Un intenso e autentico racconto sulle favelas di Rio de Janeiro, sulle storie di violenza e passione che le popolano
Regia: Paulo Morelli – Cast: Douglas Silva, Darlan Cunha, Jonathan Haagensen, Rodrigo dos Santos – Genere: Drammatico, colore, 106 minuti – Produzione: Brasile 2007.
Vivere e morire a Rio de Janeiro, a pochi metri dai luoghi e dagli scenari naturali che rendono la Cidade carioca la “maravillha do mundo” che ogni anni strega milioni di turisti. La terrificante realtà delle oltre 600 favelas carioca era stata già raccontata con toni epici e patinati ( e per questo oggetto di forti critiche etiche e formali), dal fortunatissimo “City of God”, di Fernnado Meirelles.
Il successo della pellicola aveva portato alla realizzazione di una serie televisiva ambientata in quei luoghi e a base di storie di amicizia, droga e violenza. Uno dei registi di questa fiction, Paulo Morelli, a compimento di un progetto durato oltre 3 anni, ne ha tratto un lungometraggio che ha presentato al Festival Internazionale del Film di Roma, nell’ambito del Focus che nel 2008 il Festival capitolino ha dedicato al Brasile.
Morelli, presente in sala, introducendo il film ha sottolineato l’autenticità delle locations, delle storie e la grande libertà di copione concessa ai giovanissimi attori. La pellicola racconta di due amici per la pelle Acerola (Douglas Silva), orfano e suo malgrado già con figlio a carico, e Laranjinha (Darlan Cunha), abbandonato dal padre e cugino del boss della favela Morro da Sinuca, che, alle soglie dei 18 anni, si mettono alla ricerca della verità sui propri genitori. Sullo sfondo le cruente battaglie tra giovanissimi gangster che, armati fino ai denti, tentano di conquistare le favelas rivali con veri e propri blitz militari tra tradimenti, teneri amori, feste a base di droga e musica funky, in una realtà dove la società adulta, le regole civili e il controllo sono pressoché assenti.
Effettivamente le analogie soprattutto stilistiche con “City of God” sono numerose e ricorrenti, la costante camera a mano, una fotografia sporca e satura, un montaggio serrato quasi da videoclip, frequenti primi piani su visi e corpi lucidi e scolpiti (forse anche troppo), fragorose sparatorie tra ninhos per i quali la vita ha lo stesso valore di una dose di crack o di un ipod rubato sulla spiaggia di Copacabana.
Ciò che rende “Cidade dos Homens” differente e forse più maturo rispetto al capostipite di Meirelles, è l’approfondimento psicologico che Morelli dedica ai due protagonisti. Mentre “City of God”, grazie anche alla voce fuori campo e alla trama scorsesiana sul rise and fall di un narco boss e il percorso parallelo di un promettente fotografo, mirava a costruire un affresco collettivo ed accattivante su una realtà ancora inesplorata, il film di Morelli, pur in un contesto di violenza e degrado affronta il tema della paternità ed dell’amicizia in maniera disincantata e affettuosa, lanciando il messaggio, solo apparentemente retorico, che per interrompere il circolo vizioso della favelas “povertà-abbandono-crimine-morte”, è forse sufficiente costruirsi un cerchia di affetti come speranza di riscatto da un destino non necessariamente già scritto.
Vassili Casula