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David Cronenberg: il futuro del cinema è digitale e non ha bisogno del grande schermo

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David Cronenberg, icona del genere body-horror, ha recentemente condiviso le sue riflessioni sul futuro del cinema, mettendo in discussione l’importanza dell’esperienza collettiva in sala. In un’intervista con Jim Jarmusch su Interview Magazine, il regista canadese ha espresso la sua visione sul passaggio dal formato tradizionale a quello digitale, sottolineando come la nostalgia per il grande schermo stia perdendo rilevanza.

La mitologia del grande schermo secondo Cronenberg

Nel corso della conversazione con Jarmusch, Cronenberg ha smontato con incisività il mito che circonda l’esperienza del cinema in sala. Ha rivelato di andare raramente al cinema, limitandosi a partecipare a festival, dove spesso le proiezioni non sono all’altezza delle aspettative. Un aneddoto che ha condiviso durante l’intervista ha messo in evidenza il suo scetticismo: “Ero a Venezia sul palco con Spike Lee e altri. Lui parlava della Cattedrale del Cinema, dell’aspetto religioso. E io gli ho detto: ‘Spike, sto guardando Lawrence d’Arabia sull’orologio, e ci sono mille cammelli. Li vedo tutti.’ Stavo scherzando, ma quello che intendevo è che non trovo l’esperienza cinematografica così esaltante.” Questa affermazione rivela una certa disillusione nei confronti di un’esperienza che, per molti, è ancora considerata sacra. Cronenberg sembra aver accettato la disgregazione di certi riti legati al cinema, suggerendo che il senso di comunione che un tempo provava non è più presente.

Il passaggio al digitale: una scelta consapevole

Per Cronenberg, il fascino della pellicola è svanito, sostituito da un’accettazione del digitale che non porta con sé rimpianti. Ha affermato: “Anche quando si parla di streaming, vedo persone appassionarsi come noi ci appassionavamo all’uscita da un cinema. È diverso, ma non penso sia peggio.” Questa dichiarazione evidenzia come il regista consideri il digitale non solo un’alternativa, ma una nuova forma di espressione cinematografica. Inoltre, ha descritto il lavoro sul set con la pellicola come una “gabbia”, sottolineando le limitazioni che comportava: “Montare e tagliare era un incubo. Era molto limitante. Ora hai molto più controllo. E naturalmente, se fai un film, sei un maniaco del controllo, almeno un po’.” Queste parole riflettono un cambiamento significativo nel modo in cui i cineasti possono ora lavorare, avendo a disposizione strumenti che offrono maggiore libertà creativa.

L’ultima opera di Cronenberg: The Shrouds – Segreti sepolti

Il suo ultimo film, intitolato “The Shrouds – Segreti sepolti”, rappresenta un esempio di questa nuova libertà creativa. Descritto come “una storia di lutto come solo Cronenberg poteva immaginare”, il film si distingue per il suo tono livido, sarcastico e glaciale. L’opera sembra riflettere la freddezza dei corpi che racconta, con immagini che si irrigidiscono in un modo che ricorda la tematica del lutto. Questo lavoro non solo segna un’evoluzione nel suo stile, ma evidenzia anche come il regista stia abbracciando le nuove tecnologie per raccontare storie in modi che prima non erano possibili.

La visione di Cronenberg sul futuro del cinema invita a riflettere su come l’industria si stia trasformando e su come i cineasti possano adattarsi a queste nuove realtà, abbandonando la nostalgia per il passato e abbracciando le opportunità offerte dal digitale.

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Luigi Gigli

Luigi Gigli

Sono Luigi Gigli, critico d'arte, scenografo e amante del mondo dello spettacolo. Mi appassiona tutto ciò che ruota intorno a gossip, serie TV, film e programmi televisivi. Con il mio background in video editing e scenografia, analizzo e racconto con uno sguardo unico le tendenze e i dietro le quinte di questo affascinante universo.

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