Un classico della letteratura in una trasposizione cinematografica poco convincente e goffa
Regia: Oliver Parker – Cast: Ben Barners, Colin Firth, Ben Chaplin, Rebecca Hall, Rachel Hurd-Wood, Emilia Fox, Fiona Shaw, Caroline Goodall, John Woodcock – Genere: Drammatico, Horror, colore, 112 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 2009 – Distribuzione: Eagle Pictures – Data di uscita: 27 novembre 2009.
Il più riuscito tra i romanzi di Oscar Wilde è stato riadattato più volte per il cinema: forse l’esperienza più memorabile è quella del 1945 con George Sanders. Indubbio è che la rilettura odierna farà discutere più di un critico, sia letterario che cinematografico.
La storia è sempre quella: Dorian Gray (Barnes) è un giovane uomo molto attraente e di animo romantico che si trasferisce a Londra dopo aver ereditato le proprietà dal padre ricco e crudele. In breve arriva al centro dell’attenzione nella buona società di Londra, e Lord Henry Wotton (Firth) e il pittore Basil Hallward (Chaplin) si interessano a lui: Basil se ne innamora e dipinge un suo ritratto, in modo da conservare per sempre l’immagine della bellezza di Dorian, mentre Lord Henry lo prende come pupillo e lo incoraggia a provare ogni piacere.
Dorian, che nel frattempo si è innamorato di Sybil, emblema della giovinetta virginale, in breve desidera che la sua bellezza resti per sempre quella del dipinto… e lo ottiene, ma ad un terribile prezzo, quello della corruzione della sua anima.
Oliver Parker si è impegnato molto a rendere bene l’atmosfera gotica della Londra vittoriana, ricoperta dai fumi grigi delle industrie, e anche la dimora di famiglia dei Gray è imponente e oscura. Tuttavia, in questo mondo così perfettamente aderente al romanzo, infila un Dorian Gray che pare una rockstar, impegnato a tenere concerti di pianoforte e a darsi alla vita “bella e dannata”.
Il viso pulito e positivo di Colin Firth poco si adatta alla depravazione interiore di Dorian, e anche il resto del cast, composto comunque da attori di grido inglesi, resta opaco e poco incisivo, invischiato in costumi ed effetti speciali che non erano necessari. La trama, degna del Faust, rimane presente, ma lentissima e in secondo piano rispetto alle numerose scene di sesso, né erotico, né esplicito, né sexy alla fine dei conti, e anche la seduzione di Sybil somiglia più al goffo tentativo di approccio da parte di un eroe da film di azione che una vera e propria storia d’amore e dannazione. Insomma, il povero Oscar Wilde si sta di certo rivoltando nella tomba.
Claudia Resta