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È difficile essere un dio – Recensione

Il testamento cinematografico del maestro russo Aleksej Jurevič German è un’epopea etica sulla misera condizione della società umana, impossibile da migliorare

(Trudno byt bogom) Regia: Aleksej Jurevic German – Cast: Leonid Yarmolnik, Dmitriy Vladimirov, Laura Lauri – Genere: Drammatico, b/n, 170 minuti – Paese: Russia, 2013.

difficile-essere-dioRumata è uno scienziato terrestre inviato su un altro pianeta, perché aiuti la civiltà locale, simile alla nostra, ma bloccata nella fase medievale, a progredire, senza intervenire con la violenza. L’uomo scopre quanto arduo sia il compito di chi vuole migliorare una società, giocando a fare Dio.

Epopea etica costata tredici anni di lavorazione, “È difficile essere un dio” è il testamento cinematografico del maestro russo Aleksej Jurevič German, deceduto poco dopo aver completato la postproduzione. Il film è stato presentato all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma in occasione dell’assegnazione al regista del premio alla carriera, sfortunatamente avvenuto postumo.

Girato completamente in bianco e nero, “È difficile essere un dio” è un’opera visivamente intensa in cui Aleksej Jurevič German vuole impressionare e disgustare lo spettatore, mostrandogli la miseria più assoluta della società umana. Per la maggior parte del tempo, ci troviamo davanti agli occhi scene ripugnanti di persone sporche, costantemente impantanate nel fango, spesso senza occhi o diversamente menomati. Tanti sono i primissimi piani volti a mostrare nel dettaglio gli sputi, il moccio, il cibo che esce continuamente dalle bocche dei miserabili che stanno divorando qualche pasto.

Aleksej Jurevič German, attraverso battute esplicite dei personaggi, dichiara che le differenze tra le classi sociali non possono essere eliminate. Se si piegano i forti, allora nasceranno nuovi prepotenti dai ceti deboli. Tutte le generazioni vogliono migliorare le proprie vite, ma la domanda che ancora non ha trovato risposta è: come?

Paradossalmente non solo Rumata non riesce a dare un contributo positivo al pianeta arretrato in cui si trova, ma, al contrario, sembra venire influenzato dal disordine della gente del luogo, finendo per assomigliare loro.

“È difficile essere un dio” è un film disturbante e impegnativo con i suoi 170 minuti, ma di cui è impossibile negare la potenza visiva. Aleksej Jurevič German chiude la sua carriera artistica con un’opera indimenticabile, che colpisce nel profondo e fa l’occhiolino a grandi del cinema come Ingmar Bergman.

Corinna Spirito

È difficile essere un dio – Recensione

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