Il 45° Festival Internazionale del Cinema del Cairo ha fatto il pieno di emozioni e riconoscimenti, con la cerimonia di chiusura che si è svolta presso la storica Opera House della capitale egiziana. Tra i momenti salienti dell’evento, il film “The New Year That Never Came” di Bogdan Muresanu ha catturato l’attenzione, aggiudicandosi il prestigioso premio Gold Pyramid come miglior film della rassegna. Questa tragicommedia, ambientata nel tumultuoso 1989, esplora un periodo cruciale per la Romania, proprio sull’orlo della rivoluzione.
Cerimonia di chiusura e celebrazioni culturali
La cerimonia di chiusura del festival si è aperta con l’esecuzione dell’inno nazionale, cui ha fatto seguito una toccante citazione del poeta palestinese Mahmoud Darwish. Il pubblico ha potuto assistere anche alla Dabkeh, una danza tradizionale palestinese, celebrata come uno dei beni intangibili dell’UNESCO. Durante il suo discorso, il presidente del festival, Hussein Fahmy, ha espresso gratitudine verso la compagnia di danza palestinese Watan El Fenon, composta interamente da artisti provenienti da Gaza, sottolineando così l’importanza della cultura nel superare le difficoltà politiche e sociali.
La serata, condotta dalla presentatrice Jasmine Taha Zaki, ha visto la partecipazione di numerose stelle del panorama cinematografico, tra cui attrici di spicco della scena egiziana come Laila Elwa, Elham Shain e Rania Youssef. Inoltre, la cerimonia ha accolto anche rappresentanti del cinema italiano, tra cui Isabella Gullo, agente cinematografica, e il compositore Roberto Fia, nonché membri di giuria e altri illustri ospiti provenienti da varie nazioni.
Premi e riconoscimenti per i cineasti emergenti
L’edizione di quest’anno ha segnato il ritorno del festival, che non si era svolto nel 2022 a causa del conflitto tra Israele e Hamas, rendendo ancora più significativo il riconoscimento dei talenti emergenti. Tra i premi assegnati, il Silver Pyramid per la migliore regia è andato alla russa Natalia Nazarova per il film “Postmarks”, una commedia drammatica che racconta di una donna con paralisi cerebrale alla ricerca di speranza e connessione tramite un marinaio. Il film ha visto anche Maxim Stoyanov ricevere il premio come miglior attore e Alina Khojevanova una menzione speciale per la sua interpretazione.
Altri film in lizza hanno ottenuto il Bronze Pyramid, premio dedicato ai registi al loro primo o secondo lavoro. In questo caso, il riconoscimento è andato al brasiliano Pedro Freire per “Malu”, un dramma autobiografico che esplora la vita della madre del regista, attrice di soap opera. Yara De Novaes è stata premiata come miglior attrice, rendendo omaggio alla narrazione nostalgica del passato.
Film premiati e il cinema arabo
Il festival ha evidenziato anche opere di rilievo come “Spring Came Laughing”, un melodramma egiziano, che ha permesso al regista Noha Adel di ricevere diversi premi, tra cui l’Henry Barakat Award per il miglior contributo artistico e il Salah Abu Seif Award per la migliore regia. Il premio per il miglior film arabo è andato a “A State of Passion”, un documentario che narra la vita del chirurgo britannico-palestinese Ghassan Abu Sittah, un eroe che ha operato instancabilmente durante i bombardamenti a Gaza. Questo film ha consolidato la sua rilevanza anche con premi per miglior documentario e un premio speciale dell’Unione radiotelevisiva dell’Organizzazione per la cooperazione islamica, riconoscendo l’importanza di affrontare la causa palestinese nel cinema.
Tra gli altri premi, il miglior film africano è stato “Dahomey” di Mati Diop e il miglior film asiatico è andato a “Brief History of a Family” di Lin Jianjie. I riconoscimenti di quest’anno hanno dimostrato il potere del cinema di unire culture diverse e raccontare storie che sfidano le convenzioni sociali e politiche.
La programmazione e l’apertura del festival
Il festival, che si è svolto dal 13 al 22 novembre, ha presentato circa 200 film, dimostrando una ricca varietà di produzioni internazionali e locali. È stato inaugurato con la prima mondiale di “Passing Dreams” di Rashid Masharawi, regista palestinese, che ha ricevuto un premio dall’Unione radiotelevisiva dell’Organizzazione per la cooperazione islamica. La selezione accurata dei film e l’assegnazione dei premi hanno messo in luce non solo il talento dei cineasti, ma anche le storie che toccano tematiche universali di lotta, speranza e resilienza.
L’edizione del festival di quest’anno ha quindi rappresentato un importante punto di riferimento per il cinema del Medio Oriente e dell’Africa, confermando la sua vocazione a essere un palcoscenico per le voci cinematografiche emergenti e una piattaforma di discussione su questioni critiche, riflettendo la ricchezza e la diversità delle esperienze umane attraverso l’arte visiva.