Vanessa Redgrave è un pezzo di storia del cinema e della storia politica sin dai suoi esordi. Ha portato alla Festa del Cinema di Roma il suo documentario “Sea Sorrow” , un documentario sul dramma dei rifugiati che la vede ad ottanta anni per la prima volta dietro la camera. L’opera è prodotta dal Carlo Nero e distribuita in Italia da Officine Ubu. Sarà proiettata dopo l’incontro con il pubblico alla kermesse romana.
Un inno alla resistenza e alla lotta civile quello dell’inossidabile attrice e attivista politica Vanessa Redgrave
Vanessa Redgrave arriva con un leggero ritardo alla conferenza stampa della Festa del Cinema di Roma, e si scusa con la platea con una gentilezza che lascia senza fiato. E’ in compagnia di suo figlio Carlo, produttore del suo documentario che verrà presentato in anteprima oggi, dopo l’incontro con il pubblico. L’attrice parla in un ottimo italiano e non lesina, sin dall’inizio dell’incontro, critiche a coloro che ci governano. Denuncia il tempo assurdo che tutti noi stiamo vivendo. Ricorda come la Gran Bretagna, suo paese d’origine, e l’Italia, quello che l’ha accolta da anni, non accolga i profughi che, in fuga da troppe guerre, vi arrivano. Eppure c’è un obbligo internazionale in merito a questo dal lontano 1951.
L’attrice ha deciso di girare il suo documentario dopo aver visto come tutti noi la foto di un bimbo morto in mare per sfuggire alla guerra. Nonostante la sua età, Vanessa Redgrave è un fiume in piena, e fa notare al pubblico che quello che stanno facendo ai profughi potrebbe capitare a tutti. Il figlio produttore, che ricorda molto il padre in gioventù, racconta del suo lavoro con la madre regista, che ha voluto usare “La Tempesta” di Shakespeare come metafora per il dramma della migrazione. Prospero è Ralph Fiennes in “Sea Sorrow”, ma potrebbe essere uno qualsiasi di quelli che ci governano in fuga dai loro paesi. A giudicare dal racconto della regista e del produttore viene fuori l’importanza del lavoro che hanno portato con successo a Cannes e che uscirà presto nelle sale italiane, perché, come ribadito a chiare lettere dalla regista, il suo film è stato pensato per il cinema e non per lo schermo del computer.
Ivana Faranda