“Formiche”, un documentario intenso e doloroso sulle centinaia di migliaia di persone che ogni anno si spostano dall’Africa e dall’Asia, cercando fortuna in paesi lontani.
Formiche: Valerio Nicolosi in viaggio con gli ultimi
“Formiche” racconta di viaggi della speranza, effettuati da persone disperate, piegate dalla guerra e dalla povertà. Giungono ai confini dell’Europa nella speranza di poter cambiare il corso delle proprie esistenze. Speranza questa che per i più si trasforma in un’immane, tragica delusione: per molti di loro infatti i sacrifici si dimostreranno vani.
Il documentario racconta la storia del viaggio, pericolosissimo e disperato, che queste donne e questi uomini si trovano ad affrontare, via mare e via terra. Valerio Nicolosi ha trascorso molti mesi camminando al fianco di queste persone, e nella traversata della speranza, a bordo di una nave di soccorso dell’organizzazione Open Arms. Viene documentata la lunga attesa di alcuni migranti asiatici bloccati sul confine bosniaco ad aspettare un passaggio che sembra non arrivare mai. Intere famiglie che tentano la rotta balcanica, con pochi averi nei borsoni e tanta speranza negli occhi.
Un viaggio nella speranza e nel dolore
Si tratta di un viaggio drammatico, brutale, che chi prova a intraprendere chiama con amara ironia ‘The Game’. Il gioco che in tantissimi si trovano costretti a dover giocare, ma che per pochissimi rappresenta una vera opportunità di cambiamento, l’ultima chance di una vita dignitosa.
“Formiche” da voce ai migranti stessi e agli operatori che hanno scelto di dedicare la propria esistenza al salvare vite umane. Le donne e gli uomini in viaggio raccontano la propria epopea, i loro sogni e le loro speranze, di ciò che si aspettano da quel confine al di là del mare e delle montagne, immaginato ma raramente visto.
La storia sembra ripetersi, legando questi invisibili a centinaia di migliaia d’altri prima di loro, alle ‘formiche’ narrate da John Steinbeck nel suo capolavoro ‘Furore’, quasi cento anni fa. Vicende tristemente universali rimarcate inoltre da Bruce Springsteen che ha prestato alla causa del documentario la sua voce. L’artista ha impreziosito con una citazione in apertura tratta dallo stesso Steinbeck al quale nel 1995 aveva dedicato l’album The Ghost of Tom Joad.
Maria Grazia Bosu
07/10/2021