Attrice, cantante e regista francese, versatile e incisiva, è diventata una delle attrici di punta negli anni cinquanta. Ha incarnato il cinema francese per almeno 60 anni. Affascinante anche se non bellissima, è stata nella vita che sul grande schermo la donna ribelle che rivendica la sua libertà, pagandone alcune volte il prezzo. Nel 1995, è stata insignita del prestigioso Cesar d’Onore alla carriera, ciliegina sulla torta di una lunga carriera coronata da molti altri premi. Jeanne Moreau nasce a Parigi il 23 gennaio del 1928 da una madre ballerina delle Follies Bergerès. Inizia la sua carriera nel 1954 con piccoli ruoli ma viene scoperta dal grande pubblico con il ruolo di Florence in “Ascensore per il patibolo” di Louis Malle. Nel film, la moglie induce l’amante ad uccidere il ricco marito, ma le cose non vanno per il verso giusto. Ne firma la colonna sonora Miles Davis. Per lo stesso regista, è la scandalosa protagonista di “Les amants” (1958) tratto da un racconto di Dominique Vivant Denon. Nel 1960 Peter Brook la dirige in “Moderato cantabile – Storia di uno strano amore”. Sceneggiato da Marguerite Dumas, il risultato non è felicissimo, ma la Moreau mostra tutto il suo talento, al punto che a Cannes vince il premio come Miglior Attrice. Poi è la volta di Michelangelo Antonioni con “La notte” (1961) insieme a Marcello Mastroianni e a Monica Vitti. In una notte milanese una coppia borghese vede sfaldare la sua unione.
Ha lasciato il segno la sua canzone “Le tourbillon” in “Jules et Jim” di Truffaut del 1962.
Caschetto biondo e maglietta a righe, in “Jules et Jim” è una giovane donna che si divide tra due amici, uno francese e l’altro austriaco, molto diversi tra loro ma complementari. Tra i tre, è sempre e solo lei a condurre il gioco, per decidere, nel finale, di chiuderlo in modo drammatico. Jeanne Moreau è l’eroina del film manifesto della Nouvelle Vague e il tema del triangolo amoroso è affrontato con una classe mai più rivista sul grande schermo. Orson Welles la vuole nel cast de “Il processo” (1962), liberamente ispirato al capolavoro kafkiano. Nel 1964, ormai star conclamata, Jeanne è Céléstine nel film minore di Bunũel “Il diario di una cameriera”. L’odio antiborghese del regista è rappresentato nella storia di una domestica parigina, che va a lavorare in campagna presso una famiglia ossessionata dal senso del peccato. In “Viva Maria!” (1965) di Malle, Jeanne fa coppia con una giovanissima Brigitte Bardot, in un ironico western al femminile ambientato nell’Honduras d’inizio ‘900. Molto più cupo il personaggio de “La sposa in nero” di Truffaut del 1968, dove si assiste alla vendetta di Julie dopo aver perso il neosposo il giorno delle nozze. Con chiare influenze hitchcockiane, ispirerà molti anni dopo Tarantino per il suo “Kill Bill”. Nel 1970, accanto a Federico Fellini, l’attrice francese interpreta se stessa ne “Il mondo di Alex” dell’eccentrico Paul Mazursky. È una sorta di “Tropico del Cancro”, con scene piuttosto audaci, il film “I santissimi” di Bertrand Blier del 1974, che lancia Gérard Depardieu.
Il passaggio dietro la macchina da presa
Oramai Jeanne Moreau è pronta a fare il suo esordio dietro la macchina da presa con “Scene di un’amicizia tra donne” del 1976, dove racconta il difficile mondo attraverso i rapporti di quattro donne, tra cui lei stessa e Lucia Bosè. Torna alla regia per “L’adolescente” tre anni dopo e per “Lilian Gish” nel 1893. Con il bello del cinema d’oltralpe Alain Delon, l’attrice lavora in “Mr. Klein” di Joseph Losey, storia di un cinico mercante d’arte che da carnefice diventa vittima.
“Querelle de Brest “di Rainer Werner Fassbinder e “Nikita” di Luc Bresson
Gli anni ’80 la vedono come unica donna, in un film di soli uomini, ne “Querelle de Brest” (1982), considerato il testamento del regista maledetto Rainer Werner Fassbinder. Tratto dal romanzo di Genet, è incentrato sulle avventure del giovane marinaio Querelle, interpretato da Brad Davis, che cede alle lusinghe del suo tenente di vascello. Jeanne è Lysiane, moglie del proprietario del bordello locale. La messa in scena è molto teatrale e l’attrice francese è indimenticabile, mentre canta con la sua voce rauca “Ogni uomo uccide ciò che ama!”. Presentato a Venezia, il film ha grossi problemi di censura per il tema dell’omosessualità, trattato in modo piuttosto esplicito. Sono solo due scene, eppure la Moreau lascia il suo segno in “Nikita” di Luc Besson del 1990. Un anno dopo, è sul set del visionario “Fino alla fine del mondo” di Wim Wenders. Nel 1992 riceve il Leone d’Oro alla carriera a Venezia.
“Al di là delle nuvole”con Wenders, diretta da Antonioni
Dopo 35 anni e almeno 120 film è richiamata da Antonioni per quello che sarà la sua ultima opera “Al di là delle nuvole”, diretto a quatto mani con Wenders. È poi il tempo della prima regia teatrale tratta dal testo del premio Pulitzer Margaret Edson, “Un tratto nello spirito”, e della direzione all’Opera National di Parigi dell’opera di Verdi “Attila”. Nel 2001, Jeanne Moreau è stata un’incredibile Marguerite Duras al tramonto in “Cet Amour-Là” di Josée Dayan. Le due donne si conoscevano realmente e avevano lavorato insieme. Erano state grandi amiche divise in seguito dalla grande militanza femminista della scrittrice. La Moreau era perfetta per raccontare gli ultimi giorni d’amore di questa icona della letteratura con un giovane che l’adora. Il suo cameo, nei panni dell’anziana nonna del protagonista nel film dell’enfant prodige francese François Ozon “Il tempo che resta” (2005), è assolutamente sublime. Ultimamente la musa della Nouvelle Vague ha lavorato con il regista israeliano Amos Gitai in “Disengagement” (2007) e “Plus tard, tu comprendas…”. Nel 2012 è nel cast del film “Gebo et l’ombre”, del portoghese Manoel de Oliveira. Il suo ultimo film è stato “A Lady in Paris”, di Ilmar Raag, un doveroso omaggio alla sua città e alla sua lunga carriera. Madame è stata sposata ben tre volte e dal secondo matrimonio con il regista Jean Louis Richard è nato l’unico figlio Jerome.
Ivana Faranda