Al Pacino, nella sua opera seconda, fonde sapientemente teatro e cinema per raccontare l’incontro tra due scrittori falliti ma speranzosi
Regia: Al Pacino – Cast: Al Pacino, Jerry Orbach, Susan Floyd, Ellen McElduff, Michel Moinot – Genere: Drammatico, colore, 99 minuti – Produzione: USA, 2000 – Data di uscita: 19 giugno 2007.
Girato nel 2000, diretto da Al Pacino (che lo ha interpretato insieme all’amico Jerry Orbach), “Chinese Coffee” è stato proiettato per la prima volta in Italia in occasione del Festival Internazionale del Film di Roma 2008.
Peccato, perché “Chinese Coffee” (opera seconda del Pacino regista) è una piccola perla di genere che racconta, con i toni del dramma teatrale (è tratto da una pièce scritta da Ira Lewis), l’amicizia fra due uomini, scrittori falliti e disperatamente alla ricerca di riscatto. Harry Levine (Al Pacino) è uno scrittore squattrinato che, dopo due libri di scarso successo, cambia genere e porta il suo manoscritto a Jake Manheim (Jerry Orbach), amico e confidente, per chiedergli la sua opinione in merito. In una due ore notturna a casa di Jake, i due tirano fuori nevrosi e speranze, la disperazione dell’uno per la perdita dell’amore della sua vita, la reticenza dell’altro ad ammettere di aver letto un romanzo di potenziale successo, ma soprattutto la complessità dell’amicizia tra uomini adulti spiegata, in poche ma efficaci parole, dalla “tagline” del film: “Non mi fido di lui. E’ un mio amico”.
Nonostante la naturale reticenza a considerare bravi registi i bravissimi attori, Al Pacino ha dato dimostrazione di essere in grado di cimentarsi con un genere non propriamente facile.
Non si tratta del film drammatico ma della trasposizione del teatro nel cinema. Ciò che sul palcoscenico attiene prettamente al presente, e spesso è circoscritto a pochi personaggi (a Broadway, nello spettacolo teatrale, i soli due interpreti erano proprio Pacino e Orbach), nel film trova una sua perfetta connotazione cinematografica grazie ai tantissimi flashback, che Pacino utilizza per fornire maggiori dettagli circa il vissuto dei protagonisti.
Una perfetta commistione tra cinema e teatro, che si fondono tra di loro grazie ad una recitazione molto veloce, quasi priva di pause, tipica della performance teatrale, ed appunto grazie all’inserimento di una piccola serie di personaggi collaterali, fatti comparire nei tanti piccoli pezzi di memoria che, tutti riuniti, completano il puzzle di un’amicizia che si consuma in una notte.
d.c.