Recensione
“Freaks” e l’orrore senza terrore
Il 9 novembre del 1931 iniziarono, presso gli studi della Metro Goldwyn Mayer’s di Culver City, CA, le riprese di uno dei film più energicamente dannati e maledetti della storia del cinema: “Freaks”, uscito nel 1932, con alla regia un Tod Browning finalmente libero di dare sfogo al suo estro sempre più macabro dopo il successo clamoroso di “Dracula” (1931).
La leggenda vuole che i produttori, che volevano rivaleggiare con l’allora scandaloso “Frankenstein” (1931) di James Whale e dare, così facendo, del filo da torcere all’avversaria major Universal, si pentirono amaramente del mostro che avevano inavvertitamente evocato. Insuccesso cocente al botteghino, disastro professionale per il regista, film vietato in varie forme per almeno trent’anni in giro per il mondo, “Freaks”, di cui possediamo solo la versione brutalmente mutilata da Louis B. Mayer, è ancora oggi une delle più nitide immagini a nostra disposizione del lato oscuro degli anni Venti.
L’illuminismo del fantastico
Tod Browning, che, appena sedicenne, era fuggito di casa per lavorare come circense a seguito di una compagnia itinerante, rimase sempre attratto dall’idea della diversità, della disabilità fisica, e di quella che, ai suoi tempi, si sarebbe definita “deformità”.
Il tema, una vera ossessione della sua carriera di regista negli anni del muto, prese forma con particolare evidenza attraverso le mirabili collaborazioni con Lon Chaney, l’attore che più di tutti diede (il proprio) corpo all’ideale del trucco realistico, spingendosi ai confini della tortura personale. Si dovranno ricordare in particolare “Lo sconosciuto” (1927), considerato da molti il capolavoro assoluto del regista, e il terribile “La serpe di Zanzibar” (1928), dove alla tragedia dell’emarginazione del mutilo si associa il racconto dello sfruttamento su base etnica nell’Africa coloniale.
In questo senso, secondo Enrico Ghezzi, la coppia Browning-Chaney sviluppa un potente manifesto artistico, diremmo forse mélièsiano, all’insegna di una forma oscura di illuminismo nella quale l’orrore diventa perfettamente credibile, veritiero, tangibile.
“Freaks” rappresenta davvero il punto ultimo di approdo di questa esperienza indigesta, dove il raccapriccio nello spettatore è raggiunto senza effetti visivi o trucchi, ma, come si farebbe al circo, “mostrando portenti”.
Un cast d’eccezione
L’elemento più conturbante del film risiede, evidentemente, nella selezione del cast. Da Harry Earles il nano a sua sorella Daisy, alta appena 104 centimetri, fino alle gemelle siamesi Daisy e Violet Hilton, sfruttate dalla madre e violentate ripetutamente dal padre adottivo prima del loro fortunoso arrivo a Hollywood; dall’ermafrodito Josephine Joseph alla piccola squadra di microcefali; dal tetramelico Prince Randian, figlio rinnegato di schiavi indiani, allo “scheletro” Peter Robinson; da Frances O’Connor, la donna senza braccia, al (bravissimo) Johnny Eck, l’uomo senza gambe: “Freaks” cercò anzitutto di generare l’orrore nel pubblico attraverso l’aperta esibizione di quelli che, sin dal titolo, vengono presentati come “scherzi della natura”.
A lungo si è cercato di vedere, nel loro impressionante controcanto con le “bellezze convenzionali” della crudele diva Cleopatra e del forzuto Ercole, una forma di riscatto umano, o persino di protesta sociale, culminante con la rivoltante e censurata scena conclusiva, quella della vendetta dei “freaks” ai danni dei “normali”. E sicuramente lo sguardo di Browning verso il suo inusuale cast è simpatetico, e le accuse, che gli furono personalmente rivolte, di aver sfruttato l’aspetto fisico degli attori per realizzare un’opera di shoxploitation mancano probabilmente il segno del suo programma artistico. Non si può, tuttavia, forzare la lettura di un’opera vecchia di oramai quasi cento anni per rinvenirvi le tracce di un atteggiamento body positive: la “deformità” non è mai accettata, la dimensione storica dei pregiudizi e dei privilegi (e svantaggi) che ne conseguono non è mai citata in causa.
I freaks di cui parla Browning sono chiusi nei limiti della loro disgrazia, e la compassione non li emancipa dalla presunzione di naturalezza del trattamento loro riservato. D’altronde, la sequenza orrorosa, quella tradizionalmente deputata allo svelamento del “mostro”, è agita proprio dai poveri diseredati, che si caricano così di una valenza chiaramente spettrale. La terribile, sguaiata domanda esposta sui poster ufficiali del tempo, “può una donna pienamente sviluppata amare davvero un nano?”, rivela tutti i limiti (e la violenza) di un atteggiamento verso la diversità che non ne consideri la radici inevitabilmente storiche.
Freaks: il lato oscuro dell’Età del Jazz
Si dice che Francis Scott Fitzgerald, all’epoca impiegato come scrittore dalla MGM, fuggì inorridito alla vista delle gemelle siamesi incrociate alla mensa dello studio, e che si nascose da loro per poter vomitare. Con l’eccezione della star Harry Earles, tutti i membri del cast erano stati relegati in un tendone fuori dalle cabine proprio per evitare simili circostanze; tuttavia, la storia, e poi la leggenda, hanno trovato il modo di illustrare con questo esempio brillante la natura ambigua di “Freaks”, figlio postumo dell’Età del Jazz, permeato di un erotismo frustrato e represso e segnato, seppure negativamente, da quel sentimento barbaramente eugenetico che porterà negli anni Trenta e Quaranta agli esiti che purtroppo conosciamo.
Il film, che continuò a ispirare registi per decenni (si pensi a David Lynch, con il suo “The Elephant Man” del 1980, per non parlare dei suoi ricorrenti uomini senza un braccio), rimase sepolto tra gli scaffali di Hollywood finché, nel 1962, non venne recuperato e celebrato a Cannes. La sua presenza, silenziosa, è oggi capillare (una curiosità: l’arcaico termine inglese “pollywog” per indicare un girino è arrivato fino ai copioni di “Stranger Things”). Oggi, a chi lo guardi, l’evidenza della dubbia moralità dell’epoca salta aggressivamente all’occhio, appesantita dal dubbio su quanto, e se, le cose siano davvero cambiate.
Lorenzo Maselli
Trama
Regia: Tod Browning
Cast: Wallace Ford, Roscoe Ates, Olga Baclanova, Harry Earles, Daisy Earles, Leila Hyams, Josephine Joseph, Daisy Hilton, Violet Hilton
Genere: Horror, b/n
Durata: 64 minuti
Produzione: USA, 1932
“Freaks” è un film horror del 1932 diretto da Tod Browning.
Freaks: la trama
In un circo pieno di persone fortemente discoste dagli ideali fisici canonici, il nano Hans (Harry Earles), promesso sposo della minuscola Frida (Daisy Earles), si innamora appassionatamente della diva Cleopatra (Olga Baklanova). Apprendendo che Hans è venuto in possesso di una ricchissima eredità, la donna decide di sposarlo, pur mantenendo una relazione sessuale con il forzuto Ercole (Henry Victor). Il piano della coppia di amanti è di uccidere il nano dopo il matrimonio per impossessarsi dei suoi beni, e Cleopatra lo lascia intuire sin dal banchetto di nozze, occasione nella quale Hans viene apertamente umiliato dalla moglie che si concede pubblicamente a Ercole.
I “freaks”, a questo punto, si uniranno per una spietata vendetta ai danni della coppia.