“Di padre in figlia”, nata da un’idea di Cristina Comencini, è una serie tv divisa in 4 puntate che dal 18 Aprile 2017 andrà in onda su Rai1. La nuova fiction, prodotta da Angelo Barbagallo e scritta da Francesca Marciano, Valia Santella e Giulia Calenda, è una produzione Rai Fiction – BiBi Film Tv, per la regia di Riccardo Milani.
Di padre in figlia: il racconto del bel Paese
“Di padre in figlia” si propone di trattare un periodo storico molto delicato, che va dal 1958 al 1980, che vede l’Italia in una fase di radicale cambiamento, a partire dall’emancipazione femminile per arrivare alla fine del patriarcato. Attraverso le vicende di una famiglia della provincia italiana, quella di Bassano del Grappa, la fiction descrive il riscatto delle donne da un punto di vista femminile, il che rende tutto molto più realistico portando qualcosa di nuovo in tv.
Lo sfondo storico è il vero protagonista, trattato in maniera molto oggettiva, mostrando, anche attraverso flashback di scene reali, i cambiamenti del nostro paese, senza tralasciare nulla: il ’68, il divorzio, l’aborto, il femminismo senza però appesantire la situazione, ma anzi rappresentato sotto l’alone della normalità. Una grande responsabilità dunque per le scrittrici che hanno svolto un ottimo lavoro, riuscendo ad emozionare chi quelle storie le conosce e portando sullo schermo una provincia italiana, quella bassanese, mai raccontata prima d’ora ma ricca di storia ed emblematica per l’Italia di quegli anni.
“Di padre in figlia” ermette allo spettatore di entrare in quella realtà storica che non è poi così lontana, creando un perfetto equilibrio tra le inquietudini delle protagoniste e ciò che succedeva intorno a loro.
Di padre in figlia: parabola di emancipazione femminile
Nessun tipo di ideologia, ma un femminismo ‘de facto’ quello che le protagoniste vivono quando capiscono di non essere un complemento dei mariti e si rendono finalmente conto di essere importanti ma ancora troppo fragili.
Maria Teresa Franza (Cristiana Capotondi), primogenita di Giovanni, un tiranno e despota ma normale per quei tempi, è la prima a ribellarsi a un padre che non aveva occhi se non per l’unico figlio maschio e quindi erede della sua grande azienda. Una Cristiana Capotondi perfettamente a suo agio in questo ruolo che ha il compito di mostrare la battaglia delle donne, e quanto queste hanno sofferto.
Quattro soggetti femminili, che scrivono una storia tutta al femminile ma, contrariamente a quanto succede la maggior parte delle volte che si vuole raccontare una storia di donne, gli uomini qui hanno comunque un profilo ben definito e non sono marginali, trattati senza alcuna subordinazione rispetto alla figura dell’altro sesso.
Molto significativo il ruolo di Franca Franza (Stefania Rocca), mamma di figli ribelli e moglie di un marito che crede nella superiorità maschile rappresentando lo stereotipo del maschio italico. L’attrice riesce a far diventare suo questo personaggio, incarnando in maniera impeccabile la donna dell’epoca, costretta a sentirsi inferiore, consapevole di essere stata creata dopo l’uomo e da lui stesso: sono cose che le pesano, ma non vuole mostrare le sue fragilità.
Di padre in figlia: la cura dei particolari
Un risultato del tutto eccellente, quello del regista Milani con “Di padre in figlia”: connubio e mescolanza di temi alti e linguaggio popolare portati sullo schermo in maniera del tutto naturale, e senza alcuna imprecisione. Superata alla grande anche la prova degli attori che si sono confrontati con un dialetto, quello veneto, sicuramente diverso dal proprio, ma che sono riusciti a dare un’impronta più spontanea e vera ai loro personaggi.
Molta la cura dei particolari a partire dal colonna sonora, completamente adatta, con canzoni degli anni ’60/’70 che si fanno rappresentative di quell’epoca. Da “La Bambola” di Patty Pravo, che in qualche modo fa sentire nostalgia di quel passato anche se in realtà non si è mai vissuto personalmente, per arrivare a De André o Vasco Rossi, che fanno da perfetto sfondo non solo alle scene ma alle stesse ambientazioni scelte.
Paesaggio bucolico, agreste che fa entrare nelle aperte e vaste campagne, lontani dalla mondanità in una sorta di bolla paradisiaca, ma il contrasto con l’ambiente interno famigliare, smonta tutta facendo diventare queste ambientazioni una mera utopia.
Roberta Perillo
07/04/2017