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Dio esiste e vive a Bruxelles – Recensione

  • Titolo originale: Le Tout Nouveau Testament
  • Regia: Jaco Van Dormael
  • Cast: Pili Groyne, Benoît Poelvoorde, Catherine Deneuve, François Damiens, Yolande Moreau, Laura Verlinden, Serge Larivière, Didier de Neck, Marco Lorenzini, Romain Gelin, Anna Tenta, Johan Heldenbergh
  • Genere: Commedia
  • Durata: 113 minuti
  • Produzione: Lussemburgo, Francia, Belgio, 2015
  • Distribuzione: I Wonder Pictures
  • Data di uscita: 26 novembre 2015

Il regista belga riesce nella difficile impresa di ironizzare sull’esistenza di un essere superiore e sulle difficoltà dell’umanità

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Prende ispirazione dai primi capitoli del Vecchio Testamento della Bibbia il nuovo film di Jaco Van Dormael “Le Tout Nouveau Testament”, tradotto malamente nel titolo italiano “Dio esiste e vive a Bruxelles”, film surreale che riesce a far sorridere ma soprattutto riflettere. Il regista ipotizza che Dio viva in un claustrofobico appartamento con moglie eternamente in vestaglia e figlia ribelle già a dieci anni, gelosa del successo del fratello sceso sulla terra.
È assolutamente originale e pieno di trovate geniali “Dio esiste e vive a Bruxelles”, film che riesce a ironizzare senza cadere nel cattivo gusto, su quello che è un tema delicato: l’esistenza di Dio e del perché le cose non vadano sempre bene.

Mostrato come un essere brutale che schiavizza la moglie e la figlia, il ‘Dio’ di Van Dormael fuma e beve, è trasandato e tutto quello che succede nel mondo è deciso con una certa dose di cattiveria, pianificata a tavolino tramite l’utilizzo del computer, rinchiuso in un’enorme stanza piena di schede dove ha accesso solo lui. Tutto cambia quando un giorno, Ea, la figlia, riesce a entrare nella stanza e inizia a mandare a tutti coloro in possesso di un cellulare la relativa data di morte. Uscita da una lavatrice che dà direttamente sulla grigia Bruxelles, la ragazzina va alla ricerca di sei nuovi apostoli, da aggiungere ai dodici di suo fratello Gesù.

“Dio esiste e vive a Bruxelles”, un racconto paradossale che mette lo spettatore davanti a un dilemma: che cosa faremmo se conoscessimo la data della nostra morte?

Il regista, attraverso il racconto di una storia che ha del paradossale, risponde a una semplice domanda: che cosa fareste se foste a conoscenza della data della vostra morte? La ‘soluzione’ è nelle microstorie dei sei personaggi, quasi tutti accomunati da un pregresso trauma mai elaborato, accompagnati da una musica che li caratterizza. Alcuni dei personaggi scelgono, come la bella e solitaria Aurèlie, di non cambiare nulla nelle loro vite, al contrario di Jean-Claude, che mollerà il lavoro che odia e inizierà a viaggiare guidato da un uccellino incontrato in un parco.

La narrazione scorre leggera, si passa dall’analisi dei vari personaggi tramite gli occhi di Ea, che nella sua ricerca, troverà un aiuto nel barbone Victor. Gli eventi prenderanno dei toni comici e leggeri quando il padre/Dio verrà reso inoffensivo dal reset del suo computer; si scatenerà un succedersi di vicende comiche, che avranno però dei risvolti drammatici proprio per lui.

Una sceneggiatura dal registro ironico che offre molti spunti di riflessione, senza mai scadere nella superficialità

Ci sono molti spunti nella sceneggiatura del film, scritta dal regista in collaborazione con Thomas Gunzig; il registro ironico non è quasi mai superficiale e gode di un impianto visivo e musicale estremamente accattivante. Gradevole, anche se un po’ ruffiana, la colonna sonora, composta da brani noti e da pezzi scritti per l’occasione dalla pianista An Pierlè.

Tutto il cast si mostra all’altezza della prova: dal Dio burbero e sgradevole, interpretato da Benoit Poelvoorde, alla notevole moglie Yolande Moreau, vero Deus ex machina della storia. Nota di merito per la piccola Ea/Pili Groyne e il suo complice Victor/Marco Lorenzini, l’unico che non scoprirà la data della sua morte perché senza telefono. I sei apostoli sono interpretati dal bimbo transgender Willy/Romain Gelin, il maniaco sessuale pentito Marc/Serge Larivière, la bella e triste Aurelie/Laura Verlinden, lo psicopatico redento Francois/Francoise Damiens, il viaggiatore Jean Claude/Didier De Neck e dulcis in fundo l’alto borghese Martine/Catherine Deneuve. Tra questi personaggi, proprio quello della Deneuve risulta il più scontato, perché già visto troppe volte nella sua carriera.

“Dio esiste e vive a Bruxelles” è un ottimo film, politicamente scorretto e intelligente, la cui visione scatena pensieri profondi ma non tristi. Peccato per il finale dai toni un pò troppo ‘color pastello’, accompagnato da effetti speciali piuttosto dozzinali.

Ivana Faranda

Dio esiste e vive a Bruxelles – Recensione

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