. Il giovane medico che interpreta, così ha dichiarato l’attore, ha uno sguardo distaccato e scientifico, ma accalorato; guadagna tantissimo dal confronto con il leader filosofico. È uno scontro acceso, ma costruttivo. Martone ha aggiunto che il confronto è essenziale perché la verità è nel mezzo. La chiusura nelle proprie convinzioni è oscurantismo. Secondo il regista occorre certamente conoscere e fare le cose “giuste”, come ad esempio usare la medicina per curare una malattia, ma anche evitare di impedire a chi vuole di cercare alternative possibili.
Donatella Finocchiaro ha descritto il suo personaggio come una madre fatta di silenzi. La modernità di questa donna è nel conflitto che vive: trattenere sua figlia nella tradizione, o fuggire con lei? Restare con la famiglia o cercare altro, altrove? Come tutti gli altri personaggi di questo film, vive nel conflitto.
Solo i due fratelli, uno dei quali viene interpretato da Eduardo Scarpetta, vivono nel buio. Le loro scene sono sempre notturne, immerse nell’oscurità. Loro sono “le ancore che non si vogliono sollevare”. Per loro Lucia è pazza, e tradisce la sua stessa famiglia per la sua folle ambizione di voler cambiare il mondo. I due generano in lei il più grande dei conflitti: la scelta tra l’amore fraterno e la sete di conoscenza.
Capri-revolution: ispirazioni
Martone ha dichiarato che l’arte può essere rivoluzionaria. Per capirne l’importanza, basta provare ad immaginare un mondo senza musica. L’arte crea domande, movimento. Oggi il mondo è pervaso da rigidità. L’arte aiuta ad aprire la mente, per questo è fondamentale. Ma il film mette in guardia anche riguardo ai pericoli che questo comporta: quando si apre la mente, si rischia di esporsi. Si rischia di commettere molti errori. Ma è l’unico modo per evolvere.
È stato chiesto anche quanto il’68, la danza e l’arte contemporanea abbiano influenzato la sua rappresentazione della comune di Capri. Il regista ha confessato di aver scoperto “Monte Verità” attraverso la documentazione fotografica esistente e di averne tratto subito molte suggestioni. Ha letto, studiato, tratto ispirazione da molteplici fonti, a partire da Rossellini, Godard, il vegetarianesimo, la danza moderna e contemporanea, ma di aver poi dovuto “dimenticare” tutto, in virtù del fatto che al centro del racconto c’è una donna, la storia della sua formazione, della sua ricerca di libertà e nient’altro.
Nicola De Santis
11/12/2018