Abracadabra: alla Festa del cinema di Roma 2017 regista e cast per presentare il film
Spiritosa e allegra conferenza stampa quella del film “Abracadabra”, presenti il regista Pablo Berger, la protagonista Maribel Verdù e José Mota.
Visto che causa scatenante delle vicende narrata nel film è una seduta di ipnosi, l’incontro è iniziato con la domanda, forse un po’ scontata, su come fosse venuto in mente al regista questa idea: Berger ha ricordato quando da ragazzo aveva assistito con un suo amico particolarmente scettico all’esibizione di un ipnotizzatore, questo amico si era persino offerto volontario per sbugiardare il presunto imbonitore, e di come invece era caduto profondamente in trance, come fulminato. Il regista vede anche uno stretto rapporto tra cinema e ipnosi, “un bravo regista deve in qualche modo ipnotizzare lo spettatore”, e lui con Abracadabra ha voluto realizzare una ‘commedia ipnotica’.
Berger continua illustrando il suo modo di lavorare: “Partendo da una situazione di caos, dove tante idee vengono stilate, mi lascio trascinare dalla narrazione, usando la tastiera del pc come una bacchetta magica”. Per quanto riguarda la scelta degli attori, nei suoi film ha sempre avuto una protagonista di nome Carmen, e Carmen in “Abracadabra” è sempre stata Maribel: “Questa volta Carmen è una donna maltrattata, quasi ipnotizzata nella vita dal marito che abusa del suo potere su di lei”. Il regista crede fermamente nelle seconde chanches che la vita offre, e a volte funziona.
Abracadabra: la parola agli attori
José Mota, che nel film interpreta Pepe, il cugino di Carmen, racconta di come rimase spiazzato nel leggere il copione, sembrava a tratti una commedia, a tratti un film di fantasia, o un film dell’orrore, insomma il testo era senza riferimenti, una favola deliziosa. “Pepe è un personaggio insicuro, che a 45 anni vive ancora coi genitori, però nella pellicola aiuta Carmen nelle sue peregrinazioni, da una parte è il suo Sancho Panza, dall’altra il fazzoletto dove asciugare le lacrime. E’ un personaggio fragile, è stato necessario un lavoro sottile per realizzare un personaggio vero”.
Maribel Verdù, che aveva già avuto un ruolo, quello della matrigna, in “Blancanieves”, precedente pellicola di Berger, ha raccontato di come il regista le aveva detto alla presentazione del copione che, mentre nella rilettura di Biancaneve la matrigna poteva esagerare, qui niente caricature, quella parte spettava al cugino, in “Abracadabra” l’attrice doveva essere una Carmen low profile, rappresentare la vera vita della casalinga. “Abbiamo investigato minuziosamente i rapporti di Carmen col marito, i comportamenti di una donna depressa che non sa di esserlo, che perciò non prende pasticche, ma effettua acquisti, insomma un iceberg da scalfire”.
L’attrice ricorda poi che all’inizio delle riprese veniva da due mesi trascorsi in Patagonia per girare un’altra pellicola, due mesi di isolamento assoluto e di meditazione, due mesi Zen; il regista la pregava di rimanere in quello stato di grazia, ma poi col reinserimento nel quotidiano la magia era passata e così pure la Carmen di Patagonia.
Abracadabra: un film che fa da contraltare a “Blancanieves”
Anche il regista ha speso parole per la sua fatica precedente, “Blancanieves”, dicendo che questo film ne rappresenta in qualche modo l’opposto: quello girato in bianco e nero, questo con colori sgargianti, quello ambientato negli anni ’20, perciò in costume, questo contemporaneo e con vestiti decisamente kitsch, sfoggiati nelle grandi occasioni. Berger ha detto d’aver voluto ricercare, usando le armi dell’ironia, dell’emozione e della sorpresa, una sorta di estetica delle periferie, volutamente non realistica. Ha poi ricordato che tutti i suoi film si allontanano, per uno o più elementi, dal realismo puro, anche questo, del resto, comincia con “C’era una volta…”.
Abracadabra: il regista e l’ipnosi
Alla domanda su chi, potendo, volesse ipnotizzare, il regista simpaticamente ha risposto: “Il pubblico italiano, perché veda il film”. Attori e regista, durante le riprese, hanno provato a farsi ipnotizzare, ma i risultati non sono stati incoraggianti, per il regista se una persona non vuole vivere l’esperienza dell’ipnosi è difficile che riesca ad essere ipnotizzato, così lo spettatore, se critica ogni passaggio, ogni dialogo, non si godrà mai un film. “Chi vede uno spettacolo deve lasciarsi andare, se lo farà, riuscirà a vivere un’esperienza simile all’ipnosi”.
Per ultimo Berger ricorda i registi che prima di lui hanno usato l’espediente narrativo dell’ipnosi nei loro lavori: in primis il Woody Allen de “La maledizione dello scorpione di giada”, ma anche sequenze di Lars von Trier, di Herzog e di Welles, sentendosi ovviamente in buona compagnia.
Daniele Battistoni