Recensione
Darling: Art House, anni Sessanta e anni Dieci
Nel 2015 usciva, per una selezione di cinema negli Stati Uniti (il rilascio più ampio sarebbe avvenuto l’anno successivo), “Darling”, l’ultima prova alla regia di Mickey Keating, che, accompagnato dallo straordinario talento di Lauren Ashley Carter, da sola a sostenere l’intero peso dell’interpretazione attoriale della vicenda, si rivelava una delle stelle emergenti del cinema horror contemporaneo. Oscillante tra un anelito “Art House” e un omaggio, forse a volte troppo estremo, ai classici degli anni Sessanta, “Darling” ci offre uno spaccato interessante sulle nuove tendenze del genere: citazione e rivisitazione, modelli conflittuali, mescolanza di elementi psicologici e gore, uso espressivo del bianco e nero, e molto altro ancora. Una piccola perla, che, nascosta, quasi scusandosi per il disturbo, ha raccolto sapientemente molte delle spinte più recenti dell’horror, e merita per questo di essere riscoperta.
I modelli
È facile rintracciare nell’opera di Keating almeno alcuni dei modelli fondamentali che l’hanno ispirata. Da Polanski (si pensi a “Repulsione”, 1965, ma soprattutto a “Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York”, 1968, di cui si riprende finanche il rosa del titolo contro il panorama urbano) alle interpretazioni manierate di Corman, fino a Wise, “Darling” è, forse soprattutto, un grande omaggio alla tradizione elegante e magniloquente degli anni Sessanta, fatta di turbamenti nascosti, di uno scambio fecondo tra Europa e America.
Angusta, talvolta, ma stilisticamente iper-consapevole: erano, d’altronde, gli anni di Truffaut e della Nouvelle Vague, di una rinnovata sensibilità verso la componente autoriale del cinema come mezzo espressivo e artistico, e molte volte già ne abbiamo parlato in questa rubrica. Ma “Darling” si scava un percorso parallelo, attento al revival anni Ottanta che ha informato buona parte del panorama cinematografico recente, e finisce per guardare anche al Kubrick di “Shining” (1980), giungendo infine all’Art House dell’ultimo decennio.
Il bianco e nero, nel 2015, era appena stato “riforgiato” nelle sue potenzialità dallo straordinario (e fin troppo ignorato) capolavoro di Ana Lily Amirpour, “A Girl Walks Home Alone At Night” (2014), che operava un simile mélange di generi (“uno spaghetti western iraniano di vampiri”, secondo le parole della regista), restituendo un prodotto di incredibile raffinatezza formale e, al contempo, crudissima resa delle immagini, intrise di sangue, violenza, e degrado. Ma “Darling” è anche contemporaneo di “The Devil’s Candy” (Sean Byrne, 2015), che quanto e più di altre opere coeve ha dimostrato le virtù della forma breve anche nel mondo dell’horror. Anni Sessanta e anni Dieci si fondono così in “Darling”, offrendoci un prodotto molto stilizzato che è allo stesso tempo una piccola, bella ricognizione della storia di un certo modo di fare arte.
La performance di Carter
Il film deve moltissimo alla straordinaria capacità attoriale di Lauren Ashley Carter, che impersona il personaggio principale, quello, appunto, della non meglio denominata Darling (“cara”). Sul viso di Carter leggiamo, progressivamente, la discesa nella follia di una persona rinchiusa in un appartamento dove il Male sembra concentrare ogni attenzione, senza mai rivelarsi. La geografia degli spazi è irrazionale, eccedente, come quella dell’Overlook Hotel, ma la Carter è a metà via tra Jack Nicholson e Mia Farrow, facendosi insieme interprete del ruolo della vittima e di quello del carnefice. Il suo omicidio, “l’abisso che chiama l’abisso”, è descritto nella maniera più brutalmente icastica possibile, come a farci percepire non solo quanto difficile sia restare vivi, ma anche quanta forza, quanto dispendio di energie, siano richiesti per schiacciare la vita fuori da un corpo. Il sangue traccia la faccia di Darling, e così noi scendiamo nella sua spirale di senso strabordante. Che in questo ci sia anche un tocco di Isabelle Adjani? Non lo sappiamo. Quello che però possiamo dire con certezza è che la Carter, e Keating con lei, si stanno chiaramente preparando a diventare grandissimi nomi nel mondo dell’horror contemporaneo.
Lorenzo Maselli
Trama
- Regia: Mickey Keating
- Cast: Lauren Ashley Carter, Sean Young, Larry Fessenden, Helen Rogers, Brian Morvant, John Speredakos
- Genere: Thriller, horror, b/n
- Durata: 78 minuti
- Produzione: USA, 2015
Darling” è un film horror, diretto da Mickey Keating con Lauren Ashley Carter.
Darling: la trama
Darling (Lauren Ashley Carter) accetta di lavorare come amministratrice di un lussuoso appartamento di Manhattan per conto di Madame (Sean Young). La persona che ricopriva lo stesso ruolo prima di lei aveva finito per buttarsi dal balcone, ma questa consapevolezza non altera la decisione di Darling. Cionondimeno, la casa comincia a operare il suo strano e sinistro incanto sulla giovane. La sorte finirà per ripetersi?