Recensione
Egon Schiele – Death And The Maiden – Recensione: il regista Dieter Berner realizza il biopic di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi in maniera esemplare dando poco risalto ad alcuni aspetti della sua psicologia
“Egon Schiele – Death And The Maiden”, film biografico sulla vita di Schiele ha sicuramente il merito di essere stato realizzato a partire da un’attenta documentazione sul personaggio, utilizzando un preparatissimo cast attoriale e tecnico.
La storia si sviluppa a partire dal momento in cui l’artista, nel 1909, e alla sola età di 19 anni abbandona l’accademia di Belle Arti di Vienna, i cui insegnamenti troppo accademici gli vanno stretti. Ha già conosciuto Klimt in un caffè di Vienna e quello che sarà il padre della secessione gli cambierà la vita procurandogli modelle e contatti per ottenere i primi successi.
Da qui in poi “Egon Schiele – Death And The Maiden” si snoda proponendoci costantemente flashback sulla vita del protagonista, alquanto utili, visto che i fatti biografici della sua infanzia lo hanno influenzato in maniera notevole, basti pensare alla morte del padre di sifilide, quando lui aveva solo 15 anni. Nel corso della narrazione vengono utilizzati anche numerosi flash forward, forse meno necessari, considerando il precoce tragico epilogo del pittore e un’esistenza raccontata con il procedere della storia.
Nel film viene soprattutto enfatizzato il rapporto che Schiele aveva con le donne, con la sorella Gerti, che ancora adolescente posava per lui indossando unicamente calze e scarpe; con le sue modelle e tra queste soprattutto Wally Neuzil, con la quale si trasferì nel paese contadino di Krumau e con la quale visse un’intensissima storia d’amore; e con la moglie Edith Harms, che sposò nel 1914. Viene altresì citato che l’artista aveva la passione nel ritrarre modelle e modelli giovanissimi, alla soglia dell’adolescenza. Nel 1912 Schiele fu accusato – per poi essere assolto dopo un mese di carcere – di aver sedotto, rapito e traviato una modella quattordicenne. La scena in cui controbatte al giudice di essere un artista e non un pornografo ci sembra racchiuda tutto quel messaggio che la modernità vuole imporre.
Egon Schiele – Death And The Maiden: una fotografia perfetta e una buona colonna sonora
Uno dei migliori pregi della pellicola è sicuramente la fotografia: ogni inquadratura ci sembra a sua volta un soggetto perfetto per un quadro di Schiele, che seppur con minor frequenza ha dipinto paesaggi urbani ed extraurbani. La visione dei tetti di Krumau, ci emoziona fortemente ripensando alla rorida rappresentazione che conoscevamo dell’artista. Gli interni sempre a Krumau, illuminati con lampade a olio non fanno che dare maggior calore alla meravigliosa storia d’amore con Wally. Le riprese dell’accolita di artisti che corre in bicicletta per il dedalo delle viuzze del paese ci dona esattamente quella gioia dei ragazzi che sperimentano il nuovo e ne sono consapevoli. Le musiche, a volte semplici battute sui tasti di un pianoforte sembrano quello che più perfettamente può accompagnare ogni singolo evento.
Molte delle opere dell’artista vengono riproposte all’interno del film, ma quasi esclusivamente quelle che rappresentano le sue modelle.
Egon Schiele – Death And The Maiden: poco spazio per le inquietudini dell’artista
Sicuramente ogni creazione di un artista rappresenta l’artista stesso, però ci sembra che in una pellicola su Schiele, ci si sia dimenticati di Schiele.
Manca nel film tutta quella produzione artistica, assai notevole, nella quale Schiele rappresentava se stesso, posando nudo di fronte ad uno specchio o riproducendosi da foto che lui stesso scattava. Se le sue rappresentazioni femminili ci rimandano a pose sensuali, corpi floridi, gambe tornite e vagine pronte a dischiudersi, il corpo maschile è rappresentato scarno ai limiti della magrezza. Quelle articolazioni delle dita evidenti, che in Klimt davano eleganza ai gesti delle mani, qui sottendono una tensione muscolare, che è tensione dell’agire, tensione mentale. Gli occhi fortemente aperti, diretti verso un obiettivo oscuro, altro non fanno che denunciare un desiderio di scrutare qualcosa che è dentro. Questa inquietudine, questa profondità, che poi sono alle basi della genesi del talento artistico ci sembra che siano state troppo lievemente tracciate nella pellicola.
Noah Saavedra, che interpreta il ruolo del pittore, è sicuramente pieno di talento. Bello come lo era Schiele ma senza quel guizzo di follia negli occhi e nei gesti delle mani, Valery Pachner nel ruolo di Wally, ci fa sognare con le sue pose artistiche e i suoi sguardi innamorati ci fanno dimenticare che non sembra una poco più che adolescente. Maresi Riegner nel ruolo della sorella Gerti, ci dona fino alla fine una gamma di sentimenti anche solo coi suoi sguardi.
La vita di Schiele è quasi interamente descritta in questo film, fino al tragico epilogo, quando l’artista aveva solo 28 anni e quando muore nella scena finale, piangiamo, come se uno degli artisti più grande di tutti i tempi fosse morto proprio in quel momento, in quella sala cinematografica.
Marco Marchetti
Trama
- Regia: Dieter Berner
- Cast: Noah Saavedra, Maresi Riegner, Valerie Pachner, Marie Jung, Larissa Breidbach
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 110 minuti
- Produzione: Germania, 2016
- Distribuzione: Draka
- Data di uscita: 27 novembre 2017
“Egon Schiele – Death And The Maiden”, di Dieter Berner, ripercorre la vita, breve ma intensa, del pittore austriaco Egon Schiele, che agli inizi del Novecento sconvolse col suo stile scandaloso, quasi al limite della pornografia, gli standard pittorici di una Vienna al centro degli affari culturali in Europa, ormai pronta a cavalcare la modernità.
Egon Schiele – Death And The Maiden: un biopic sulla vita del grande pittore
Schiele è circondato e dipendente dalle figure femminili, in particolare sua sorella e sua prima musa Gerti, e la diciassettenne Wally, probabilmente l’unico vero amore di Schiele, immortalata nel suo famoso dipinto “La donna e la morte”.
L’esperienza di Schiele – di bell’aspetto ed amante inesauribile della bellezza femminile – deve fare i conti con una trascuratezza che lo spinge a non tener conto dei limiti impostigli da un fisico piegato prematuramente, sottoposto alle estreme conseguenze dagli eccessi della sua vita.
Sotto l’egida di Klimt, più anziano, all’apice della propria popolarità, che lo accoglie come mecenate, Schiele riuscì nei suoi soli 28 anni di vita a dare alla luce una produzione di dipinti e pitture notevole, passando alla storia come uno dei più grandi e originali innovatori della rappresentazione pittorica del suo periodo.
In questa dimensione di scandalo e provocazione, Egon Schiele sceglierà di tuffarsi nel dolore del suo disagio esistenziale, facendone la sua cifra stilistica, sacrificando alla sua arte, l’amore e la vita stessa.
“Egon Schiele – Death And The Maiden” è diretto da Dieter Berner, attore e sceneggiatore austriaco di fama internazionale, qui nelle vesti di regista di un biopic tradizionale scelto come metodo di racconto per una figura, di fatto, non convenzionale.