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Colazione da Tiffany – Recensione

Una storia senza tempo interpretata dall’icona di stile Audrey Hepburn e il romantico George Peppard

(Breakfast at Tiffany’s) Regia: Blake Edwards – Cast: Audrey Hepburn, George Peppard, Patricia Neal, Buddy Ebsen, Martin Balsam, Mickey Rooney, Dorothy Whitney, José Luis De Villalonga, Stanley Adams, John McGiver, Alan Reed, Claude Stroud, Elvia Allman, Orangey, Beverly Powers – Genere: Commedia, colore, 115 minuti – Produzione: USA 1961.

colazionedatiffanyHolly è una ragazza esuberante e straordinariamente bella che vive a New York intrattenendo i salotti dell’alta società nella speranza che qualche ricco signore la sposi. Paul è uno scrittore povero in canna che, in attesa che la sua passione diventi una professione, vive alle spalle della matura amante.

I destini dei due si scontrano: all’interno dello stravagante palazzo in cui abitano, tra feste chiassose, urla dei vicini svegliati in piena notte, un gatto senza nome, valigie sempre pronte e fughe dalla scala antincendio, cupido schioccherà la sua freccia. Dichiarato un classico della commedia americana “Colazione da Tiffany” fu reso celebre dall’ottima interpretazione dei due protagonisti e dalla loro complicità, l’icona incontrastata di stile Audrey Hepburn presta magnificamente il volto ad una vulnerabile ed eccentrica ragazza che cerca solamente un posto che la faccia sentire in pace come quando è da Tiffany e qualcuno che la salvi, mascherandosi da cinica e svampita donnetta.

Mentre George Peppard, lontano dall’essere il colonnello “Hannibal” della squadra degli A-Team, veste i panni dell’uomo moderno degli anni Sessanta, un romantico che non disdegna l’aiuto di una donna, che non si sente minacciato nella sua virilità, in trench, cravattino e brillantina fra i capelli, un uomo che nonostante tutto persevera in ciò che crede.

Tratto dall’omonimo romanzo di Truman Capote, la storia fu però modificata nella sceneggiatura di George Axelrod nominata all’Oscar. Il film fu diretto nel 1961 da uno dei più grandi maestri del genere, Blake Edwards, che segnò la pellicola con il suo inconfondibile tocco “rosa”, con le musiche affidate ad un fedele collaboratore del regista, il compositore Henry Mancini, che vinse due Oscar: uno per la colonna sonora e uno per la memorabile “Moon River”, il tema cantato dalla Hepburn in una scena del film.

Il mito e il fascino di questo lungometraggio, e della sua protagonista, sembra essere senza tempo. Ancora oggi infatti, vive radicato nella società contemporanea, seppur decisamente inflazionato dal potere dello star system, ci capita sempre più spesso di passare per un negozio e vedere una maglietta, una borsa, o un quadro raffigurante una scena o una celebre immagine dell’attrice tratta dalla pellicola.

Sonia Serafini

Colazione da Tiffany – Recensione

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