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French Connection – Recensione

Dujardin magistrato che sconfisse la French Connection

(La French) Cedric Jimenez – Cast: Jean Dujardin, Benoît Magimel, Céline Sallette, Gilles Lellouche, Guillaume Gouix – Genere: Thriller, colore, 135 minuti – Produzione: Francia, Belgio, 2014 – Distribuzione: Medusa – Data di uscita: 26 marzo 2015.

french-connectionNella Marsiglia degli anni 70, Pierre Michel (Jean Dujardin), un giovane magistrato arrivato da Metz, accompagnato da sua moglie e dalle figlie, viene incaricato di occuparsi della ‘French Connection’, un’organizzazione mafiosa di contrabbando mondiale di droga. Nonostante gli avvertimenti, il giudice porta avanti la sua incessante crociata contro Gaëtan ‘Tany’ Zampa (Gilles Lellouche), padrino intoccabile della mafia marsigliese. Michel sarà costretto a prendere la decisione più difficile della sua vita, dovendo scegliere tra continuare a fare la sua guerra solitaria o garantire la sicurezza della sua famiglia, prima che sia troppo tardi.

Riportato sul grande schermo da Cedric Jimenez, “French Connection” è una rivisitazione francese dell’omonimo lavoro di William Friedkin, tradotto in Italia con “Il braccio violento della legge”, che negli anni ’70 riscrisse le regole del poliziesco.

Abbreviato in “La French”, il film costato 21 milioni di euro, ben accolto al botteghino francese e dalla critica, è stato presentato al Toronto Film Festival del 2014 e ha partecipato ai Cèsar del 2015.

Jimenez, che è cresciuto a Marsiglia, mentre la realtà dei fatti narrati si stava consumando, riesce a ricreare l’atmosfera nervosa del periodo, con la tensione scaturita da quell’ondata di criminalità, in cui Zampa e la sua banda agiscono nella piena luce del giorno serenamente, senza pressione alcuna.

Michel invece si ritrova suo malgrado nel mezzo di un sistema compromesso, dove la corruzione arriva fino alla cima (un dipendente del sindaco ha legami con la banda di Zampa, come anche la maggior parte delle forze di polizia). Il protagonista ha un passato oscuro di ex giocatore d’azzardo e la moglie gli fa notare quanto il suo incarico sia la sua nuova ossessione, l’adrenalina della scommessa sulla vita. Questa dinamica presenta una serie di scene domestiche molto scontate, l’eroe che trascura la moglie (Celine Sallette) e le figlie, preoccupandosi esclusivamente di sé e del lavoro.

Anche la famiglia di Zampa viene presentata con scenette e questioni familiari, quasi come se Jimenez tentasse di demitizzare il gangster. Il regista è determinato a umanizzare i personaggi sia di Michel che di Zampa, per ragioni che diverranno chiare nei momenti finali del film.

Dujardin e Lellouche, di nuovo insieme dopo “Little White Lies” del 2010, condividono solo un attimo sullo schermo, in una scena inventata, su una scogliera a picco sul mare. Solo uno di essi può governare la città, e il finale della storia risulta abbastanza malinconico.

Ci sono tantissimi gangster film che usano la violenza solo per impressionare lo spettatore, Jimenez al contrario fornisce i brividi del thriller in piccoli ammassi, purtroppo troppo scarsi tanto da sembrare forzati. Sono molti i riferimenti a “Quei bravi ragazzi”, “Il Padrino”, “Heat” e “Scarface”, ma la scelta dei costumi e dell’ambientazioni diversificano quel tanto che basta la pellicola.

“French Connection” è certamente un lavoro piacevole e altamente commerciabile, soprattutto grazie alla presenza di Dujardin. La sceneggiatura e i ritmi sono apprezzabili, nonostante la lunga durata (135 minuti). La pellicola però può essere considerata una sorta di cover dei classici polizieschi americani anni 70.

Federica Fausto

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