- Titolo originale: Ricki and the Flash
- Regia: Jonathan Demme
- Cast: Meryl Streep, Kevin Kline, Mamie Gummer, Sebastian Stan, Rick Springfield
- Genere: Drammatico, colore
- Produzione: USA, 2015
- Distribuzione: TriStar Pictures
- Data di uscita: 10 settembre 2015
“Dove eravamo rimasti” – Il dramma leggero di una maternità rinunciata
Il dramma di una maternità problematica, la levità di una vocazione artistica assecondata. “Dove eravamo rimasti” – regia del pluripremiato Jonathan Demme – riesce a combinare una feroce conflittualità narrativa con un registro stilistico leggero ma non banale, in grado di stemperare una tensione sempre viva in una pozione densa di musica rock, aggressiva e allo stesso tempo positiva.
La vicenda è quella di una aspirante rocker, interpretata da una meravigliosa – al solito – Meryl Streep, che si prende carico di una scelta dalle conseguenze tremende: seguire la propria strada, quella musicale, allontanandosi con distacco quasi definitivo dalla famiglia. Un distacco protratto e profondo nello spazio e nel tempo: lo spazio, quello che separa Los Angeles da Indianapolis, dove risiede la famiglia; il tempo, quello che ha distanziato sempre più la protagonista dai familiari fino a renderla invisa ai suoi stessi figli, una presenza scomoda nei confronti della quale il processo di rimozione non ha portato però ad effetti radicali, trasformandosi col passare degli anni in rifiuto superficiale ma mai del tutto cicatrizzato.
La depressione in cui la figlia è caduta a causa di un divorzio spinge il padre, un elegante e poco carismatico Kevin Kline, a richiamare la moglie lontana, nella speranza di un effetto benefico. Il ritorno a casa in una situazione estremamente diversa provoca un iniziale attrito, delle difficoltà che sembrerebbero a tutta prima insuperabili, ma ben presto gli eventi prendono una piega positiva: la reintegrazione procede spedita, tutto sembra potersi risolvere con il cumulo di energia positiva repressa che la madre/rocker scarica sui parenti ritrovati. Ma il tempo è passato, le gerarchie sono cambiate: la comparsa della seconda moglie – la “vera” madre dei ragazzi – fa precipitare nuovamente la situazione e ristabilisce l’ordine costituito.
“Dove eravamo rimasti” – La musica come alternativa espressiva
Nonostante il contenuto profondamente drammatico, il film trabocca d’amore e di positività. Il conflitto non è messo da parte, è anzi presentato nei suoi aspetti più duri, ma con leggerezza: a fare da fondamentale punto di equilibrio è la musica, una colonna sonora invasiva e prepotente che diviene parte strutturale della narrazione nelle vesti della protagonista – e in questo senso il titolo originale di “Dove eravamo rimasti”, “Ricki and The Flash”, dove Ricki è il nome d’arte della rocker e The Flash quello del suo gruppo musicale, sembra voler da subito attribuire una fondamentale importanza a questo aspetto. Una simile scelta nella scrittura del film permette una contaminazione insperatamente efficace: il dramma può così assumere di volta in volta i tratti di una commedia all’inglese su una famiglia originale nella sua disfunzionalità (con tanto di terzo figlio omosessuale) e spostare l’enorme peso drammatico della vicenda su un piano di puro sfogo – quello dei concerti rock in un locale californiano – senza che questo implichi un depotenziamento narrativo: la tragedia continua a svolgersi, e la musica entra a pieno regime a far parte del conflitto in corso, una soluzione espressiva alternativa e potente nella sua “anarchia”, nel suo uscir fuori dallo schema convenzionale della partitura drammatica.
La rocker si è rifatta una vita, ha un nuovo compagno; la famiglia, a sua volta, si è rifatta una vita, ha dei nuovi punti di riferimento. Ma due eventi significativi – la depressione della figlia prima, il matrimonio del figlio poi – riescono a ristabilire un contatto con la madre perduta: un contatto che si fa finalmente stabile nella reciproca accettazione. La ferita, infine, può cicatrizzarsi, e una nuova coesistenza, su basi diverse, diviene possibile. Senza che ciò implichi, per fortuna, una netta presa di posizione: si può parlare di finale in qualche modo consolatorio, ma allo stesso tempo connotato di un elemento perturbante che mantiene sempre vivo il conflitto. Un nuovo dialogo è possibile, un dialogo impostato sulle note di Bruce Springsteen che danno vitalità a un ingessato matrimonio: nella danza sfrenata che ne segue, e nella deflagrazione degli schemi che questa comporta, risiede tutta l’originalità del proficuo esperimento tentato da Jonathan Demme con “Dove eravamo rimasti”.
Marco Donati